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EDEN V, LA NAVE DEI MISTERI E DELLE MEZZE VERITA’

Da ben 21 anni il suo relitto giace sulla costa di Lesina Marina.

 

Era il 16 dicembre 1988 (un venerdì), allorché sulle nostre regioni meridionali si abbatté un’ondata polare, che lasciò tutti a bocca aperta, compreso il colonnello Baroni di “Che tempo fa” (in onda su Raiuno), sempre impeccabile nelle sue previsioni meteo.
Il giorno prima, il mitico colonnello, pur rilevando un’irruzione di aria fredda causata dal richiamo di venti orientali per via di un vortice tra Grecia ed Egeo, specificò che quella singolare circolazione d’aria si sarebbe in poche ore spenta grazie all’espansione verso est e verso sud di una grossa cellula di alta pressione dall’Atlantico. Così non fu.
Il vortice sull’Egeo non si era affatto affievolito ma addirittura acutizzato, per l’imprevisto arrivo di aria gelida dalla Russia.
Il 16 dicembre 1988 fu, infatti, caratterizzato da temperature al di sotto dello zero. La stazione meteo di Foggia registrava una temperatura media di -1,1 °C, con pioggia, neve, scarsa visibilità e una velocità massima del vento di 29,4 km/h (fonte: Archivio Storico di Meteo.it).
Le pessime condizioni meteo di quel giorno causarono il naufragio di una nave dal nome “Eden V”, proveniente da Beirut (Libano) e diretta a Ploce (Croazia). Il naufragio, secondo la versione del comandante della nave, determinò l’avvicinamento della “Eden V” alla costa, il cui relitto (posto sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Lucera nel 2007, a seguito dei lavori di smantellamento poi sospesi) giace tuttora sul litorale di Lesina.
Un’inchiesta del giornalista Gianni Lannes, apparsa nel numero della rivista “Avvenimenti” del 13 giugno 1999, ricostruisce la storia di questa nave mercantile, che sarebbe stata varata in Giappone nel 1969 con il nome di “Etsuyo Naru”, ma avrebbe poi cambiato nome in occasione di ogni successivo viaggio: “Pollux” nel 1980, “Mania” nel 1983, “Harris” nel 1984, “Hara” nel 1985, “Happiness” nel 1986, “Fame”, “Leskas Sky” e “Kiriaki” nel 1987, “Ocanido”, “Sea Wolf” e “Eden V” nel 1988. Ignoto è il proprietario della nave, anche se, nel 1988, essa sarebbe stata venduta dalla società «Noura-Court-Apt 105» di Limassol (Cipro).
In occasione del suo ultimo viaggio, il mercantile batteva bandiera maltese ma il compartimento di “La Valletta”, all’indomani del naufragio, ha affermato di ignorarne l’esistenza.
Indi, il 3 gennaio 1989, il sostituto procuratore di Lucera, Eugenio Villante (nella foto a sinistra, alla cui memoria, lo scorso marzo, la commissione toponomastica del comune di Lucera ha intitolato una via cittadina), denunciò, prima che si dileguasse, il comandante della nave, Hamad Bedaran (di origine libanese), per falso in contrassegno di individuazione, inosservanza sulle norme dell’uso della bandiera, sulle norme riguardanti i documenti di bordo e per navigazione con una nave in cattivo stato di navigabilità senza autorizzazione.
 
Ma cosa trasportava la “Eden V” nel suo ultimo viaggio?
 
Negli archivi di “Legambiente”, è presente una interrogazione parlamentare, senza firma, rivolta ai Ministri dell’Interno, della Salute, dell’Ambiente, della tutela del Territorio e del Mare. Era il 2 febbraio 2007. L’oggetto dell’interrogazione parlamentare è lo spiaggiamento della nave “Eden V”. In essa, testualmente, si legge: «Sulla costa garganica giace una nave giapponese la cui presenza desta allarme per la salute e per i connessi rischi ambientali, anche a causa della presenza a ridosso dello scafo di circa un centinaio di fusti metallici abbandonati; la stessa vicenda, già nel 1998, veniva denunciata, a pagina 68, del dossier “Rapporto Ecomafia 1998”, elaborato da Legambiente: “…Non va dimenticato che sulla costa foggiana alcuni anni orsono si spiaggiò una nave, successivamente svuotata del suo carico misterioso e poi abbandonata”; oggi nei luoghi denunciati nove anni fa dall’Associazione ambientalista si continua a trovare un relitto arrugginito con un volume di 3119 tonnellate di stazza e 95 metri di lunghezza e centinaia di fusti metallici arrugginiti di grosse dimensioni abbandonati sulla spiaggia; tale relitto, neppure segnalato, si trova in un tratto di zona di rilievo internazionale vincolata dalla Convenzione di Ramsar, all’interno del Parco Nazionale del Gargano, con gravi pericoli per l’ambiente, il paesaggio e la  salute dei frequentatori e bagnanti; era il 16 dicembre 1988, quando, per cause mai accertate, questa nave giapponese si incagliò, senza lanciare alcuna richiesta di aiuto; il comandante della nave, Hamad Bedaran, di origine libanese, rifiutò “…ogni forma di assistenza facendo sapere che non corre pericolo e che egli stesso provvederà al disincaglio…”. Tutto questo è scritto nel rapporto inviato in quei giorni dalla Marina alla Procura della Repubblica di Lucera; i 17 uomini d’equipaggio di origine libanese, pakistana, siriana, indiana, sudanese ed egiziana, dopo aver scaricato in mare i container, svanirono nel nulla;  … da un decennio la Capitaneria di Porto di Manfredonia ha segnalato alle autorità sanitarie e istituzionali, oltre al pericolo dell’amianto, anche il rischio di radioattività, ma nessun approfondito controllo a bordo è stato ancora effettuato, nonostante moltitudini di turisti, numerosi escursionisti, ornitologi e scolaresche in gita d’istruzione visitino frequentemente l’area; eppure l’ordinanza della Capitaneria portuale sipontina, numero 03/89 del 18 febbraio 1989, mai applicata, interdice l’accesso a chiunque: “…considerata la necessità di salvaguardare la pubblica incolumità, è fatto divieto assoluto di salire a bordo della M/N “Eden V” di bandiera sconosciuta arenata sul litorale del Comune di Lesina…”;  il 3 ottobre 1997, Vincenzo Morante, comandante della Capitaneria Portuale di Manfredonia aveva richiesto al Presidio multizonale di Foggia “…urgenti verifiche onde accertare eventuale presenza di idrocarburi e tracce di sostanze radioattive…”. Tecnici ed esperti dell’Azienda sanitaria locale non hanno ancora messo piede a bordo. La ragione di questa gravissima inerzia sembrerebbe dovuta al pericolo di contaminazione radioattiva e alla mancanza di attrezzature idonee; nel medesimo territorio (Lesina-Poggio Imperiale), i vigili sanitari dell’Azienda sanitaria Foggia/1, hanno ritrovato alcune tonnellate di scorie radioattive.  “…Nei cumuli di scorie radioattive abbiamo rilevato 1700 becquerel per chilogrammo di sostanza, sedici oltre la soglia di rischio per l’essere umano stabilita convenzionalmente in 100 becquerel” ha dichiarato il professor Domenico Palermo, direttore del dipartimento di chimica dell’istituto Zooprofilattico di Puglia e Basilicata, centro nazionale di referenza per la radioattività alimentare; dagli archivi degli ospedali locali (San Giovanni Rotondo, San Marco in Lamis, Monte Sant’Angelo, San Severo, Torremaggiore, Foggia, Manfredonia) e dai riscontri incrociati di medici di base e specialisti facenti capo alle Aziende sanitarie locali Foggia 1, Foggia 2, e Foggia 3, emergono dati scientifici inquietanti sulla popolazione del Gargano (220 mila residenti) e di Capitanata (700 mila cittadini): soprattutto leucemie mieloidi e tumori alla tiroide in percentuale superiore del 50 per cento rispetto alla media nazionale; inoltre bisogna evidenziare che l’8 marzo 1998, affonda a 12 miglia est al largo del Gargano, con mare calma piatta, il peschereccio Orca Marina; in questa disgrazia perde la vita il giovane Cosimo Troiano. Cinque mesi più tardi la Capitaneria di Porto sipontina, incalzata dai familiari della vittima e dalla comunità dei pescatori, sollecita l’intervento della Marina militare per recuperare la salma; in una nota, inviata dalla Capitaneria di Porto al Comando Navale dell’Adriatico, si legge: “…Il sinistro marittimo potrebbe essersi verificato a causa del probabile incattivamento dell’attrezzo da pesca a strascico in un ostacolo presente sul fondale marino. Inoltre, dall’esame delle deposizioni testimoniali rese dai naufraghi, è risultato che tale ostacolo potrebbe essere uno tra i tanti containers presenti nella zona, sbarcati tempo addietro da nave sconosciuta. Pertanto si prega di disporre un’accurata perlustrazione all’interno dell’area dove giace il relitto…”; nell’estate del ‘98, il cacciamine Vieste localizza la motobarca, mentre la nave Anteo trasporta in zona i palombari del Comsubin che recuperano il corpo del pescatore e filmano i container. “…Attualmente sappiamo dove sono i containers che i pescatori locali hanno provveduto a segnalare con l’ausilio del Gps, un sistema di radionavigazione che a mezzo di satelliti fornisce un’esatta posizione…” dichiara il comandante De Carolis, capo della sezione tecnica operativa della Capitaneria di Manfredonia; a tutt’oggi, fatto grave, la Marina Militare non abbia ancora fornito all’autorità giudiziaria i filmati che potrebbe far luce sulla vicenda dei rifiuti affondati in questo tratto del Mediterraneo poco sorvegliato…» (fonte: www.legambiente.eu/archivi).
 
In un’altra interrogazione parlamentare al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, a firma dell’on. Bulgarelli (in Allegato B ai resoconti della Camera dei Deputati – seduta n. 592 del 24/02/2005 – pagg. XVII/XIX), testualmente si legge: «di natura ignota è anche il carico – blocchi di manufatti compatti di natura non identificata, come si legge in alcune interrogazioni parlamentari presentate già nell’anno 1990 – che in parte sarebbe tuttora presente nella stiva della navementre la maggior parte sarebbe stata scaricata furtivamente dagli stessi marinai e di essa si sarebbe persa ogni traccia; nei serbatoi dell’imbarcazione vi sarebbe inoltre ancora molto carburante, solo parzialmente fuoriuscito attraverso la catena nel corso degli anni; …nel castello di prua del relitto vi sarebbero tuttora una dozzina di sacchi colmi di scorie tossiche; …». Nella sua risposta scritta, l’allora Ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli (attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti), dopo aver richiesto, sul punto, notizie alla Capitaneria di Porto di Manfredonia, affermò: «Il rischio di inquinamento ambientale è stato sempre escluso in quanto le ispezioni eseguite non hanno evidenziato tale pericolo».Le ultime analisi effettuate in data 24 ottobre 1997 dal Presidio Multizonale di Prevenzione dell’USL FG/8 di Foggia riscontravano l’assenza di idrocarburi e di altre sostanze tossiche nelle acque e nella sabbia nelle vicinanze della nave…
 
Contrariamente a quanto rappresentato – nel 2005 – dal Ministro Matteoli, in un serbatoio della “Eden V” c’era, invece, ancora del combustibile (pare circa 3000 litri). Nel luglio del 2008, la Provincia di Foggia dispose, infatti, dei lavori urgenti di bonifica sul litorale di Lesina dopo lo sversamento di emulsioni oleose provocato dal peggioramento delle condizioni di equilibrio del relitto “Eden V” (fonte: www.provincia.foggia.it).
 
Troppi misteri ruotano intorno alla vicenda della “Eden V”. A distanza di ben 21 anni, è, infatti, ancora da chiarire di quale natura fosse il carico trasportato dall’imbarcazione nel suo ultimo viaggio, in cui naufragò sulle nostre coste. La verità potrebbe anche far male, ma è nostro diritto conoscerla … in tutta la sua interezza!
 
Alfonso Masselli