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S. Marco in Lamis/ Natale in Cinquecento

Il Natale è una ricorrenza comune in tutto il mondo, ma i modi per annoverare questo evento sono molteplici. Nel cuore di ognuno si manifestano sentimenti d’amore, di solidarietà, ma con l’avvento dell’industrializzazione tutto è stato avvolto dalla nube del commercio, anche il Natale. Ai tempi dei nostri avi bastava riunirsi e pregare, festeggiare la nascita del Cristo con un modesto pranzo. Il natale era più sentito, era un momento di unione familiare, di riappacificazione degli animi. Oggi col progresso e l’innovazione, il clima natalizio si è un po’ modificato. Certo le strade sono piene di luci, c’è la musica caratteristica che risuona nei vicoli, le vecchierelle si sollazzano giocando ai giochi caratteristici, i bambini attendono ansiosi l’arrivo di Babbo Natale. I negozi sono affollati di gente che corre di qua e di la in cerca del dono giusto, pensando a come imbandire la tavola e a quali prelibatezze cucinare. Le strade si affollano di gente e gli animi si pacano è una gioia per il cuore. Il natale è caratteristico in ogni comune che promulga iniziative varie: sfilate, degustazione di prodotti locali, manifestazioni musicali e quant’altro. Quest’anno l’A.C.C.M. (Associazione commercianti corso Matteotti), vuole proporre qualcosa di nuovo, che sicuramente vi lascerà un po’ sbigottiti: la sfilata delle Cinquecento. Molti di voi si staranno giustamente chiedendo il motivo di codesta sfilata e il nesso logico col natale. La vecchia Cinquecento è stata molto più di un’auto. È stata il simbolo di un Paese in crescita. Era davvero piccola. Tra le più piccole macchine mai prodotte, miniatura di automobile e miniatura di famiglia. La parola "boom" veniva quasi contraddetta da quell’implosione di lamiera, che costringeva alle ginocchia in bocca, al bagaglio sul tetto. La venerazione che ancora portiamo per quella macchinetta tonda, dipende anche dalla profonda tenerezza che la memoria dei padri, di quell’Italia laboriosa e stentata, suscita in noi figli del primo e poi del secondo sviluppo economico. Usciti dalla guerra, i giovani italiani di allora (i nostri padri soldati, le nostre madri in attesa) vivevano con intatta meraviglia il piacere di essere vivi, e di raggiungere a passo di marcia dall’Italia contadina, con i loro stipendi modesti, le loro speranze pulite. La Vespa e la Cinquecento (e la Seicento, sua progenitrice appena più capiente) erano il rumoroso simbolo del nuovo viaggio che incominciava. Allora, come capita ai bambini, tutto ci pareva più grande rispetto alla realtà. La Cinquecento, sulla quale oggi si sale sorridendo, come per valutare quanto ci siamo ingranditi, quanto siamo cambiati, per i bambini italiani dell’epoca era comunque una Vera Automobile. Guardatela, e ritroverete la scala modesta dei nostri primi passi. La Cinquecento vuole essere un filtro in grado di far viaggiare i nostri pensieri, in grado di stimolare l’immaginazione e il ricordo di un tempo passato in cui bastava davvero poco per essere felici, ci si accontentava di quel poco che si possedeva