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LA PENA DI MORTE DA ABOLIRE DAVVERO

La prima volta che la vita arrivò dentro le nostre vite eravamo giovani e ci fece paura. Adesso, però, quella paura ha 15 anni, sogna un amore, vorrebbe dormire fuori a Capodanno e frequentare un'Università all'estero. Quella paura di allora è diventata una delle vere ragioni per cui ogni mattina penso che valga la pena alzarsi e vivere.Le altre tre ragioni hanno 13, 7 e 4 anni. Avendoli visti tutti in ecografia, fin dalle prime settimane dopo il concepimento, non riesco ad accettare l'idea che ci sia un periodo in cui il bimbo dentro l'utero della mamma non venga considerato un bimbo. E che, perciò, ucciderlo non sia considerato ucciderlo. L'ecografia è così chiara: la vita è sempre vita. Anche se a volte, fa paura. So che l'opinione non sarà condivisa da tutti i lettori, ma non posso fare a meno di dichiararla oggi, natale, e rompere un tabù e cominciare a parlare di «moratoria» sull'aborto. Dopo l'entusiasmo per l'approvazione della moratoria Onu sulla pena di morte, si chiede da più parti se non fosse un po' ipocrita esultare per qualche vita (forse) salvata dal patibolo, mentre si continua a ignorare lo sterminio di vita che avviene ogni giorno negli ambulatori: 54 milioni di aborti nel mondo, 130mila in Italia lo scorso anno. E in effetti non sarebbe male se questo Natale avesse al centro, oltre alle lamentele su prezzi e tredicesime tagliate, anche il tema della vita. In fondo, il Natale è la festa della vita, lo dice la parola stessa. E allora spezziamo davvero il tabù? Riparliamo di aborto? Conosco bene la replica: «Volete che si torni agli aborti clandestini». Che è un po' come dire che abolire la pena di morte rischia di far tornare alla legge del taglione. Forse, può darsi. La vita fa sempre paura, e ognuno si difende dalla paura come può. Ma il punto non è stabilire se ci saranno ancora o no aborti, così come nel caso della pena di morte non è stabilire se ci saranno ancora delle persone che uccidono oppure no: il punto è chiedersi se lo Stato deve favorire la soppressione della vita, ancorché legale. O se la vita, lo Stato, deve cercare di difenderla. Se crediamo che lo Stato deve difendere la vita, ebbene, questa difesa dev'essere estesa dal concepimento alla morte. Dunque esultiamo (se volete) perché il boia, dopo la risoluzione Onu, avrà (forse) qualche timore in più a fare il boia, ma poi non dimentichiamoci di quei 130mila sussulti di paura che vengono sterminati ogni anno. Quanti se ne potrebbero salvare? Quanti di loro potrebbero sognare un amore e andare all'Università se si applicasse tutta la legge (e non solo quella parte che trasforma l'aborto in un surrogato dei metodi anticoncezionali)? Quanti desidererebbero passare il Capodanno fuori casa se negli ambulatori si aiutassero davvero le mamme anziché trattarle come una pratica da sbrigare in fretta?