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Nel primo Novecento, i delfini, nel mare di Peschici, disturbavano la pesca

La presenza di delfini nelle acque del Gargano Nord non era cosa insolita negli anni Trenta ma, a differenza di oggi, la loro sagoma guizzante non era affatto amata. Quando apparivano, suscitavano timori, erano considerati una vera e propria iattura. Erano una delle cause che spingevano la popolazione ad emigrare.
Lo testimonia una lettera, che 69 braccianti e pescatori disoccupati di Peschici inviarono in data 29/10/1935 al DUCE:
«A S.E. Benito Mussolini
I sotto elencati cittadini di Peschici, con rispettosa divozione, rapportano a V.E. quanto segue:
Essi appartengono tutti alla categoria dei braccianti poveri, che vivono col solo lavoro delle proprie braccia, aventi quasi tutti famiglia più o meno numerosa ed a proprio carico. I lavori nei quali essi impiegano più comunemente l’opera loro quotidiana sono quelli per la raccolta delle olive, che in questo comune è il prodotto che offre il maggior lavoro dall’autunno alla primavera; ma quest’anno tale rendita, poiché il prodotto è biennale, è scarsa.
Gran parte dei reclamanti si dedica qua e là pure alla pesca littoranea del pesce mugino, con reti a strascico o fisse, ma da due anni, specie per la chiusura delle foci del Varano tale pesca, che era in certo qual modo rimunerativa, è divenuta quasi del tutto passiva: nonché alla pesca delle sardelle, la quale, se ancora potrebbe dare mediocri rimunerazioni, è disturbata e seriamente ostacolata da enorme quantità di delfini, stabilitasi in questo settore del nostro Adriatico, ove tale pesca si esegue, che a fitti battaglioni assalgono le reti quando in esse si trova imprigionato la massa del pesce e strappano avidamente coi loro morsi reti e pesce, cagionando danni rilevanti e tali, da rinunziare alla stessa pesca.
Questo anno poi non è consentito neppure il raccattare taluni prodotti dei nostri boschi, come diverse qualità di funghi, di lumache ed altri frutti boscaioli e di prati, poiché la persistente siccita ci nega anche tali risorse, per quanto di misero ricavo (…). In così eccezionale stato di fatto, in cui si trovano i derelitti supplicanti, invocano dall’E.V. un qualche provvedimento, che possa tornare di sollievo a noi poveri onesti braccianti, procurando un mezzo onde offrire lavoro con modeste ed oneste retribuzioni, che ci renda più calmi e meno preoccupati nella rude prospettiva di veder mancare il pane alle nostre innocenti prole».

Alla fine della lettera si faceva notare, da parte dei sessantanove supplicanti, che molti di essi avevano presentato domanda come volontari per l’Africa Orientale. 

TERESA RAUZINO