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Le imprese: «in Puglia siamo senza credito»

Effetti diretti sul sistema produttivo pugliese ancora non ce ne sono. Ma, a voler leggere i segnali, la crisi finanziaria in atto sembra destinata a invertire il trend di crescita registrato negli ultimi 18 mesi. Per dirla con il presidente regionale di Confindustria, Nicola De Bartolomeo, «oggi il rischio più concreto è cadere, e siccome siamo abbastanza in alto possiamo farci molto male». Dai costruttori ai commercianti il grido d’allarme è univoco: se le banche chiudono i rubinetti, le imprese si ritroveranno incapaci di gestire la recessione. E poi ciascuno ha i propri problemi.
Per l’edilizia, dice Salvatore Matarrese dell’Ance, «il rallentamento del mercato dei mutui metterà in difficoltà l’edilizia privata». Tradotto: se non ci sono soldi, la gente comprerà meno case.

Un concetto che, applicato al commercio, suona più o meno così: «La mancanza di fiducia del consumatore – incalza Giuseppe Chiarelli, segretario regionale della Confcommercio – spinge verso il basso i consumi. È una situazione che si sta aggravando e che è nuova, più pesante rispetto alle note difficoltà registrate nei mesi scorsi».

Il sistema Confcommercio si è riunito negli scorsi giorni a Sorrento per fare il punto della situazione. L’Ance ha creato un’unità di crisi che ha lo scopo di analizzare il momento per proporre soluzioni. E venerdì Confindustria incontra a Milano i vertici dei più importanti gruppi bancari italiani: insieme alla presidente Marcegaglia ci sarà De Bartolomeo, in rappresentanza degli imprenditori del Mezzogiorno.

«Certo è singolare – ragiona il presidente degli industriali pugliesi – che le banche si irrigidiscano proprio in questo momento, quando da loro servirebbe l’esatto contrario». Ma il comportamento del sistema creditizio è obbligato, spiega Errico Ronzo: «I maggiori istituti italiani – dice il direttore generale della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, 125 sportelli in 11 regioni – non solo sono stati colpiti dalla crisi dei mutui, ma stanno anche cominciando ad adeguarsi agli standard di Basilea II. Moltissime banche hanno un Tier I (l’indice che misura la quota di capitale più facilmente utilizzabile, Ndr.) inferiore al 6%, per cui o diminuiscono il credito oppure fanno aumenti di capitale: e sappiamo quali siano le difficoltà a questo proposito». Da questa situazione Ronzo vede un rischio ulteriore: «Se le grandi banche tagliano il credito, a rimetterci sono soprattutto le imprese di fascia più bassa, che a quel punto si rivolgeranno alle banche più piccole come la nostra. Noi come Bppb non abbiamo toccato gli impieghi, ma è evidente che gli istituti come il nostro non potranno accontentare tutti».

La soluzione? Secondo Ronzo «il governo dovrebbe rifinanziare i Cofidi», i consorzi di garanzia che affiancano la micro-impresa per agevolare l’accesso al credito. «In un momento di difficoltà come questo, che comunque è destinato a passare, è necessario mettere in campo tutti gli strumenti atti a non ingenerare panico».

Almeno su questo punto banche e imprese sono d’accordo tra loro e con il sindacato. Ieri, da Lecce, il segretario nazionale dell’Ugl, Renata Polverini, ha detto che «lavoratori e imprese, in particolare quelle piccole, rischiano di pagare un prezzo alto da questa crisi», ed ha chiesto al governo di «soccorrere l’economia reale con una riduzione delle tasse per i redditi fissi, e con sostegni alle piccole e medie imprese» .

«È importante – incalza De Bartolomeo – infondere tranquillità nel sistema. Che si sappia: qui nulla è perduto. Certo, anche le disposizioni dell’ultima Finanziaria non ci aiutano: è stata cancellata la detraibilità degli interessi passivi, mettendo un altro costo sulle spalle delle aziende. Ma ad oggi conseguenze dirette della crisi, per ora, non ne abbiamo ancora».
De Bartolomeo prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: «Questa crisi deve servire per rivalutare il ruolo dell’impresa tradizionale, quella che produce».

Le costruzioni, principale voce del pil pugliese, sono più o meno nella stessa situazione: «Non abbiamo ancora raggiunto il livello di guardia – dice Matarrese – la situazione è dura ma nell’or – dinarietà. Registriamo una crescente difficoltà nell’accesso al credito, nel senso che i tempi stanno diventando più lunghi».
Ma sulle imprese che lavorano per committenti pubblici si scaricano anche le difficoltà finanziarie degli enti: «I tempi per i pagamenti si allungano, soprattutto da parte delle piccole amministrazioni: ormai siamo abituati ad attendere anche 90-100 giorni, anche per colpa di Equitalia. Questo non fa altro che aumentare gli oneri finanziari a carico delle imprese». Restano alla finestra anche i commercianti. «Al momento – dice Chiarelli – aspettiamo di capire l’evoluzione della situazione. Le difficoltà di accesso al credito ci sono, anche se fino ad oggi non hanno fatto vittime». Ma forse è soltanto questione di tempo.
Massimiliano Scagliarini