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“OGGI CHI NON SA COMUNICARE MUORE DI FAME!”

Comunicare è vivere. Se non si comunica non si vive. Se si comunica male si vive male e… si «muore di fame».

Oggi, più che nel passato, gli uomini comunicano tra loro con difficoltà e ciò contribuisce a peggiorare la loro qualità di vita. Eppu­re proprio in questa fase hanno a disposizione prodigiosi mezzi di co­municazione forniti (ed aggiornati di continuo) dal progresso tecnologico.

In base a queste considerazioni Ondaradio si fa venire la bella idea di presentare alla direzione scolastica del Polivalente «Fazzini» e dell’Ipssar «Mattei» di Vieste un progetto sulla comunicazione denominato «Oggi chi non sa comunicare muore di fame». Il progetto, peraltro già testato con successo (fu realizzato la prima volta da Radio Vieste negli anni scolastici 1987/1988 e da ReteGargano nel 1990/1991 e 1991/1992) e ripreso lo scorso anno scolastico, è semplice nel suo impianto e si propone di portare la comunicazione sui banchi di scuola.

I ragazzi che vi hanno partecipato hanno avuto modo di «comunicare» con grandi giornalisti come Dante Ferrari (decano del giornalista economico italiano, addetto stampa di Enrico Mattei, oltre che capo redattore del «Sole 24 Ore» per oltre 40 anni), con Franco Ordine (della redazione sportiva de «Il Giornale» di Milano), con Carmine Festa (capo redattore del «Corriere del Mezzogiorno», inserto pugliese del «Corriere della Sera»), con Cesare G. Romana (responsabile delle pagine culturali de «Il Giornale» di Milano oltre che amico d’infanzia e biografo di Fabrizio De Andrè).

Ebbene questo progetto, ben assortito nei contenuti, a Vieste viene ora cestinato, mentre non si contano più gli istituti scolastici, in tutta Italia, dove analoghi progetti vengono realizzati. Ma vent’anni dopo. Chissà, forse, perché ci siamo dimenticati di allegare al progetto una bella raccomandazione. E’ risaputo che anche a Vieste le raccomandate arrivano prima!

Come si suol dire, »prendiamo la curva larga» e facciamo nostra una considerazione del nostro mentore Tanino: «Mentre con Petrarca ci si innamora, con Dante si fa pro­prio all'amore». Di questi due poe­ti nessuno mai ci aveva parlato così a scuola. Oggi lo fa Roberto Benigni che non solo ha il coraggio di proporre la «Divina Commedia» in televisione, ma la recita sulle, piazze e nei teatri d'Italia riportando successi clamorosi. Come è possibile? Funziona solo l'effetto spettacolo?

Partendo da Benigni è possibile individuare due snodi importanti: la scuola e la comunicazione. La scuola continua a far odiare ciò che si studia. Ecco il primo problema della scuola: non insegna più a di­stinguere il bello. Perché? Perché per farlo occorre esserne ca­paci e perché non è politicamente cor­retto. I nostri ragazzi og­gi se ne fregano e copiano le mode d'importazione americana. E’ la glo­balizzazione, si dice. Con una piccola diffe­renza: gli americani non hanno un'analoga tradizione del bello da vantare e da difendere. Si potrebbe radere al suolo la metà degli Stati Uniti, resterebbe sempre più grave lo sfregio alla Pietà di Michelangelo.

C'è poi la comunicazione, anche que­sto è un problema presente nella nostra scuola. Comunicare si­gnifica forse che i docenti devono trasfor­marsi in tanti piccoli Benigni per spie­gare Dante? No, perché il segreto del successo del comico toscano e de­gli altri come lui non è la capacità artistica. La vera magia è l'amo­re che mettono in ciò che fanno.

Quanti sono gli insegnanti che van­no a scuola più svogliati dei loro alunni? E quanti sono coloro che andrebbero aiutati ad aprire una boutique piuttosto che prendersi in cura i destini dei no­stri figli? (Questa è una promessa che metteremo in pratica appena vinceremo un «6» al SuperEnalotto).

Del resto sa­rebbe ben strano che in una scuola in cui scarseggia il bello vi fossero lezioni fatte con amore. Non è un mistero, ma «la scuola» ha ignorato sostanzialmente il mondo della comunica­zione e oggi, tra questo mondo e quello sco­lastico continua a esistere una frattura profonda.

La scuola considera con diffidenza, o addirittura con ostilità, i mass media, non vede in essi uno degli aspetti più significativi della vita contemporanea, una realtà con la quale il processo di formazione dei ragazzi deve misurarsi, oltre  che un prezioso sussidio alla formazione. La scuola tende, viceversa, a mostrare una realtà priva di contrasti, un mondo conformista e rassicurante anche se ogni giorno sconfessato dai resoconti e dalle immagini dell'attualità giornalistica e radiotelevisiva.

Si dirà: «Ma la scuola deve fare la scuola». Ed è vero, ma può portare lo studente a porsi delle domande importanti per la sua formazione sociale e culturale. Tutto questo, per fortuna, è sostanzialmente riconosciuto, in tutte le altre scuole del globo, dove si sta cercando di correre ai ripari.

Ma a Vieste no. Per una questione di pudore, di tempo e di sintesi, facciamo a meno di descrivervi le disfide che ci sono state dietro e durante le riunioni di docenti che hanno portato all’assegnazione dei vari progetti. Alcuni nsulsi, fatti passare al solo scopo di assegnare la prebenda al docente Tizio o Caio. Ma questo non è uno scandalo. Lev Trotsky amava ripetere che «la scuola è un nido di rivalità accanite». Mentre ancora l’amico Tanino mi suggerisce che ci sono docenti a Vieste che lavorano sodo e in religioso silenzio.

Ecco, questo, semmai è il rilievo da sottolineare. Troppo silenzio. E’ vero che i panni sporchi si lavano in casa. Ma la scuola non è «roba mia». Forse non sarebbe male portare a galla qualche incongruenza che serpeggia all’interno della «casa». Sempre Tanino suggerisce ai cari docenti silenziosi che la buona comunicazione è un mezzo e non un fine, una cattiva comunicazione è la fine.

Tutta questa specie di manfrina perché il «nostro» progetto di Radioscuola non è passato? Calma. Riproporremo anche quest’anno, gratis, il progetto «Radioscuola». Stiamo vagliando se a Vieste o a Vico. La nostra emittente è un mezzo e non un fine! 

Eppure non è esagerato affermare che il futuro della società moderna e la stabilità della vita interiore dipendono in gran parte dal mantenimento dell’equilibrio tra le forze delle tecniche di comunicazione e la capacità di reazione dell’individuo.

Già ma viviamo a Vieste. Se anche riuscissimo a parlare tutta la vita con Biancaneve la situazione dei sette nani non migliorerebbe?

Tanino, alla faccia del tuo pessimismo, la comunicazione aiuta a crescere. Come Ondaradio.

ninì delli Santi