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17 NOVEMBRE/ LA VERA ELEGANZA

Come il signore si vede dal modo come tratta i poveri, così l’elegante sa sta­re fra gli ineleganti, senza metterli a disagio… Ogni persona che induca a pensare quanto costa l’abito che porta, non lo sa portare.

RICCARDO BACCHELLI

Riccardo Bacchelli, oltre che grande romanziere, è stato un vivace autore di elzeviri giornalistici. Uno di questi, intitolato Vestir bene, tocca un argomento a prima vista futile, quello dell’eleganza. In realtà, per questa via esteriore è possibile penetrare in un orizzonte che ha anche una dimensione morale. Lo stile di comportamento di una persona può essere, infatti, un riflesso della sua dignità interio­re. Con il vestito, coi gesti, col porgere si riesce a mostrare una capa­cità di convivenza.

Come una persona ben vestita può mettere a disagio un povero, a causa della sua ostentazione, così anche una persona colta può al­lontanare da sé con la sua arroganza intellettuale un altro che ha una minore capacità a quel livello. L’apparenza è, certo, secondaria ri­spetto all’essere, lo stile è meno rilevante della sostanza, la forma non è prevalente rispetto al contenuto. Tuttavia anche questo profilo estrinseco ha un suo significato: pensiamo, ad esempio, alle attuali relazioni umane prive di educazione, sguaiate e volgari. C’è, quindi, un valore anche nel modo di stare con gli altri, di parlare e di com­portarsi: spesso è un indizio dell’anima, è una sorta di segnale della dignità personale. In un’intervista concessa a «Time» il 13 dicembre 1954 lo scrittore americano Ernest Hemingway osservava: «La giu­sta maniera di fare, lo stile, non è un concetto vano. È semplicemen­te il modo di fare ciò che deve essere fatto».

Gianfranco Ravasi