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Puglia, già «assolta» la baby-Calciopoli – Giacomini: «Sconcertante resto indignato» (3)

«Sono indignato». Massimo Giacomini, settanta anni, a capo del Settore giovanile e Scolastico dopo le dimissioni di Luigi Agnolin, non usa mezzi termini per battezzare lo «scandalo» che ha colpito il calcio giovanile pugliese. «Una storia che ci lascia attoniti – commenta l’ex calciatore di Genoa, Lazio, Milan ed ex tecnico di squadre di primo livello, tra cui Milan, Udinese, Torino, Napoli e per ultimo il Cagliari -. I campionati sono importanti per i ragazzi, non certo per gli adulti. Ed è sconcertante che intervengano degli adulti e ci mettano mano». Un fulmine devastante che si abbatte su un mondo che dovrebbe educare i ragazzi soprattutto ai principi della lealtà sportiva. «Da più di dieci anni – dice il dirigente – le squadre che si affrontano nei nostri campionati si danno la mano prima del fischio di inizio. E questo lo si fa proprio per trasmettere una certa educazione e cultura ai giovani calciatori». Poi, però, accadono simili storie. Contropiedi che invitano ad una seria riflessione: «Non è certamente un buon esempio, è una stortura – dice deciso Giacomini – e ci rimango davvero male davanti a questa storia. Noi siamo severi, siamo attenti a tutto, però possono succedere anche queste cose. Che invece non dovrebbero accadere».

Il presidente sgombra il campo dagli equivoci su come sia cominciata questa piccola calciopoli made in Puglia: «Quando ci sovviene qualche dubbio – afferma -, mandiamo gli atti immediatamente alla procura federale, la quale poi procede aprendo, nel caso, le indagini ». Sotto accusa ci è finito anche il «sistema» del calcio giovanile. Le «promozioni» e le «retrocessioni» non piacciono a molti. In tanti le hanno dovute ingoiare per forza. E questo scandalo tutto pugliese sembra poter dare voce proprio ai portatori del dissenso.

Giacomini prova a spiegare: «Crediamo che la fase agonistica del calcio è un fattore con il quale bisogna iniziare a prendere confidenza – racconta il presidente del Settore giovanile e scolastico -. A 17 anni dobbiamo un po’ abituarli a questo aspetto del gioco, per insegnare ai ragazzi che si va oltre il risultato. Vorrei chiarire che questo è un discorso che vige in tutta Europa, non soltanto da noi. Chi perde retrocede perché dobbiamo dare un senso al gioco, creare nei giovani l’abitudine a giocare la partita a prescindere dalla voglia di vincere. Così assomiglia un po’ di più al calcio dei grandi, al quale dobbiamo prepararli». Fatto sta che l’attuale sistema ha alzato, ampliato, gli interessi attorno al calcio giovanile e, evidentemente, mutuato dai grandi anche brutte abitudini. Ed è semplice, in fondo, accostare quanto sta accadendo alla necessità di fare risultato ad ogni costo. Perché una retrocessione dal campionato regionale a quello provinciale, a volte ha anche un prezzo. Spesso i migliori vanno via, attratti da altre sirene: «Si perdono i tesseramenti – conclude Giacomini – nel senso che i ragazzi retrocessi finiscono con l’abbandonare la propria società, scegliendo squadre che magari rigiocheranno i tornei regionali, perché trovano che lì vi sia maggiore vetrina. Direi che pure in questo caso ci vorrebbe più fair play fra gli addetti ai lavori, fra le stesse società che si contendono il giovane calciatore».

FABRIZIO NITTI