Ma esistono davvero progetti seri di riforma del calcio professionistico italiano? Ieri, a Foggia, Macalli ha ipotizzato una serie B a due gironi.
Un proposito? Oppure parole in libertà, destinate ad essere portate via del vento? Buone solo per raccogliere il plauso dei tifosi rossoneri?
Il fatto è che il ragioniere, forse senza rendersene conto, ha messo il dito nella piaga. Nel senso che la riforma dei campionati professionistici è un fatto ineludibile. Al termine di ogni stagione viene regolarmente prospettata, ma non trova poi attuazione.
Si andrebbero, forse, a ledere in modo irreparabile interessi che i beneficiari sono pronti a difendere con le unghie e con i denti. Perché riformare i campionati, e dunque semplificarli, significa in sostanza far saltare molte poltrone.
Intanto società importanti, e con largo seguito di pubblico, continuano a languire da lustri in terza serie. Mentre nelle due categorie maggiori l´affollamento è tale che si gioca praticamente in tutti i giorni della settimana e i tifosi, sommersi da questo oceano di partite, non ci capiscono più un accidente.
E´ da una vita che le linee-guida della riforma sono chiaramente tracciate, senza che nei solchi qualcuno si decida a gettare i semi. Per passare, come sarebbe ormai ora, dalla fase teorica a quella pratica.
Qual è, dunque, il canovaccio su cui muoversi? Quello che anche il defenestrato commissario Rossi aveva abbracciato? E qual è in merito l´Abete pensiero, visto che il neo presidente della Figc brilla al momento per totale assenza di esternazioni? Cerchiamo di fare il punto.
La serie A dovrebbe tornare a 16 (massimo 18) squadre, per consentire una seria partecipazione alle varie coppe internazionali senza penalizzare la Nazionale azzurra.
La serie B andrebbe suddivisa in due gironi, che potrebbero essere formati da 20 squadre ciascuno. Nella categoria cadetta non sono previste attività internazionali e, quindi, è possibile giocare un numero maggiore di partite.
La serie C non può continuare a essere il gigantesco contenitore di 90 società cui è stato malamente ridotto in questi anni. E´ un non senso. Un vero e proprio assurdo, sul piano sportivo e finanziario. In serie C le società affiliate andrebbero ridotte da 90 a 60, con la formula dei tre gironi composti da 20 squadre ciascuno. Giocare più di adesso non sarebbe un dato negativo, al contrario. Andrebbe privilegiato l´utilizzo dei giovani, rendendo obbligatori non meno di 5 under 21 sui 19 a hreferto. In modo che la C torni a essere quello che dovrebbe. Cioè un serbatoio di talenti e non un cimitero di elefanti.
Sarebbe auspicabile estendere a tutte le serie professionistiche il meccanismo dei play off e dei play out. Ciò per ridurre al minimo fisiologico il rischio di combines, per tenere alto l´interesse dei tifosi fino al termine dei tornei e per fare incassi anche oltre la regular season.
Sergio Mutolo – www.calciopress.net
Redazione sportiva ondaradio.