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La visita del papa a San Giovanni Rotondo. Ecco i retroscena

Le ore e i giorni successivi al «grande evento» di domenica scorsa sono le ore da dedicare alla riflessione e – perché no? – ai retroscena di un appuntamento che tutto il mondo ha seguito. Il servizio d’ordine e le misure di sicurezza sono stati ineccepibili: migliaia di poliziotti, anche artificieri e unità cinofile, hanno perlustrato ogni angolo, «bonificato» ogni luogo (a cominciare dalla stanza dove il pontefice ha pranzato), ogni spigolo lungo il passaggio del papa. Uomini dei servizi segreti del Vaticano erano confusi nella folla, mentre sulle terrazze si vedevano appostati squadre di tiratori scelti. Tutto era stato avvolto da un alone di discrezione e silenzio. Tutto o quasi sapevano in anticipo: anche l’ora in cui ci sarebbe stato il temporale e la grandinata intorno alle 16. Così è stato. A nessuno, però, è venuto in mente che, soprattutto nei giorni che hanno preceduto la visita di papa Ratzinger nella città di San Pio da Pietrelcina, certi segnali, anche mediatici, forse ubbidivano a una regia occulta tesa a metter in qualche modo in ombra la visita del pontefice. Quand’era in vita lo stesso Padre Pio aveva dovuto spesso combattere contro indicibili insinuazioni, poi riprese recentemente da qualche storico e affidate alle pagine di un poderoso volume. Ma si diceva dei giorni che hanno preceduto la vista del Papa. Ecco, si è detto, perché il pontefice non celebra la messa all’interno della grande chiesa progettata da Renzo Piano? Perché ha deciso di dir messa sul grande sagrato? Tutti alla vigilia sapevano che Papa Ratzinger sarebbe rimasto per circa 9 ore a San Giovanni Rotondo. Ore nelle quali, significativamente, non pregherà nella nuova chiesa intitolata a San Pio. Qui si limiterà a incontrare nel pomeriggio i sacerdoti, i religiosi e i giovani. La messa verrà celebrata sul sagrato.
Forse è soltanto un caso, ma le numerose polemiche per un luogo di culto ritenuto da molti cristianamente incompatibile con la liturgia e la presenza di Cristo – non mancano coloro che vi hanno visto incise simbologie occultistiche e massoniche – sono ancora vive. La forma a spirale del tempio rimanda a un chiaro significato reperibile del dizionario Massonico: «chiaro percorso di iniziazione». E poi, si è detto, una chiesa senza tabernacolo che chiesa è, con quell’altare a forma di piramide capovolta, il cui quadrato ha le misure esatte del quadrato magico (Tetragramon). Una delle croci fatte a formelle lascia intravedere lettere che formano la scritta Gadu (Grande architetto dell’universo), e al centro della croce, alcuni segni rimanderebbero inequivocabilmente a due lettere M.B.: le stesse che si rinvengono sul grembiule massonico d’ordinanza. E poi le stelle a 5 punte o a 6, il combinarsi di linee e misure che formano il numero 33…
E, a proposito di fatti sorprendenti, in diversi ambienti di San Giovanni Rotondo ci si chiede ancora oggi, perché mai è saltato il previsto incontro col Papa di Matteo Colella, il bambino (ora 16enne) il cui miracolo ricevuto da Padre Pio valse l’aureola al frate del Gargano? Erano in molti, tra Casa Sollievo e Comunità dei Cappuccini, ad attendere quell’incontro. Qualcuno si è limitato a una spiegazione che non spiega: «Motivi di opportunità… avrebbe suscitato invidie e cose del genere. Meglio non aggiungere altro». E par di capire che, come è accaduto in passato per situazioni analoghe, qualcuno abbia voluto evitare la sovraesposizione a favore di telecamere che indirettamente coinvolgesse anche il Papa. I miracoli non hanno bisogno di passaggi in Tv.
Chi conosce nel profondo la storia, anche quella non ufficiale, del Taumaturgo del Gargano, non si meraviglia più di nulla: intorno al Santo che per cinquant’anni non si mosse da San Giovanni Rotondo, si è scritto di tutto e di più. A volte per decantarne le virtù, spesso perché la folla di fedeli che lo acclamava aveva creato invidie e rancorose valutazioni sul suo modo di essere sacerdote e cappuccino. calinnie, sospetti, leggende, storia vissuta.
Nella Messa concelebrata dal Pontefice a San Giovanni Rotondo sono stati utilizzati il calice e la pisside che lo stesso Padre Pio utilizzava per celebrare l’eucaristia. Una messa, quella di papa Ratzinger, che spesso è stata puntellata da canoniche incursioni nel latinorum: dal Dominus vobiscum all’Ite missa est. Tutto normale, la gente che affollava il sagrato ha mostrato di gradire. Eppure, non è mancato chi ha fatto osservare: perché non ha usato il messale che usava Padre Pio? Ecco un’altra ingenua domanda che, però, nasconde un’insidia. Padre Pio celebrava la santa messa con rigore e intensità tanto che a lui – un privilegio accordato a pochi altri: tra questi José Maria Escrivà de Balaguer – fu concesso di celebrare sino alla fine dei suoi giorni usando il messale del 1962. Un messale preconciliare, quindi. Padre Pio diceva messa in latino, facile quindi, rinfocolare polemiche che richiamano le accuse che in certi ambienti rivolgono al Papa teologo che auspica il ritorno della Messa in latino.
Padre Pio era definito un prete preconciliare, un cappuccino che favoriva pratiche di culto da medioevo. «Polemiche sterili – dice fra’ Antonio Belpiede, dinaico vicario provinciale e portavoce dei cappuccini -. All’epoca Padre Pio aveva 75 anni ed era malato; gli si poteva mai chiedere di dimenticare la messa in latino e acconciarsi a imparare a officiare quella in italiano?».

Papa Ratzinger, la messa in latino, le polemiche degli ultimi tempi: tutti temi che in un modo o in altro richiamano alle clamorose iniziative del vescovo francese Lefebvre. E poteva mai mancare un’altra insidia condita con buona dose di sospetti? «E’ una verità che imbarazza la Chiesa di Roma, ma nessuno la può contestare: Padre Pio si è sempre rifiutato di celebrare la messa in italiano e di adottare le modifiche liturgiche introdotte da Paolo VI a partire dal ‘ 64. Diceva messa in latino, rivolto al tabernacolo e non ai fedeli. Cioè la messa che sarebbe poi costata a monsignor Lefebvre l’allontanamento dalla Chiesa», come ha ricordato alcuni anni fa padre Emmanuel Chalard de Traveau, uno dei 400 sacerdoti ordinati dal vescovo francese messosi in rotta con la Chiesa.
Ecco, quindi, che negli ultimi mesi ha preso a girare lungo i sentieri telematici di Internet una fotografia che ritrae Padre Pio mentre bacia la mano al vescovo Lefebvre che si era recato a fargli visita a San Giovanni Rotondo: era il 31 agosto 1967 e l’incontro durò pochissimi minuti, lungo il corridoio del convento.

Si voleva forse accreditare il Santo del Gargano come figura poco ortodossa rispetto ai voleri della Chiesa? Si voleva forse far saltare la programmata visita del Papa nei luoghi del Santo, dopo che il pontefice ha recentemente tolta la scomunica ad alcuni seguaci del vescovo francese?

C’è da attendersi di tutto. Alcuni mesi fa, quando si apprese la notizia che alcuni membri del comitato che si opponeva alla esumazione della salma di Padre Pio, denunciò il vescovo D’Ambrosio alla magistratura foggiana, a un autorevole componente di quel comitato, parlando a telefono con un corrispondente della Gazzetta, gli scappò di dire con ostentata sicurezza: «Ma lo sai che Padre Pio è risorto?». A quando la prossima insidia?

LELLO VECCHIARINO