Uno svantaggio e una penalizzazione per le popolazioni e per gli utenti. “Sorgeranno seri problemi di funzionamento”.I sindaci si dicono molto preoccupati in merito alla riorganizzazione delle strutture territoriali dell'Acquedotto pugliese perchè – scrivono in un loro documento – pone seri problemi di funzionamento. A modo di vedere dei primi cittadini, a fronte di "eventuali futuri miglioramenti, il piano di riorganizzazione, nell'immediato, pone concreti svantaggi alle popolazioni". In particolare, la concentrazione degli uffici di fontaneria in soli otto Comuni, considerando che la Capitanata ne conta ben sessantaquattro, "crea dei disagi enormi a quanti avranno la sfortuna di dover sbrigare una pratica di competenza degli uffici dell'Acquedotto". I sindaci ricordano che le conseguenze sono soprattutto per gli abitanti di molti piccoli centri della provincia,la maggior parte dei quali – sottolineano – ha un'età media molto alta. Le conseguenze di tale ridistribuzione degli uffici dell'acquedotto sul territorio avrebbe – secondo i primi cittadini – il solo effetto di "creare ancora più problemi a quanti abitano nei piccoli Comuni, spesso già sprovvisti di molti servizi, con gravi carenze nelle vie di comunicazione e che oggi si vedono privati anche della possibilità di poter svolgere il disbrigo di una pratica amministrativa di competenza dell'Acquedotto pugliese".
La riflessione che fanno i sindaci è che "vi sia un'intei2zione, in fondo neanche troppo celato, di far morire i piccoli Comuni". Una questione che si trascina da mesi nel corso dei quali i sindaci hanno inoltrato proteste, ma anche proposte per individuare insieme ai dirigenti dell'Azienda dell'Acquedotto, una via d'uscita, tra le quali, quella della disponibilità a trovare nuove sedi nelle quali sistemare gli uffici di fontaneria per i quali era prevista la soppressione. Ma – lamentano i sindaci – nessuno ha risposto: tale atteggiamento fa pensare ad un reale ed effettivo disinteresse verso le nostre realtà. Altra preoccupazione – ricordano – deriva dal fatto che i nostri Comuni, specie nella stagione calda, soffrono di endemiche carenze negli approvvigionamenti e gravi situazioni nelle struttiure du distribuzione dell'acqua, così la redistribuzione degli uffici e, quindi, del personale, non fa altro che aggravare questo stato di cose che, già di per sè, provoca disagi e forti malumori alle popolazioni. In conclusione, i sindaci chiedono che il piano venga rivisto e che venga con; ocato al più presto un tavolo di confronto nel quale poter esporre le loro ragioni. Nei giorni scorsi c'è stato anche lo sciopero da parte dei dipendenti dell'Acquedotto. Il piano di riorganizzazione prevede, per quanto riguarda la parte Nord del Gargano, l'Ufficio di zona a Vieste, mentre Vico del Gargano è sede operativa. A contestare il piano di riordino, anche il personale dipendente dell'Azienda: molti lavoratori sarebbero costretti a percorrere, giornalmente, (tra andata e ritorno dal Comune di residenza), oltre ottanta chilometri. E i costi a carico degli stessi lavoratori ai quali l'Azienda sarebbe disponibile a riconoscere un'indennità giornaliera pari al costo del biglietto del mezzo pubblico che collega la vecchia sede di lavoro con la nuova, anche quando gli orari di percorrenza del mezzo pubblico non sono compatibili con l'inizio o il termine delle prestazioni di lavoro. Proteste che, a quanto pare, hanno trovato nell'Azienda dell'Acquedotto una sorta di "muro di gomma". Un dato che dovrebbe far riflettere soprattutto i politici della Capitanata, è che nel Salento il Piano di riorganizzazione risulta meno penalizzante a fronte dei tagli operati in Capitanata. Due pesi e due misure che l'Acquedotto pugliese dovrebbe spiegare.
Francesco Mastropaolo