Si preannunciano nuovi guai giudiziari per Peppino Maratea, 69 anni di Vico, l'assessore alla cultura della Comunità montana del Gargano arrestato venerdì mattina con il presidente dello stesso ente Nicola Pinto, 60 anni di Rodi, con l'accusa di concussione per una presunta tangente da 20mila euro.I pm foggiani Giuseppe Gatti ed Enrico Infante, e i poliziotti della sezione di polizia giudiziaria del Tribunale, indagando sull'inchiesta ora sfociata negli arresti domiciliari, avrebbero acquisito una serie di elementi – documenti e testimonianze – che potrebbero portare all'apertura di nuove indagini a carico di Maratea, ora sospettato anche d'aver ricevuto soldi da imprenditori per pilotare alcuni appalti.
NUOVI FILONI D'INDAGINE – Lo scrive chiaramente il gip Salvatore Casiello, nell'ordinanza di custodia cautelare. Nel motivare perchè i due indagati vanno arrestati, il giudice sostiene che «non sono stati acquisiti elementi loro favorevoli. Anzi, quanto a Maratea, dalle perquisizioni e dai sequestri operati in sede di perquisizione», e da alcune dichiarazioni di testimoni «sono emerse ulteriori ipotesi di reato per le quali sono ancora in corso indagini».
APPALTI NEL MIRINO – Pinto e Maratea il 13 dicembre scorso ricevettero informazioni di garanzia per concussione e ci furono perquisizioni: a Maratea furono sequestrati alcuni documenti. «Sono state rinvenute nella disponibilità di Maratea» scrive il gip nell'ordinanza di custodia cautelare «buste sigillate e sottoscritte contenenti offerte in bianco relative a numerose gare d'appalto, già effettuate e da effettuarsi presso enti pubblici. Gli imprenditori interrogati, sottoscrittori delle offerte in bianco, hanno confermato in molti casi che vi sarebbe dovuto essere un interessamento remunerato del Maratea ai fini dell'aggiudicazione pilotata delle gare, resa agevole dalla sottoscrizione in bianco delle offerte».
PRESTO INTERROGATI – Pinto e Maratea si dichiarano innocenti e saranno interrogati nei prossimi giorni dal gip Casiello. I due notissimi amministratori garganici sono accusati d'aver chiesto una tangente di 20mila euro (che sarebbe poi stata materialmente consegnata in tre tranche a Pinto) all'ingegnere abruzzese Gino Stefano Verrocchi. Il professionista aveva redatto un progetto, per due terzi finanziato dalla Comunità Europea, per il cablaggio del Gargano con la connessione a internet senza fili. Se Verrocchi non avesse pagato quanto preteso dai due amministratori – dice la Procura – la Comunità montana del Gargano non avrebbe dato seguito al progetto e non se ne sarebbe fatto più nulla.
«E' ATTENDIBILE» – I due indagati contestano l'attendibilità di Verrocchi che invece viene ritenuto credibile da pm e gip. Verrocchi gestisce un'impresa che si occupa prevalentemente di sviluppare progetti, relativi a bandi della Comunità europea, da presentarsi da parte di enti pubblici per ottenere i relativi finanziamenti. L'interesse di Verrocchi, qualora il progetto viene fatto proprio dall'ente pubblico e quindi presentato e coofinanziato, deriva dagli incarichi che l'ente pubblico si impegna ad affidargli in fase esecutiva del progetto. Tant'è che Verrocchi – dice l'accusa – non chiese certo soldi alla Comunità montana per presentare il progetto di cablaggio alla Comunità europea, che redasse a proprie spese. Verrocchi mirava all'incarico di «project manager», ossia direttore del progetto in fase esecutiva, incarico poi ottenuto perchè aveva tutti i requisiti. Per poter ottenere questo incarico era però necessario – dice l'accusa – che la Comunità montana del Gargano portasse avanti e cofinanziasse il progetto di cablaggio per il quale erano arrivati i finanziamenti dalla Comunità europea. Da qui la pretesa di tangente da parte di Maratea e Pinto, secondo l'impostazione accusatoria: «o ci dai i 20mila euro, oppure la Comunità montana non darà seguito al progetto di cablaggio».
Francesco Mastropaolo