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«Il Piano sanitario regionale Puglia privatizza l’aborto, mortifica le donne»

«Non si blinda, non si ingessa un progetto come il piano sanitario regionale, senza un dibattito pubblico. Non è possibile». Mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, esce allo scoperto: per la prima volta da quando, a gennaio scorso, è stato eletto alla presidenza della Conferenza Episcopale Pugliese, accetta una intervista per parlare – a nome dei diciannove vescovi della Puglia – sui temi che riguardano la regione e la politica regionale. Proprio oggi che il Consiglio Regionale è alle prese con il voto sul «Piano Salute». Perché? «Perché – insiste – il dibattito su questi temi non può essere blindato, e prima sarebbe stato fuori luogo». Eccellenza, qualche vescovo singolarmente ha già manifestato le riserve della Chiesa pugliese sul Piano Salute. Ma qual è il nodo centrale?
«Innanzitutto mi sembra che una domanda centrale possa essere rivolta a tutti i consiglieri regionali: questo piano sanitario, soprattutto in riferimento all’interruzione di gravidanza, ma anche alla cosiddetta contraccezione d’emergenza, così come in relazione all’educazione dell’affettività e della sessualità, risponde ad un criterio generale che potremmo definire “pro vita”? Altri, associazioni familiari ed esperti, so che hanno analizzato a fondo il dispositivo del Piano, formulando una serie di obiezioni e di proposte migliorative. Di sicuro ci piacerebbe poter dire che la Puglia, in un momento di grande disagio sociale, è capace di fare tutto il possibile per garantire il diritto di ogni donna a non abortire. In coscienza, la nostra classe politica, può dire che tutto questo venga favorito da questo Piano? La stessa prevenzione degli aborti volontari non sembra in cima alle preoccupazioni dei nostri amministratori. Eppure, si tratta di vite umane».

Ma il Piano dedica spazio proprio a questi temi…
«Sì, preoccupa l’accelerazione verso l’introduzione della pillola RU 486, con una sorta di privatizzazione dell’aborto, che mortifica le donne, costrette a vivere uno dei momenti più drammatici della propria esistenza nella solitudine. Ma non manca anche chi mette in luce i rischi per la vita stessa delle donne. È lecito dubitare di una scelta, l’introduzione della pillola RU 486, il cosiddetto aborto chimico, che non dà certezze assolute sotto il profilo della salute femminile?».

Perché la Chiesa contesta la pillola del giorno dopo?
«Viene indicata come uno strumento di contraccezione d’emergenza. Dal mondo scientifico viene l’allarme su una tecnica che comporta anche un rischio abortivo, come peraltro viene chiarito nel foglietto illustrativo del farmaco. Tutto questo non viene detto, anche alle giovanissime che vengono indicate come le principali fruitrici di questo farmaco. Ma ciò che allarma di più è il processo di banalizzazione dell’atto sessuale, la sua scissione dalla dimensione affettiva, lo scavalcamento o la mancata responsabilizzazione dei genitori, in nome di un principio assoluto di autodeterminazione anche da parte dei giovanissimi».

Insomma, Piano bocciato?
«Tutto questo mi porta a chiedere se il Piano sanitario, anche nella parte che introduce con qualche forzatura il concetto di genere, rispetto alla normale distinzione sessuale tra maschio e femmina, risponda davvero e sino in fondo al comune sentire. Siamo sicuri che il nostro popolo voglia assecondare una deriva che vede trionfare il principio assoluto di autodeterminazione, a scapito della dimensione educativa che invece dovrebbe essere in cima alle preoccupazioni, non solo dei genitori pugliesi, ma anche di tutta la nostra società? Ed ancora mi chiedo: sono davvero garantiti in questo Piano sanitario regionale i criteri della sussidiarietà, così cari alle famiglie e a tutti i corpi intermedi, e dell’obiezione di coscienza, garanzia di libertà vera?».

Cosa vi aspettate, ora?
«Queste nostre domande richiederebbero una risposta convincente non solo da parte della società politica, ma forse avrebbero meritato un dialogo pubblico più serrato e consapevole. Più critico e meno ingessato. Più ricco di sfumature e più coraggioso. Meno politicamente corretto, più umanamente esigente».

Perché dice così? Non c’è mai stato un confronto tra le forze cattoliche e i vertici della Regione?
«Sì, il Forum delle associazioni familiari è stato ricevuto ed ha anche redatto emendamenti al Piano. Ma il Forum parla per le associazioni, non a nome dei vescovi benché rappresenti le stesse istanze».

Scusi Eccellenza, ma a questo punto qualcuno potrebbe parlare di ingerenza dei vescovi… Sbaglierebbe?
«Spesso ai vescovi viene rimproverata una sorta di ingerenza nella sfera pubblica. Il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, al meeting di Cl ha già spiegato che la Chiesa “non è un soggetto, un agente politico, ma questo non significa che si disinteressi alla res publica. I vescovi danno voce al loro popolo, perché vivono con la propria gente, conoscono la vita delle persone, delle famiglie e dei gruppi. E questo per noi significa essere fedeli alla nostra missione pastorale”. Se noi dunque parliamo, se esprimiamo una preoccupazione, se formuliamo un suggerimento, lo facciamo per amore del nostro popolo di Puglia. E per questo diciamo alla classe politica che oggi governa la nostra regione, ma anche a chi sta all’opposizione, di non aver paura della nostra sollecitudine, ma di considerarla per quello che è: un segno di lealtà, di trasparenza, di rispetto e di amore per le istituzioni. Se non parlassimo, se non indicassimo i rischi che vediamo nella declinazione delle leggi rispetto all’antropologia cristiana, ovvero ai pilastri della vita, della famiglia e dell’educazione, faremmo il bene del nostro popolo? “Ti ho posto per sentinella alla casa di Israele”: è il monito rivolto da Dio ai pastori del suo popolo».

Se non di ingerenza, si può parlare allora di sostituzione di ruoli?
«No. Non intendiamo sostituirci a nessuno: partiti e società civile, intellettuali e forze sociali, laici credenti e non credenti. Ma non vogliamo far mancare la nostra voce nei passaggi decisivi della vita regionale nei quali si mettono in gioco, attraverso le scelte libere e consapevoli della politica, il volto e il futuro del nostro popolo. Per carità, ci venga risparmiata l’accusa di ingerenza».

Il Papa domenica scorsa a Cagliari ha sollecitato una nuova generazione di politici cattolici. In Puglia c’è terreno fertile in tal senso?
«Conosco personalità di giovani cattolici che sarebbero in grado di assumersi la responsabilità politica come alta forma di carità. Noto però che nelle comunità manca un incoraggiamento più deciso in questa direzione, manca una educazione a questo: nelle catechesi dovrebbe emergere questo impegno per costruire la città terrena, che è un dovere di ogni cristiano».

Può già fare nomi?
«No, non ne ho, e non mi sembrerebbe corretto farli».

Le parole del Papa sono state lette anche come un atto di accusa nei confronti degli esponenti di area cattolica già impegnati in politica. Che ne pensa?
«Sarebbe un errore piegare le parole del Papa a interessi di parte o strumentalizzarle per avviare processi sommari a questa o a quella formazione politica. Il Santo Padre in realtà non finisce di stupirci per la sua sollecitudine nei confronti dell’amata Italia: dopo aver sollevato, con intuizione profetica, la questione dell’emergenza educativa che affligge il nostro Paese, egli si augura la nascita di una nuova generazione di politici cattolici. Credo che Benedetto XVI abbia ancora negli occhi e nel cuore quella splendida gioventù che ha incontrato a Sidney durante la Giornata mondiale. E fra quei giovani c’erano tanti italiani, che lo seguono con affetto in ogni angolo del Paese. Lui scommette sulle nuove generazioni. Chiede ai nostri giovani di evangelizzare i mondi del lavoro, dell’economia e della politica. Insomma crede che abbiano le potenzialità per rinnovare la società e costruire il bene comune».
Onofrio Pagone