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Nuove tasse per il Piano salute la Regione fa retromarcia

Il Bilancio corregge il referto di Tedesco, Palese (FI): buco di 100 milioni. La Regione fa dietro-front sul caso dell’aumento tasse, erroneamente previsto tra le fonti di finanziamento del Piano della salute 2008-2010 dall’as­sessorato alla Salute.

 

L’ERRORE CORRETTO – Ie­ri, infatti, il dirigente della Ra­gioneria Spinelli ha provveduto a correggere il tiro del referto tec­nico consegnato dall’assessore alla Salute Alberto Tedesco alla commissione sanità, riunita per cominciare a sfoltire i 720 emen­damenti al piano (la quota com­plessiva è scesa a circa S00). «La Ragioneria – riferisce l’assessore al Bilancio Francesco Sapona­ro – ha chiesto di riformulare il referto tecnico, chiarendo che il finanziamento del piano sarà nei limiti delle dotazioni del fondo sanitario e degli altri stanzia­menti straordinari provenienti dai fondi europei e fondi Fas. Og­gi stesso (ieri, ndr) il settore ha riformulato la scheda come ri­chiesto dalla Ragioneria e mar­tedì prossimo arriverà il parere nella commissione Bilancio». MAGGIORANZA DIVISA – Lo «scivolone» tecnico, come gli altri accaduti all’alba della com­missione che ha poi deciso di far slittare a settembre l’approdo del piano salute in consiglio regio­nale, aveva già fatto riscaldare i motori al centrodestra, col capo­gruppo FI-Pdl. Rocco Palese pronto a denunciare il fatto che «per il piano manca la copertura finanziaria e la giunta vendola sarà costretta ad aumentare an­cora le tasse» anche nel 2009 e 2010. Ma a surriscaldarsi, ieri, sono stati anche i motori della maggioranza, divisa tra l’ala «vendoliana» – che in linea con le volontà del presidente della Re­gione avrebbe chiuso entro luglio l’esame del provvedimento – e quella pidiellina, che invece ha spinto per lo slittamento con cui evitare lo scontro col centrode­stra. Parla di «sciagurato accordo trasversale» Piero Manni, con­sigliere regionale del Prc, secon­do il quale il centrodestra ha po­sto il ricatto «o rinviamo o bloc­chiamo la discussione con mi­gliaia di emendamenti» e una parte della maggioranza ha ab­boccato all’amo e ha subito il rin­vio. Ma, avverte, «non sono si­curo che l’acquiescenza di una parte della maggioranza sia do­vuta a pavidità e non invece ad interessi di gruppi che vogliono conservare i privilegi dell’attuale situazione, a partire dal campa­nilismo difensivo di strutture e reparti ospedalieri inutili – sot­tolinea Manni – fino alla prote­zione di interessi della sanità pri­vata». Anzi, per dirla tutta, «set­tori della maggioranza remano contro la riforma». Un messaggio duro che il Pd non intende te­nersi. Roba da «gossip politico», tuona Antonio Maniglio, visto che «l’ordine dei lavori del consiglio regionale è stato elaborato da tutti i commissari del centro­sinistra», compresi quelli di Ri­fondazione. Proposta «discussa, concordata e decisa insieme al presidente Vendola» sottolinea il capogruppo Pd. E, rimarcando che l’obiettivo era sottrarsi alla rissa ed evitare di cadere in un «giudizio indiscriminatamente negativo dei cittadini», sottolinea che «il centrosinistra sulla sanità non sta in difesa» e a settembre il Pd lancerà «un’offensiva popola­re» d’intesa con «tutta la coali­zione>>. Gli dà man forte Dario Stefàno: ilcentrodestrahapaura della svolta sanitaria che arriva col piano «ed allora, l’unica cosa che ha pensato di fare, è stata di gioire per il rinvio a settembre». Non c’è stata, sottolinea, nessuna vittoria dell’opposizione e nes­sun braccio di ferro tra Pd e Ven­dola. E il vicepresidente del con­siglio Luciano Mineo, difenden­do l’intesa, dice che «quando si affermano le ragioni dell’istitu­zione non ci sono né vinti né vin­citori, al di sopra di tutto ha pre­valso il corretto svolgimento del­la vita democratica ed istituzio­nale». Per Dino Marino (Pd), da sempre convinto della necessità del rinvio, la decisione «ha sfilato all’opposizione la spada dell’ostruzionismo, costringen­dola ad una discussione seria sul­la programmazione sanitaria».
CENTRODESTRA ALL’AT­TACCO – Ma dalla parole di Man­ni, obietta Palese, arrivano «con­ferme». Quanto al merito del pia­no, il primo vulnus è «la man­canza di compatibilità finanzia­ria». Quello che la Regione so­stiene essere un errore materiale nella scheda tecnica del piano, ieri corretto, «è confermato dallo stesso articolo 4 del ddl allegato al Piano, nel quale si dice chiara­mente che "fatturazione del dise­gno di legge viene effettuata an­che mediante introiti collegati a specifiche manovre fiscali, indi­viduati nel bilancio regionale". Traduzione: se tutto va bene le tasse regionali non saranno ab­bassate». D’altra parte, ragiona il capogruppo di FI, sarà inevita­bile visto che «fattuale sistema sanitario pugliese costa ben 229 milioni di euro in più rispetto ai finanziamenti ad oggi disponibi­li. E, nel caso in cui dovesse av­venire il miracolo auspicato nel Piano, ossia che vengano cam­biati i criteri di riparto del Fondo nazionale in senso favorevole alla Puglia, andremmo a guadagnare circa 100 milioni di euro. Quindi ne mancherebbero comunque 100». Non solo, «da dove prevede ~ governo regionale di prendere gli altri milioni occorrenti per at­tivare i 1.200 posti letto più i 700 a disposizione della giunta?». Pino Romano (Pd), autore di un emendamento che riguarda Brindisi, spiega che la sua non è «né una rivendicazione di cam­panile, né una contrapposizione al presidente Vendola» e che è pronto a ritirarlo. Giacomo Oli­vieri (Pd), invece, plaude per il sì della maggioranza al suo emen­damento al piano «per potenziare e trasformare il reparto di En­docrinologia presso il Policlinico di Bari in centro di riferimento regionale per il diabete mellito e le malattie metaboliche». E in­tese bi-partisan si registrano per la Bat, con Pina Marmo (Pd) che chiede «almeno un ospedale pro­vinciale di riferimento» e i con­siglieri di FI e An, Carlo Lau­rora e Sergio Silvestris, che pro­pongono di «rendere gli ospedali di Trani e Bisceglie struttura ospedaliera di livello interme­dio».

IL CASO OSPEDALI – Gian­marco Surico (Misto), invece, at­tacca la decisione dell’assessore Tedesco di aver eliminato dal pia­no la classificazione degli ospe­dali (perché basata sui livelli at­tuali), lasciando senza indicazio­ni la suddivisione tra quelli di base, intermedi e di riferimento. «Nella versione originaria – dice – si aveva il coraggio politico di indicare i nomi degli ospedali al di sotto dei 70 posti letto che an­davano ridimensionati. Dopo qualche mal di pancia campani­listico interno alla maggioranza, l’assessore ha deciso di eliminare quella classificazione corredata di nomi. Una decisione demago­gica e incosciente che delega an­cor più poteri discrezionali ai di­rettori generali che potranno de­cidere anche di aumentare da 50 a 100 i posti letto in un ospedale che il piano originale "consigliava" di chiudere». In un emendamento, Surico chiede che «anche negli ospedali intermedi vengano at­tivati alcuni reparti indispensa­bili per garantire ai pazienti un livello minimo di servizi e di si­curezza». Decisione, quella di au­mentare il numero dei reparti, che però farebbe saltare <da già precaria copertura finanziaria del piano».