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Monte Sant’Angelo, l’iter spirituale del corpo elvetico papale

Gli scorsi 15, 16 e 19 luglio un gruppo di guardie svizzere pontificie va in pellegrinaggio sul Gargano, ritirandosi, per una breve ma significativa esperienza spirituale, nell’antica abbazia di Santa Maria di Pulsano. Il viaggio ha una sottintesa chiave di lettura nel consolidato legame che da secoli relaziona lo stato pontificio e il territorio sacro del Michele Arcangelo (dopo tragici eventi, nel ‘400 la comunità monastica fu affidata ai Celestini di Manfredonia, ma la amministrazione rimase di competenza di un cardinale commendatario di Roma ndR). Il ricordo di Padre Fedele: “La genesi dell’inaspettata ma gradita visita del gruppo pontificio –  sottolinea – va ricercata nella volontà, da parte del corpo, di percorrere dei giorni di spiritualità celebrativa, incentrata sulle preghiere della comunità monarchica”. L’occasione è stata propizia per  conoscere de visu i suggestivi eremi dell’abbazia: “Giunti a piedi sui luoghi, le guardie hanno recitato ininterrottamente, nelle ore medie della giornata, quattro riti di preghiera”. Una funzione divisa in un “canto dei salmi" al mattino e "nell’ascolto di una lettura eucaristica” nelle ore successive . Quello da cui il gruppo non si è potuto estraniare è stata il coinvolgente misticismo  che ha aleggiato, in quei caldi giorni di luglio, sull’intera struttura. Un complesso monastico su cui grava una storia affascinante ma al contempo travagliata. Edificato nel 591, sulle rovine di un antico tempio oracolare  dedicato al deo veggente di Argo Calcante, solo grazie all’intervento nel 1129 della congregazione pulsanese di San Giovanni da Matera risorge dallo stato di abbandono cui versava. In questi anni nasce l’ordine mostastico autonomo dei poveri eremiti pulsanesi. Cinquant’anni dopo viene istituita la chiesa abbaziale dedicata alla Santa Madre di Dio. Dal 1400 sono i Celestini di Manfredonia a prendersi cura dell’abbazia, ma la gestione viene affidata ad un cardinale commendatario che l’amministra da Roma. I Celestini continuano a reggere il complesso anche dopo il terremoto del 1646, ma vengono fermati dall’emanazione delle leggi napoleoniche del 1806, con le quali viene soppressa la presenza dell’ordine e autorizzati i fittuari dei beni a ritenere i pagamenti in enfiteusi. In seguito, nel 1842, il Demanio affida il complesso del monastero pulsanense (sempre in enfiteusi ndR) al sacerdote di Monte Nicola Bisceglia; questo per preservarlo dagli attacchi vandalici dei pastori locali. Finalmente, nel 1997, anche grazie anche all’arcivescovo di Manfredonia Vincenzo D’Addario, l’abbazia viene riaperta al pubblico e dà ora sede all’attuale comunità monastica. ”Prima di lasciare l’abbazia – conclude Padre Fedele – le guardie hanno donato un libro inerente la storia dell’epico corpo ponteficie, come segno tangibile della significatica esperienza vissuta”. (IlGrecale/