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Il Gargano non ha più ceto dirigente (1)

C’erano una volta i dirigenti garganici. Ora non ci sono più. La vecchia scuola politica della Montagna Sacra ha chiuso i battenti. Colpa della diffidenza dei partiti. Ma non solo quello…

 

Fuori dai giochi, fuori dal mondo. Se, anno dopo anno, le statistiche sul turismo rendono l’effettività di un’area in crescita anche rispetto al Salento com’è il Gargano, il tracollo della partecipazione politica è direttamente proporzionale a queste stime. La rotella dentata dello sperone d’Italia rotea sempre meno alacremente e, al di fuori degli ipotetici confini di zona, calca sempre meno sabbia rovente. Colpa della netta involuzione subita dalla classe dirigente locale, di una poco sviluppata capacità di fare di gruppo e della scarsa considerazione di cui la dirigenza garganica gode all’esterno. Sono lontani i tempi dell’incidenza di Michele Galante e Minì Spina Diana, entrambi parlamentari, l’uno del Partito Comunista, l’altro per conto della Democrazia Cristiana. Nell’anno 2009, il promontorio non esprime neppure un Assessore in sede provinciale ed ha scarsissime chaiace di poter pesare in sede di elezioni regionali. Vero è che, tanto il Pdl, quanto il Pd, inserteranno all’interno delle rispettive liste uomini garganici. Ma è pur vero che il loro peso rischi di essere marginale all’interno di una strategia che punta a privilegiare aree allo stato attuale più determinanti come Foggia, Cerignola e, soprattutto, Manfredonia. il centro sipontino, ultima fortezza pre garganica, è in effetti l’asse di equilibrio tanto del centrodestra (Tonio Leone e Saverio Mazzone sono entrambi della città diManfredi) quanto del centrosinistra (il tandem Michele Bordo —Paolo Campo ha in mano lo scettro del potere a via Lecce). L’influenza esterna sul Gargano, sui circoli politici e, fino a qualche tempo addietro, anche sull’associazionismo (settore, questo, in netta ripresa e vera linfa vitale del protagonismo della Montagna del Sole) di questi grossi centri pesa. Eccome. Se anche un esempio positivo di dirigente locale e d’amministratore come Costantino Squeo, primo cittadino di Sannicandro, riscontra a malincuore l’effetto deleterio che ha “l’imposizione dall’alto di personale”. Un freno notevole che determina uno stridente attrito in direzione dello sviluppo di un pensiero originale ed egemone capace di potersi affermare appunto tale da riunire, attorno a sé, consenso. Gioca in senso contrario alla causa anche la mancanza di centri di eccellenza culturale. Fulcro in tal senso, fino a qualche tempo fa, era Monte Sant’Angelo. Dal liceo classico micaelico sono emerse le meni più brillanti della dirigenza politica garganica. Intelligenze culturali e talenti notevoli. Con la discesa dagli scudi di questa fucina, unita alla scomparsa della formazione interna ai singoli partiti, inevitabilmente è venuta a mancare la base teorica. Le nomenclature hanno estinto il loro peso culturale fino all’autoimplosione. Fino, paradossalmente, al rigetto. Non è casuale, fa notare Peppino Maratea, che a pagare siano così i cervelli più valenti. “A Monte — fa notare il professore—è stato estromesso dalla giunta l’unico, che avesse una certa dimestichezza con i libri: Franco Nasuti”. Distorsioni di un sistema in cui le elite sono “più composte di scrittori che di lettori”. Come dire, gente lontana dal pensiero che la maturazione passi anche per la preponderanza della cultura come forma di sprovincializzazione. In quest’ottica non sorprende l’arroccamento in sé stesso del Gargano. E, con questo, l’inettitudine
a saper andare oltre i confini locali. Già, perché i presupposti per il futuro ci sarebbero anche. I più convergono sui nomi di un paio di valenti amministratori come Luigi Damiani, sindaco di Vico e Costantino Squeo, pari grado a Sannicandro.
E non è un caso che la ricetta che quest’ultimo propone a l’Attacco per la nascita di classi dirigenti organizzate ad affrontare le sfide che coinvolgeranno tutta l’area garganica nel domani comporti una mescola di progettualità e valorizzazione della cultura. Vano piangersi addosso, secondo Squeo. La parola d’ordine è la modernità: “ Coniugare autosufficienza e confronto con gli altri. Parlare con una Voce che non sia piu dialettale ma si contamini con inflessioni metropolitane ed europee se necessario” Progettualità, eventi, “no intramoenia”. con queste sfide la politica “dovrà confrontarsi per formare le classi dirigenti”. Di più, la lettura del sindaco di Sannicandro include l’importanza della collettività. Perche ‘laddove c’è la crescita della collettività, laddove cè bisogno di dare risposte alle esigenze della collettività, può nascere la classe dirigente”. Indifferentemente dal colore politico.
Quello che manca, inoltre, è un perno. Si diceva della perdita d’influenza di Monte. Tuttavia, il fermento, che non può non fare i conti con l’attivismo associazionistico (malgrado i partiti politici maggiori e i poteri decisionali tendano a snobbare i movimenti popolari), latita ovunque. Paga la costa come le zone interne. Vieste, Vico e Rodi non sono ancora pronte a raccogliere il testimone, perse nello sviluppo del turismo; San Giovanni è smarrita nella venerazione di San Pio. “Troppa pigrizia”, pontifica Aldo Ragni, piddino viestano. Il resto del territorio ringrazia. E va, per marzo, si prepara un biglietto per Bari.

Piero Ferrante
L’Attacco