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Torri costiere di Vieste disegnate da Carlo Gambacorta (dicembre 1594)

Verso la prima metà del ‘500, i Turchi, alleati della Francia in lotta con la Spagna, funestarono con continue scor­rerie il Regno di Napoli.

 Le nostre zone venivano ad essere teatro di scontro.

 Certamente fu suggerita dalla impor­tanza strategica di Vieste, dopo la di­struzione subita ad opera di Dragut, la frettolosa ricostruzione ordinata dal Viceré Cardinale Pacheco Seguntino nel 1555 ed effettuata da una compa­gnia di spagnoli al comando di Don Garcia di Toledo, e la decisione del successivo Viceré Don Pedro Afan de Rivera di aumentarne le difese.

In particolare quest’ultimo stabilì la costruzione, avvenuta nel 1559, del baluardo ovest del castello e l’edifica­zione della torre di Santa Croce.

 Ma già prima del tragico evento la nostra città si era posta all’attenzione dei governanti. Infatti durante un so­pralluogo, nel quadro di un piano di razionalizzazione del sistema difensivo del Regno, lo stesso Viceré Don Pietro di Toledo, decretò nel 1541 la costru­zione di una torre e di terrapieni, af­finchè la città fosse “bien defendida”.

Su proposta del Governatore di Capi­tanata Carlo Caracciolo, fu stabilita la costruzione di dieci torri lungo la costa garganica.

 Il Viceré Don Pedro Afan de Rivera con lettera spedita nel febbraio del 1568 al Presidente della Regia Camera della Summaria (*) Alfonso de Salazar, gli dà disposizione affinchè insieme all’Ingegner Giovan Thomase Scala: ” …bisogna visita a fine che si possa vedere si stanno complite (le torri) e ben fatte…”.

Dalla successiva relazione risulta che in quell’anno erano in costruzione le torri di Porticello e di Molinello delle quali era Soprastante Francesco Ramirez, dell’Aglio e della Pergola con Soprastante Geronimo Bersuelos, inol­tre le torri di Portonuovo, della Testa e di S. Felice.

Nel luglio di quest’anno, il Viceré scri­ve al Precettore di Capitanata: “…ordina et comanda, ve decimo et ordinamo che in quanto spetta a voi dobbiate fare l’exigentia predetta (…)

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(*) La Regia Camera della Summaria era il quarto tribu­nale del Regno di Napoli competente per questi altari.

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per la construzione di dette torri…”.

 Tale lettera riguardava un nuovo tri­buto nella misura di grana 22 per fuoco che venne a gravare in maniera dram­matica sulla ormai impoverita econo­mia delle nostre zone, colpite per giun­ta da frequenti carestie (*).

Frattanto la pressione dei Turchi non era diminuita.

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Dell’atmosfera che si viveva a Vieste in questi anni il Giuliani scrive :

“…Fu l’anno 1590 assai lacrimevole e da registrarsi. I Turchi non lasciavano di costeggiare l’Adriatico, facendo pre­de e schiavi. Si premunirono perciò d’altre guardie le muraglie della città

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(*) Vieste, come tutte le città della Capitanata, pagava già una tassa ordinaria di settantadue grana annui per fuochi 290.

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ed in sua difesa s’inviò una compagnia di soldati sotto il comando del Capi­tano Luis Arnedo. Essendo stata steri­lissima la stagione, si spedirono in vari luoghi e città della Provincia Cesare Intana e Niccolò Popolano a ricercar grani, acciò si dasse il pane ai soldati e non languisse la città di fame…”.

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Nel 1594 per ordine del Viceré Don Giovanni Zunica, Conte di Miranda, Carlo Gambacorta, Marchese di Ci- lenza, visitò ancora le torri di Capi­tanata.

Egli così scrive al Viceré, presentando la relazione:  “…Il Signor Conte di

Miranda nell’anno 1592 mi comandò ch’io visitasse le torri (…) il che fece con una nuova invenzione di ritrahere li luochi che chiamo prospettiva…”.

Di questo viaggio recentemente sono state rinvenute dettagliate schede ma­noscritte compilate con grande com­petenza e corredate da disegni pro­spettici e piantine.

Alla data della sua visita alcune torri già abbisognavano di riparazioni, co­me la torre Testa “…di mala fabbrica che ne sono cominciate a cascare due mergoli…”, o dovevano ancora essere completate come la torre di Porticello dove “…È necessario far le guardiole, intonacar la cisterna, la camisa all’astrico di sopra, la scala, …e che ci vor­ranno ducati cento cinquanta”, o quella della Pergola dove addirittura “…S’ha da finire perchè ne voltato solo la lamia di sopra e s’hanno d’alzare le mura di detta incosciatura di lamia e finirla…”.

Quasi tutte mancavano di armamento: per la torre di Molinello “…Bisognano doi moschetti grandi e un mosco per dar l’avviso…”, per quella di San Felice “…bisognano due smerigli…”, quella della Pergola “…Bisogna un mezzo sa­cro ed un mascolo…”.

Tutte le torri del territorio di Vieste, secondo il Gambacorta, son “ben col­locate” ad eccezione di quella di Por­tonuovo, la quale “…Non è ben collo­cata perchè non ha che guardare, poi­ché dalla parte di Bari guarda la torre di Gattarella, e verso Tremiti (…) guarda il castello di Vieste (…) e perciò son di parere di levar la guardia reale…”.

È utile notare che le torri di Gattarella e della Testa, considerate l’una “di non molto buona fabbrica” e l’altra “di mala fabbrica” oggi sono in effetti ridotte a ruderi, mentre le altre “di buona fabbrica ” sono conservate, tranne quella di Molinella, forse demolita in tempi recenti per costruire una vicina trincea, o venduta come materiale da costruzione.

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Ma, scampate agli assalti dei Turchi, nuovi pericoli corrono attualmente : l’incuria e la speculazione.

Esempio clamoroso è la torre di Porticello, che a causa di recenti insensati restauri ha perduto ogni suo carattere originario, così che anche essa può essere considerata perduta. Infatti inca­miciata in una nuova muratura e so­praelevata, si erge sulla punta con la sua immagine fumettistica, simbolo dei guasti prodotti dalla pochezza delle idee e dalla abbondanza dei denari, ma soprattutto dalla nostra indifferen­za e da quella più responsabile degli organi preposti alla tutela di questi monumenti.

Angelo Vaira