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Quando le parole cambiano di significato….

Esistono parole il cui senso è molto cambiato, anche a Vieste, che nonostante tutto fa parte ancora di questo mondo: termini come classe operaia e borghesia fanno riferimento a una società che, almeno in gran parte, non esiste più.

La stessa cosa può dirsi per i simboli. La società è diversamente organizzata e quindi la lettura dei problemi sociali operata con una ter­minologia antiquata diventa difficile o impossibile. Intendiamoci, esistono ancora il potere, le dise­guaglianze, le ingiustizie. Soltanto che è indispen­sabile una loro lettura diversa. Invece i rappresentati politici viestani, o pseudo tali, si ostinano a pensare e ad avere una visione diversa della società viestana oramai post-contadina. Nel corso delle tante trasmissioni e dibattiti che riusciamo ad organizzare su OndaRadio ancora si ascoltano i soliti refrain, molto fuori dal tempo. Fuori dal sarcasmo, come si fa a non rendersi conto che oramai a Vieste avanzano lobby e caste e tramontano le classi. E’ evidente a tutti che gli interessi di singoli gruppi o ceti, si coalizzano diversamente da ieri. Le coalizioni fra questi gruppi per difendere il loro orticello, sono varie; complicate, mutevoli. Altro che destra e sinistra.  Questa nuova società viestana è una società corporativa, da alcuni punti di vista ingessata, in cui tutti con­trattano tutto con tutti. Sicuramente è diventato, anche, meno rilevante il sistema delle classi ed è nato invece un sistema fon­dato su lobby, ceti, gruppi di interesse di ogni tipo. Per descrivere la società un tempo si parlava di ricchi, benestanti e poveri, di qui il sistema di classe. Ma oggi? Tutto è più complicato. Forse è anche questo il motivo perché non si riesce a dare un’alternanza politica a Vieste? Lanciamo la riflessione. La nostra oramai è una realtà in cui felicità, economia, lobby interessi costituiti, corporazioni sono diventati un si­stema complesso di cui bisogna occuparsi pensando a una società futura adatta a questa nuova viestanetà così cambiata dall’avvento del turismo. L'utilizzo dei soliti termini fermi a destra o sinistra sono oramai invecchiati e ina­deguati per capire e operare. Forse è giunto il momento di cambiare registro e di cominciare a ragionare in maniera nuova. Una domanda apparentemente assurda: perché dello sviluppo economico del nostro paese si occupano prevalentemente gli operatori turistici? Ma le ragioni di quanto accade sono veramente economiche? In realtà lo sviluppo economico è l’espressione di importanti fattori pre-economici. Il primo è l’amore per il lavoro. Noi sappiamo, constatiamo, ahimè, che l’atteggiamento dei viestani verso il lavoro e la produttività è cambiato profondamente. L’obiettivo principale di gran parte dei viestani sembra che siano le ferie e quant’altro è legato con il rifiuto del lavoro. Basta pensare, ad esempio, alla cultura e alla mentalità dei famosi “disoccupati felici”, ma ben retribuiti. Non ci sembra di farneticare se asseriamo che i viestani, lavorano al di sotto della media non solo nazionale. Certo, non si pretende che si diano da fare come i cinesi, ma neanche che si continui a lavorare per sei mesi scarsi nell’arco dell’anno. Rimbalziamo un’altra osservazione: non vorremmo che fosse questo il vero motivo perché non si riesce ad allungare la stagione turistica. E allora come affrontare i problemi fondamentali di Vieste? Con un’altra idea. Con più studio, professionalità, formazione. Sono le idee che muovono il mondo. Non i soldi.  Non certo per banalizzare quello che vogliamo dire, ma la coca cola, il computer, l’orologio Swatch sono prima che delle cose delle idee. Non sono nati dai soldi ma sono serviti a far fare soldi. Abbiamo una sola via: dobbiamo anzitutto operare delle scelte non economiche. Forse il concetto può apparire paradossale perché propone il capovolgimento dei normali schemi di ragionamento, quelli ai quali siamo abituati. Ma forse come sosteneva Einstein, ragionare diversamente aiuta a capire meglio.  La felicità umana è un evento globale, sociale, economico, culturale. Non è soltanto un problema di lotta di classe intesa in senso economico. E quindi è anche giunto il momento di occuparsene a 360 gradi e non guar­dando soltanto ad alcuni aspetti della vita. Non dimentichiamo mai che l'unica vera eguaglianza che gli esseri umani cercano è quella nella felicità. Non è vero che questo è un problema personale: è anche politico sociale e culturale. La patata la rimbalziamo a chi è convinto, e purtroppo in radio vengono ad esibirsi in tanti, che la politica sia un’arte che si apprende senza preparazione, si esercita senza competenza e si attua con furberia.

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