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PIGNORAMENTI E RISCOSSIONE: RIPARTE TUTTO IL 16 OTTOBRE 2020. COSA SUCCEDERÀ E TUTELE

Il prossimo 15 ottobre 2020 finisce la tregua fiscale e ripartono pignoramenti e riscossione. In questa data era prevista la fine dello stato di emergenza sanitaria, il premier Conte ha già annunciato la volontà di una sua proroga al 31 gennaio 2021, anche alla luce dell’attuale andamento dei contagi, sembra essere sempre più probabile. La decisione probabilmente sarà presa a ridosso della scadenza, in base all’evoluzione dell’andamento della pandemia, e quindi del livello dei contagi. Le previsioni potrebbero essere quelle di una proroga breve o per una lunga fino a fine anno.

Con particolare riferimento alle attività di riscossione, il Decreto Agosto ha differito al 15 ottobre 2020 il termine finale di sospensione dell’attività di riscossione, precedentemente fissato al 31 agosto 2020 dal Decreto Rilancio.

Il differimento ha riguardato il termine di sospensione del versamento di tutte le entrate tributarie e non, derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all’Agente della riscossione.

I pagamenti sospesi in scadenza dall’8 marzo (per i soggetti con residenza, sede legale o la sede operativa nei comuni della c.d. “zona rossa” – allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020 – la sospensione decorre invece dal 21 febbraio 2020) al 15 ottobre 2020, dovranno essere effettuati entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione, quindi entro il 30 novembre 2020.

La sospensione (e quindi la fine di essa) inlcude questi atti:

•          cartelle di pagamento;

•          avvisi di accertamento esecutivi;

•          avvisi di accertamento in materia doganale;

•          ingiunzioni degli enti territoriali;

•          nuovi avvisi di accertamento esecutivi per i tributi locali

Per le cartelle di pagamento in scadenza nel periodo di sospensione (quindi al 15 ottobre), è possibile richiedere una rateizzazione, e per evitare l’attivazione di procedure di recupero da parte di Agenzia delle Entrate- Riscossione, è opportuno presentare la domanda entro il 30 novembre 2020.

Il citato Decreto Agosto NON è intervenuto sui termini di scadenza della “Rottamazione-ter” e del “Saldo e stralcio”, già oggetto di modifica normativa con il D.L. 34/2020 “Decreto Rilancio”.

Resta ad oggi confermato il termine ultimo entro il quale i contribuenti in regola con il pagamento delle rate scadute nell’anno 2019, possono effettuare i pagamenti delle rate in scadenza nel 2020 senza perdere i benefici delle misure agevolative. Tale termine è fissato al 10 dicembre 2020 ricordando anche che non sono più previsti i cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del D.L. n. 119/2018.

Riscossione e pagamenti: 10 domande e risposte dall’Agenzia entrate

Pignoramenti e riscossione: si riparte il 16 ottobre

A meno di improbabili ulteriori proroghe, il prossimo 15 ottobre termina dunque la cosiddetta tregua da parte del fisco per coloro che non hanno pagato le cartelle esattoriali.

Vediamo cosa accade esattamente a partire da tale data.

Il prossimo 15 ottobre termina il divieto di notifica delle cartelle di pagamento, e riprenderanno tutti gli accertamenti esecutivi da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Riprenderanno anche le ingiunzioni fiscali che sono emesse dagli enti locali quindi Regioni e Comuni, sui loro tributi, come il bollo auto, l’Imu o la Tari.

Si (ri)metteranno in moto anche tutte le attività di riscossione forzata nei confronti degli inadempienti, che colpiranno i beni del debitore attraverso il sistema dei pignoramenti.

Saranno riprese le procedure già avviate ma sospese, e saranno avviate nuove procedure per colpire i beni dei contribuenti rimasti inadempienti agli adempimenti relativamente ai pagamenti richiesti.

Pignoramenti e riscossione: cosa cambia dal 15 ottobre 2020

Dal prossimo 15 ottobre termina quindi lo stop a:

•          versamenti relativi ad entrate (tributarie e non) derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e di accertamento;

•          notifiche di nuove cartelle;

•          azioni cautelari ed esecutive e altri atti di riscossione (come pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche);

•          pagamenti nelle zone rosse con scadenza dall’8 marzo , da effettuarsi entro il 30 novembre;

•          obblighi dei pignoramenti presso terzi effettuati dall’ADER prima del 19 maggio su stipendi, salari, indennità, pensioni e trattamenti assimilati;

•          rate dei piani di dilazione in scadenza tra l’8 marzo e il 15 ottobre, con pagamenti entro novembre (per le rateizzazioni in essere all’8 marzo e per i nuovi piani con domanda entro il 15 ottobre, la decadenza si verifica in caso di mancato pagamento di 10 rate, anche non consecutive, anziché 5)

Pignoramenti e riscossione: cosa farà il Fisco

Vediamo di capire cosa come si potrà comportare il fisco con i contribuenti. Con riferimento alle azioni esecutive, innanzitutto, sono pignorabili i redditi fino ad un massimo del 20% del loro importo.

Anche il conto corrente del contribuente sul quale ad esempio viene accreditato lo stipendio, può essere “attenzionato” dal fisco.

Diverso invece è il discorso per i redditi legati ad un’attività imprenditoriale o autonoma, che potranno essere interamente pignorati in caso di debito.

Pignoramento e tutele per il contribuente

Il fisco non può pignorare la prima casa purché essa sia l’unico immobile di proprietà del debitore, coincida con la sua residenza, e sia adibita a propria abitazione, e anche necessario che la stessa non sia di lusso (ovvero accatastata nelle categorie A1, A8 e A9).

In una abitazione non possono essere pignorati quei beni che sono considerati fondamentali per la vita e la dignità delle persone (ad esempio letti, frigoriferi, tavoli, armadi, ecc.), sono esclusi ad esempio quei mobili che hanno un evidente valore artistico o di antiquariato.

La legge in materia di pignoramento di stipendi e pensioni, prevede una serie di tutele nei confronti del debitore, consentendo a quest’ultimo di godere di una parte di tali emolumenti, per far fronte alle sue necessità.

Ad esempio le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate secondo le disposizioni previste dall’articolo 545 (CPC), nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Nell’ambito di tali tutele, vi è il c.d. minimo vitale che rappresenta la garanzia per chi è (nel caso di specie un pensionato) in condizione debitoria, che una parte della pensione non potrà essere mai aggredita dai suoi creditori.

Relativamente al minimo vitale, la norma di riferimento per le pensioni è l’art. 545 comma 7 del codice di procedura civile CPC, il quale dispone che le pensioni non possono essere sottoposte a pignoramento per un importo pari a quello dell’assegno sociale mensile, aumentato della metà.

L’assegno sociale è il parametro di base cui fare riferimento per calcolare la somma su cui un pensionato debitore, potrà sempre e comunque fare affidamento, poiché nessuno potrà pignorarla.

L’importo dell’assegno sociale varia ogni anno, perché il relativo valore viene rapportato alla variazione degli indici dei prezzi, determinata periodicamente dal Ministero dell’Economia.

La variazione per il 2020, è del +0,4%, ciò significa che l’importo dell’assegno sociale 2020 è aumentato rispetto all’anno precedente, ed è oggi fissato nel valore di euro 459,83.

Il valore del c.d. minimo vitale sarà dato dal seguente calcolo: 459,83 + 229,91 = 689,74 (cioè, l’importo dell’assegno sociale aumentato della sua metà). Sulla parte della pensione eccedente tale importo, la legge dispone che si può effettuare il pignoramento solo nel limite di un quinto (o, se si tratta di crediti alimentari, nella misura autorizzata dal giudice).

Se il creditore pignorante è l’ente di riscossione incaricato dall’Agenzia delle Entrate, sono previsti i seguenti limiti:

•          fino a 2.500 euro, la quota pignorabile è pari a un decimo dell’importo eccedente il minimo vitale;

•          per importi compresi tra 2.500 e 5.000 euro, la quota pignorabile è pari a un settimo dell’importo eccedente il minimo vitale;

•          per importi superiori ai 5.000 euro, la quota pignorabile è pari a un quinto dell’importo eccedente il minimo vitale.