Per il recupero funzionale del complesso Agropolis, la Comunità montana del Gargano ha affidato ad un'associazione di professionisti l'incarico di procedere alla progettazione dei lavori di restauro, recupero funzionale ed igienico-sanitario dell'azienda, ubicata a pochi chilometri da S. Giovanni, di proprietà dello stesso ente montano.Nata come masseria pilota negli anni Ottanta, grazie a fondi europei (30 miliardi delle vecchie lire) con cui fu possibile realizzare un complesso funzionale che avrebbe dovuto rappresentare una sorta di volano per far crescere e valorizzare le attività locali, legate, in particolare, ad agricoltura e zootecnia, Agropolis sembra rispettare il vecchi adagio «Di buone intenzioni sono lastricate le strade dell'inferno», ma ai buoni propositi non hanno fatto seguito fatti concreti, tant'è che, oggi, il complesso “Agroplis" è una sorta di "palla al piede" per la Comunità montana, per via di una gestione che, negli anni, sì è dimostrata essere fallimentare, tanto da far accumulare debiti su debiti; non solo, oggi la struttura è ridotta in condizioni preoccupanti.
Prova ne è che, da un calcolo di massima, sarebbe venuto fuori che per il suo recupero, occorrerebbe una cifra che si avvicinerebbe ai costi per la sua realizzazione.
Ripercorrendo le fasi del degrado del complesso diventa speculare associarvi una incapacità gestionale che ha fatto sì che, oggi, il prezzo da pagare perchè Agropolis possa essere recuperato, è altissimo, ma ciò amareggia è il fatto che dei responsabili di tanto sfascio, pare che se ne siano perse le tracce. In conclusione, nessuno sarà chiamato a rendere conto di tanto fallimento.
Da circa tre anni il complesso immobiliare è chiuso, vigilato giorno e notte da guardie private che all'ente montano costano, mensilmente, diecimila euro, cifra- spiegava il presidente Pinto -che non possiamo continuare a sostenere; non solo, la struttura sta evidenziando un degrado preoccupante. Tutto questo – aggiungeva – impone di individuare un percorso per recuperare un patrimonio che è costato oltre trenta miliardi delle vecchie lire e che avrebbe dovuto rappresentare per il territorio garganico un’occasione di sviluppo e occupazione. Furono cercate diverse strade per arrivare a una soluzione. La concessione dell’Azienda Agricola Agropolis al Comune di San Giovanni Rotondo, trattative che sono andate avanti per diversi anni, ma che non hanno approdato a nulla.
Si era pensato anche all'emanazione di un bando pubblico per individuare il soggetto al quale affidare la gestione di Agropolis.
Nel frattempo, le speranze per i trenta lavoratori ex dipendenti dell'Azienda di poter tornare ad occupare un posto di lavoro, continuavano a rimanere sospese ad un tenuo filo di speranza, fino a quando non s'è spezzato del tutto.
L'ultimo a gestire l'Azienda agrituristica fu Vincenzo Trotta, imprenditore di Monte Sant'Angelo, il quale s'era aggiudicato i beni mobili (per un importo di trecentoventimila euro) messi all'asta dal giudice Egiziano Di Leo del tribunale di Foggia, delegato al fallimento della "Gestione Agropolis s.r.l".
Anche Trotta, però, dopo qualche mese, dovette rinunciare a quella che era da subito apparsa un'impresa al di sopra delle sue possibilità, per via della situazione gestionale divenuta, praticamente, non più controllabile. Soprattutto, dopo un anno di gestione da parte della Opus s.r.l., società di cui si erano perse letteralmente, perse le tracce.
Tant'è che le ingiunzioni di pagamento nei confronti dei vertici della società da parte dei dipendenti, che vantavano un credito equivalente a otto mensilità, ritornavano al mittente perchè il destinatario risultava irreperibile.
Una vicenda, quella del fallimento della masseria Agropolis, ancora tutta da scrivere, per i troppi passaggi non sempre chiari e ben definiti, che si sono succeduti e sui quali nessuno, almeno imo a questo momento, ha inteso mettere il classico dito, per motivi inspiegabili.
Evidentemente, la materia è di quelle da far tremare i polsi.