Diciamo che il centrodestra era impreparato alla vittoria e che lo choc positivo per la conquista di Palazzo Dogana dopo 60 anni di attesa deve essere ancora superato. Ma queste sono soltanto le «attenuanti» utili alla coalizione per spiegare che la nascita dell’amministrazione Pepe non è soltanto in salita ma su una salita ad ostacoli.
Pepe, rientrato da Roma dove ha votato la fiducia al governo Berlusconi, ha una sua idea bella precisa per la formazione dell’esecutivo, e cioè una squadra possibilmente composta tutta da «esterni», giovane anagraficamente ma soprattutto per competenza ed idee (molti giovani purtroppo nascono già vecchi), in grado di assicurare quella discontinuità promessa durante la campagna elettorale e sintetizzata nello slogan che ha accompagnato il notaio-deputato al primo ed al secondo turno, e cioè con Pepe punto e a capo. Punto e a capo lo dicono però anche i partiti del centrodestra tutt’altro che entusiasti della prospettiva che il neopresidente Pepe ha fatto arrivare loro attraverso i «ballon d’essai» e non attraverso una illustrazione diretta tanto che le forze politiche del centrodestra oggi attendono ancora una convocazione. Una prima riunione si sarebbe dovuta tenere ieri pomeriggio, ma alla fine è slittato tutto. Che cosa dicono i partiti? Che il presidente Antonio Pepe è espressione diretta delle forze politiche, tanto da scendere in campo con il marchio del Popolo della libertà e con il «battesimo» dell’attuale presidente della Camera, Gianfranco Fini, alla presenza di alcuni testimoni eccellenti come il neosindaco di Roma, Gianni Alemanno, il neoministro agli affari regionali, Raffaele Fitto, la coordinatrice regionale di An, Adriana Poli Bortone. Insomma, una candidatura più «politica» di così, e per lo più vincente, non può fare a meno dell’apporto dei partiti anche per la composizione della giunta. Così, prima ancora di guardarsi in faccia, in incontri «bilaterali» (inevitabili) e in quello di coalizione, sono partite le prime richieste: Alleanza nazionale, ad esempio, rivendica due assessorati e da quel che si è compreso nei due non è compreso Leo Di Gioia, attuale consigliere comunale che l’entourage Pepe dà per certo all’assessorato al Bilancio. Insomma, Di Gioia sarebbe un fuori quota. Possibile? E in quota a chi? Fremono anche le altre forze politiche. Il Pdl di «marca» Forza Italia, ad esempio, vorrebbe tre assessorati ma è diviso sulla scelta dei nomi e sul concetto di territorialità che più forze politiche portano avanti. Una griglia che potrebbe assicurare non meno di tre assessori al capoluogo, a meno che Foggia non sia importante solo quando si deve votare (un terzo dell’elettorato della Capitanata). L’Udc dovrebbe avere tre assessorati (compreso la Rosa Bianca), ma ancora non risolve lo scontro interno sulla presidenza del Consiglio provinciale tra Santaniello e Marinacci. Non meno rilevante la posizione della Destra e delle liste civiche che, a loro volta, rivendicano visibilità. Insomma, uno scenario non proprio tranquillo per Pepe che deve risolvere questi problemi in pochi giorni, visto che entro il 22 maggio deve convocare il Consiglio che a sua volta dovrà tenersi nei dieci giorni successivi.