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Il paradosso dell’acqua: L’Aqp tappa i buchi poi stappiamo la diga

In questi giorni la diga di Occhito ha sversato sui terreni circostanti, e indirettamente a mare, oltre 100 milioni di metri cubi di acqua. E mentre si contano gli – enormi – danni diretti che ciò a causato (allagamenti, ferrovie, strade e autostrade bloccate), sono al palo i lavori dell’invaso di Piano dei Limiti (un’opera connessa alla diga di Occhito). I fondi ci sono ma non si riesce e fare l’accordo tra governo nazionale, Regione Molise e Puglia per far partire i lavori definitivi Questa storia dell’acqua è una storia «da pazzi». Da una parte spendiamo qualcosa come 330 milioni di euro (200 milioni nel 2007; 130 nel 2008, più altri 151 milioni di euro previsti per quest’anno) per tappare (anche) i buchi della rete dell’Acquedotto pugliese, e ridurre così le famose perdite dal 37% al 35%, che vuol dire 25 milioni di metri cubi di acqua risparmiata, ma poi ne buttiamo 100 milioni di metri cubi dalla diga dell’Occhito.
Una operazione paradossale, perché non sappiamo ancora come invasare l’acqua caduta così copiosamente dal cielo in questi giorni (o trasferirla in qualche altra diga). Cioè non sappiamo ancora come interconnettere i vari bacini, «cioè come collegare – dicono i tecnici – i diversi sistemi idrici».
E così in questa giungla di enti, (Epli, Ato, Consorzi, Comuni) tutti fanno (e dunque spendono) ma senza un progetto comune: al punto che da una parte c’è chi tappa i buchi (l’Aqp) e chi dall’altra stappa (le dighe). E nessuno sa quello che fa l’altro.
Se chiedete per esempio all’Acquedotto che senso ha spendere 500 milioni di euro per cercare e tappare i buchi della rete, quando poi d’inverno, chi quell’acqua dovrebbe conservarla (i consorzi o gli enti irrigazione che gestiscono le dighe) non ha le infrastrutture per invasarla, rispondono «che una cosa è la gestione della rete, altra è il controllo delle dighe (che spetta ai consorzi o all’ente Irrigazione, Eipli) e altra cosa infine è chi deve coordinare le due cose. In questo caso la politica. Cioè la Regione.
Una storia sulla quale questa volta persino gli stessi dirigenti dell’Acquedotto pugliese (finora fieri del risultato raggiunto col piano di investimenti per il recupero perdite annunciato e finalmente avviato nel 2007 con tanto di sopralluogo di Vendola su un cantiere in provincia di Bari) sono concordi nel definirla «ridicola».
Così c’è chi tappa i buchi e c’è chi poi quei buchi li apre e lascia finire in mare 100 milioni di metri cubi di acqua.
«Questa – dice, Vito Colucci, il direttore dell’Eipli, la massima autorità in fatto di dighe – è una annata eccezionale di piogge. L’unica cosa che posso dire che alla fine di novembre nella diga di Occhito, c’erano 6 milioni di metri cubi di acqua, oggi ve ne sono 400 milioni». Ai quali, secondo quanto lo stesso Colucci ammette «si aggiungono i cento milioni che sarebbe la somma dello scarico della diga di Occhito, che attinge dal Fortore».
Alla domanda come mai non si riesce a realizzare un piano per interconnettere i bacini e le dighe per trasferire l’acqua da un invaso pieno a un altro vuoto, Colucci risponde con una serie di argomentazioni tecniche difficili da far capire alla gente comune. Che invece fa ragionamenti terra terra.
«Terra terra posso dire – risponde Colucci – che nel caso della diga di Occhito la soluzione ci sarebbe e si chiama Piano dei Limiti, un’opera (che costerebbe 200 milioni di euro) già progettata, ma mai realizzata per gli ostacoli dei Comuni interessati». E realizzare un sistema di collegamenti tra le varie dighe?
«Non so – dice ancora Colucci – cosa ci vuole per creare le interconnessioni. Bisognerebbe fare degli studi di fattibilità capire le interferenze. Non si possono creare le condotte e collegarle con questa facilità con la quale se ne parla. Bisogna studiare».
Già studiare. Una attività difficile questa, molto più semplice invece è spendere. O fare come si è fatto finora: da una parte tappare (l’Aqp), dall’altra stappare.

FRANCO GIULIANO