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Costruite, costruite, costruite preferisco “l’orchidea di sotto al ponte”…..

Tranquillamente sdraiato sulla spiaggia ad assaporare il sole infuocato di questo fanciullezza quando, su quella stessa spiaggia assolata della Scialara, non c’era proprio nessuno. Tra i chiacchiericci dei miei fratelli che a piedi percorrevano con me lo stesso tratto di spiaggia per arrivare “sotto al ponte”, dove mio padre aveva in affitto un po’ di terreno per coltivare gli ortaggi che maturavano secondo le stagioni, si cantava, si saltellava e si correva da un “corrente” all’altra dove piccole soste ci permettevano di dissetarci. La brezza marina, immacolata ed incontaminata,  ci spronava a rompere l’incanto delle risacche che chiamavamo scialì, e raccoglievamo conchiglie enormi e cannolicchi che spuntavano come funghi, e non disdegnavamo di raccogliere anche le stelle marine ed i cavallucci che, dopo aver giocato, riponevamo nel mare nel pieno rispetto di ciò che la natura ogni giorno ci affidava.
Il tempo così passava in un meraviglioso rincorrersi dei giorni ed eravamo fieri di essere gli unici eroi di quella interminabile distesa di sabbia profumata dai gigli marittimi che crescevano lungo le dune appoggiate alle fratte delle vigne arrostite dal sole d’estate.
A mò di favola ho cercato di raccontare queste cose a mio figlio che era sdraiato accanto a me e che mi ascoltava in silenzio, quasi volesse ripercorrere l’incanto degli anni ormai lontani e che non rivivremo più perché questo progresso ce li ha portati via per sempre. Con i ricordi in bianco e nero, ci hanno portato via anche il verde brunastro delle pinete i cui rami pendevano fino a lambire il mare e mentre le cicale, con il loro stridio, si univano al rumore grottesco delle onde marine per ricordarci che il tempo passa davvero …si sono colorati di fumo tutti i ricordi del passato.
Con questa strana voglia di rivedermi fanciullo, di scatto non ho avuto più voglia di rimanere sdraiato per farmi accarezzare ancora da quel venticello. Allora mi sono recato fin sotto il faraglione del Ponte che i naturalisti di allora avevano battezzato con il nome di  “Orchidea”. L’ho ammirato e salutato come un suddito avrebbe fatto verso il suo sovrano. In quel momento quasi non badavo più a quegli alberi scheletriti e bruciati nella scorsa estate. La  mia mente però si raggelava dalla tristezza di vedere un colosso – vero miracolo della natura – tutto rosicchiato dal mare, dal vento e dal tempo e che si mantiene ancora in piedi per un ulteriore miracolo.
In quel momento ho pensato a quanta stupidità contraddistingue la mente umana. La natura ci ha regalato tante cose belle e grazie a questa noi viviamo ed abbiamo permesso di far conoscere  il nome di Vieste in tutto il mondo. Però non siamo capaci di fare nulla per conservare la materia prima che è quella che richiama ogni anno migliaia di turisti.
Abbiamo distrutto i nostri boschi secolari. Abbiamo distrutto distese aree di verde per dare il posto a cemento. Abbiamo distrutto spiagge incontaminate per sistemare file interminabili di monotoni ombrelloni. L’orchidea di sotto al ponte, logorata dal tempo, sta per cadere in frantumi e nessuno ha mai creduto alla sua agonia. Nessuno ha mai pensato che la sua probabile morte spazzerà ricordi e storia e lascerà  il vuoto di una natura unica e meravigliosa. Chi potrà accarezzarla ancora e rassicurarla che non morirà, ma potrà ancora vegliare sulla sonnecchiante Vieste?

Bartolo BALDI