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Regionali pugliesi 2010/ L’intellighenzia si spacca sul Vendola candidato

Professor Beppe Vacca, domenica scorsa tre milioni di italiani si sono messi in fila per eleggere il segretario di un partito, il Pd. Che effetto le ha fatto?

 

«È la conferma che il Partito democratico è una grande idea. E può essere una grande risorsa. Credo che finalmente si possa cominciare a costruire quello che in questi quattro anni non si è fatto».
Eppure, a distanza di poche ore dall’elezione di Pierluigi Bersani, Rutelli ha già sbattuto la porta…
Guardi, se separazioni ci saranno, non credo che potranno essere originate dall’elezione di Bersani
Lei dice?
Le spiego. L’elezione di Bersani è avvenuta sulla base di una coerenza fra il voto degli iscritti e quello degli elettori. È avvenuta sulla base di un immediato e pieno riconoscimento della vittoria da parte di dei due sfidanti. Quindi, se si verificassero abbandoni, le ragioni non potrebbero essere ricondotte al congresso.
Veniamo alla Puglia. Come pensa che potrà essere affrontata la variabile Emiliano?
Guardi, io credo che Emiliano sia un buon sindaco e che abbia una popolarità che ha favorito il centrosinistra nella conquista del Comune di Bari e persino nella sua seconda vittoria. Com’è noto, io non ho un particolare apprezzamento delle capacità di Michele Emiliano come dirigente di partito. Non l’ho mai votato.
Quindi?
Non credo che chi fa il sindaco o il presidente di Regione possa fare il segretario regionale di un partito degno di questo nome. È materialmente impossibile, oltre che statutariamente incompatibile.
Eppure, due anni fa Emiliano andava bene a tutti. E sino a tre mesi fa sembrava capace di mettere di nuovo tutti d’accordo, Bersani compreso. O no?
A me risulta che già a luglio il candidato di Bersani fosse Blasi. Comunque questo era un congresso molto diverso da quello di due anni fa. Questa volta, il primo criterio era la coerenza fra gli schieramenti nazionali e quelli locali. Quindi, dar vita ad una lista slegata dalle liste nazionali, francamente, è stato quanto meno un segno di localismo.
E ora che succede? Quale potrà essere il ruolo di Emiliano?
Io gli auguro di continuare a fare il sindaco. Bene e anche meglio. Non vedo che cosa dovrebbe succedere. C’è uno statuto. Ci sono delle regole. Blasi sarà il segretario di tutti come avviene in democrazia.
A proposito di Blasi. Lei pensa che con lui sarà più facile o più difficile riproporre Nichi Vendola alla presidenza della Regione come candidato di tutto lo schieramento alternativo al centrodestra?
Io credo che qui conti poco chi è il segretario. La questione è molto semplice. La Puglia è l’unica regione del Sud nella quale, girando, si vede che pure a fatica continua a migliorare.
E allora?
Io ho un giudizio positivo sulla giunta regionale e sul suo presidente.
Nel centrosinistra, però, non tutti la pensano come lei.
Lo so, ma mi chiedo come si possa pensare di sostituire Vendola senza il suo consenso, senza la sua disponibilità a farsi da parte. E poi. È auspicabile che si faccia da parte? Guardi, ci potrebbero essere ragioni giustissime e persino sagge per cambiare, ma ci si può rifiutare di passare per le primarie nel caso in cui Vendola voglia ricandidarsi? E se si arrivasse alle primarie, siamo sicuri che ci siano sfidanti capaci di batterlo?
Resta il fatto che i possibili alleati del Pd, l’Udc di Casini e il partito di Di Pietro, Vendola non lo vogliono. Resta il fatto che si ripropone in Puglia come nel resto del Paese la questione delle alleanze. Che cosa deve fare Bersani?
La questione è stata già ampiamente chiarita nel corso di tutta campagna congressuale. Il Pd deve costruire un’alleanza che raccolga innanzitutto tutta l’opposizione al governo e che lo faccia con programmi e con criteri di coerenza per cui si possa presentare come una coalizione alternativa e di ricambio rispetto a quella che governa e che è entrata in crisi.
Ma non pensa che sarebbe una coalizione troppo vasta? E poi si dovrebbero necessariamente ricomprendere tutti i partiti rimasti fuori dal Parlamento, da Rifondazione comunista al Pdci, sino a Sinistra e libertà. Insomma, qualcuno potrebbe dire che si riproporrebbe una coalizione con gli stessi difetti di quella presentatasi quattro anni fa, quando Prodi riuscì a mettere insieme Mastella e Bertinotti. Non crede?
Quello era quattro anni fa. Allora si disse che si costruiva un’alleanza su basi programmatiche, ma poi si scrisse un programma di trecento pagine. E un programma di trecento pagine non è un programma. E tuttavia se le ultime tre settimane della campagna elettorale fossero state condotte con saggezza politica, il governo Prodi avrebbe avuto una maggioranza stabile anche al Senato e avrebbe governato cinque anni. Ma nessuno ripropone l’Unione. Questa volta, si propone una coalizione di tutte le opposizioni al governo Berlusconi, che vada dall’Italia dei valori all’Udc. Sulla base di un programma rigoroso, vincolante.
E Bersani è l’uomo giusto?
Io ho sostenuto Bersani.
Ma ora Rutelli va via dicendo che il Pd è diventato un partito troppo di sinistra.
Io non so ragionare così. Rutelli ha cominciato la sua attività politica con il Partito radicale. Troppo di sinistra? Che vuol dire ? Forse che rischiano di passare in secondo piano le istanze della Chiesa cattolica. Da uno che viene dalla tradizione del Pci? Chi pensa queste cose evidentemente non ha mai letto né la relazione di Togliatti al V congresso del ‘66 né il discorso di Togliatti che anticipò il voto dell’articolo 7 della Costituzione.
Quindi, se Rutelli se ne vuole andar via sono solo fatti suoi?
Non deriva certo… Può essere un pretesto, ma non è quella la ragione. Poi non lo so. Se Rutelli, insieme ad altre forze, pensa che sia più opportuno allargare il centro, avrà anche lui il problema delle alleanze. Con chi si va ad alleare?
Ma se è vero che questo congresso ha chiuso definitivamente la fase del bipartitismo secco, è possibile che si possa costruire lo spazio per un centro forte. O no?
Guardi, questa del bipartitismo è un’idea che, esplicitamente, l’ha pensata solo Occhetto. E può darsi che implicitamente l’abbia pensata pure Veltroni. Perché di fatto si è comportato in tal senso. Ma nella realtà questa prospettiva non esiste. Come si vede, l’Italia fa fatica a reggere il bipolarismo. I due poli all’interno sono largamente differenziati. Soprattutto quello che attualmente governa, che al di là del consenso elettorale, è quasi impossibile da unificare.

STEFANO BOCCARDI