Con quella dell’Università Politecnica delle Marche sale a quota quattro il numero di tesi di laurea che hanno per oggetto studi o ipotesi di recupero di tesi di laurea di recupero dell’Abbazia di Kàlena a Peschici. I dettagli dell’ultimo lavoro di ricerca sono presentati da Domenico Antonaccisul suo blog Amara Terra Mia, per il tramite delle testimonianze delle giovani architette Elisa Caimmi, Laura Coppetta, Lisa Di Prinzio e Angela Mandriota autrici delle tesi. “Il lavoro si è focalizzato su una proposta di restauro conservativo rivolto all’intero complesso di Kàlena, concentrandoci e valorizzando la Chiesa Nuova nel suo stato di rudere. Il primo passo è stato lo studio dello stato di fatto del complesso, analizzato attraverso l’inquadramento territoriale e storico, seguito dal rilievo materico e geometrico. – hanno spiegato -. Abbiamo quindi svolto un’analisi dello stato del degrado e ipotizzato degli interventi. È stato poi proposto un nuovo quadro funzionale, compatibile con le condizioni attuali del manufatto e, al contempo, proficuo e di interesse all’interno delle dinamiche della contemporaneità”. Le tesi sono scaturite dalla curiosità intellettuale e culturale che è affiorata durante il Corso di Restauro Architettonico, tenuto dal Prof. Fabio Mariano e dai tutor Chiara Mariotti, Mauro Saracco, Andrea A. Giuliano e Leonardo Petettapresso il DICEA (Dipartimento di Ingegneria Edile, Civile e dell’Architettura) dell’Università Politecnica delle Marche.
Ad integrare le informazioni sulla genesi di questo progetto è Teresa Rauzinoche fa presente anche quali sono gli elementi costitutivi del complesso che lo rendono un pregevole unicum nel territorio non solo italiano: “E’ una delle Abbazie più antiche d’Italia, secondo lo storico Pietro Giannonela sua edificazione risalirebbe addirittura all’anno 872 dopo Cristo – spiega la presidente del Centro Studi Martella che dal 1997, anno della fondazione, ha abbracciato la causa della sottrazione all’incuria del bene garganico e ne ha fatto una campagna di impegno civile per sottrarla ad un destino di decadenza – . L’Abbazia è un esempio unico di architettura romanico pugliese: nella parte più antica c’è la prima Chiesa ora ridotta a deposito di mezzi agricoli, divisa in 2 distinti ambienti, con le cupolette in asse che rivelano una tipologia costruttiva molto rara, ve ne sono solo pochi esempi nel mondo. Poi vi è la cosiddetta Chiesa Nuova che presenta elementi che si rifanno all’architettura francese, forse testimonianza reale della comprovata presenza dei Cistercensi e presenta delle linee tipiche dello stile Gotico. Il complesso è ancora circondato dalle mura e sulle pareti esterne presenta delle decorazioni particolari che attestano la datazione e la matrice dello stile. Ripeto, siamo di fronte ad un unicum a livello internazionale”. Restano purtroppo ancora difficili i rapporti con la famiglia peschiciana dei Martucci,unica proprietaria del bene che negli anni ha sempre rifiutato ogni proposta di vendita del complesso monumentale agli enti del territorio, da sempre contraria alla cessione del bene ed in perenne conflitto con le associazioni ed i soggetti attivi sul fronte culturale che invece ne invocano una piena valorizzazione ed una pubblica fruizione. Oltre ai numerosi contenzioni ed alle innumerevoli denunce fatte partire contro le associazioni, l’annosa battaglia è riuscita quantomeno nell’intento di far porre il vincolo integrale sull’Abbazia e la zona di rispetto “vista la resistenza dei possessori e l’inerzia delle varie Istituzioni preposte alla tutela, che solo nei pubblici convegni hanno fatto sentire la loro autorevole voce” denuncia con amarezza Rauzino che sottolinea come al momento l’azione di difesa del bene è essenzialmente concentrata sulla vigilanza dell’osservanza dei decreti che la Sovrintendenza di Foggia ha emanato per l’esecuzione obbligatoria di consolidamento imposti dalla dott. ssa Simonetta Bonomi“che dovrebbero essere stati imposti alla famiglia Martucci come da decreto. Sperando venissero eseguiti. Così non è stato” ha scritto di recente la stessa Rauzino in una missiva indirizzata all’ing. Domenico Fornaro,referente della pratica in seno alla Sovrintentendenza dopo che la Bonomi ha lasciato la direzione della sede di Foggia “l’unica che aveva preso a cuore la causa di Kalena” conclude Teresa Rauzino.
Daniela Corfiati
l’attacco