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Lo spiaggiamento dei capodogli, vissuto e raccontato dagli studenti di Rodi Garganico

ERA UNA NOTTE COME UN’ALTRA…
di Maria Grazia Voto

Era una notte come un’altra, nuotavo dolcemente tra gli abissi dei mari più profondi con il mio branco. Era una nuotata come tutte le altre, serena e tranquilla, che in poco tempo si trasformò in un ultimo ricordo. Ci arenammo sulle spiagge di un posto mai visto prima, con fondali bassi per le nostre dimensioni.
In quei 4 giorni di sofferenza in cui sono rimasto in quel posto, sono riaffiorati veloci nella mia mente tutti i ricordi.
Ero lì fermo sulla spiaggia, privo delle mie azioni più semplici… E dei miei sbruffi. Guardavo passare i giorni e le notti, il sole e la luna. E tutti gli umani incuriositi della mia presenza…
Chissà se solo io ero l’unico sopravvissuto, chissà se gli altri miei simili erano riusciti a scappare da quella prigione che ci costringeva a restare lì.
Il mio respiro diventava sempre più debole e le forze iniziarono ad abbandonarmi, la coda che prima muovevo freneticamente ora non riuscivo più a comandarla. Iniziavo a pensare alla fine peggiore.
Stremato nel mio corpo, sentivo le onde infrangersi e la vita pian piano che mi abbandonava.
Ed ecco, il mio viaggio era giunto alla fine, con il ricordo costante del mio amato oceano…

ADDIO MARE, ADDIO VITA…
di Anna Maria Coletta

Che mi sta succedendo! Mi sento confuso, strano come se avessi preso una forte bastonata. Non so dove sto andando e perché ci sto andando… Il mio vagare ora è finito, sono immobile e non mi sento a mio agio, qui, fermo sulla spiaggia, impossibilitato nei miei movimenti che nell’immenso blu mi sono così naturali.
Che strano posto, questo! Ogni secondo lontano dal mio habitat è un secondo lungo e interminabile lontano dalla vita. Non riesco a guardarmi intorno, ma con tutte le forze che mi restano spero che i miei compagni di viaggio non mi siano tali anche in questa agonia.
Ecco gli umani, così curiosi con i loro strani aggeggi per fermare in una foto i miei ultimi respiri. Mi accorgo che c’è solo un gran rumore, un mix di voci umane, forti e molto incomprensibili. Sembrano tutti indaffarati, ma non riesco a capire bene il motivo, so solo che non è per il mio salvataggio, non è per aiutarmi a riprendermi la mia vita che si comportano così… Io sono ancora qui, che strana che è la vita, io l’animale marino più grande e più possente del mondo ora sono l’essere più debole.
Nella mia mente stanno scorrendo veloci come il vento tutti i miei pensieri più strani, ma nel mio cuore e nella mia mente c’è un unico pensiero, fermo e immobile come me: il pensiero della rassegnazione.
Ho capito che ormai per me c’è poco da fare, se non nulla, è arrivato il momento di salutare la mia vita, i miei abissi blu come il cielo quando sta per farsi notte…
Addio mare, addio vita…

LO SPIAGGIAMENTO DEI CAPODOGLI VISSUTO E RACCONTATO DAGLI STUDENTI

Omicidio? Rapina? Attentato? No! Questa volta ad attirare l’attenzione della gente del Gargano (… e non solo), sono stati sette capodogli che, nella notte del 10 dicembre, improvvisamente, hanno iniziato a nuotare con foga verso la costa… Non si sa cosa sia successo, forse per via dell’inquinamento o di qualche aggeggio militare che, messo in acqua ha provocato qualcosa di strano nel cervello di questi “giganti del mare”. E’ stato un evento molto triste che ha danneggiato una specie a rischio di estinzione, protetta da quattro convenzioni internazionali. Ora si attendono gli esiti dell’autopsia, si stanno dedicando a questo “studio” cinque centri di ricerca universitari.
Non è la prima volta che questo evento ha scelto le coste del Gargano, perché proprio a Rodi il 14 marzo del 1774 nella contrada “La Cocchiara” si arenò uno smisurato cetaceo. Lo attesta uno storico del tempo, Matteo Fraccacreta, come ci ricorda il giornalista Antonio del Vecchio (su garganopress). Questo evento rese celebre la marina di Rodi. Per estrarre il capodoglio dall’acqua ci vollero duecento “travagliatori” (lavoratori) il mammifero era lungo 25 metri, 13 metri di circonferenza ed era di color “piombino”. Aveva gli occhi simili a quelli del bue, ombelico bianco e rotondo di 17 dita di diametro e aveva pinne lunghe 210 cm. Dal popolo rodiano veniva visto e considerato come un mostro orrendo.
Grazie al racconto di un frate dell’epoca, riferito nel 1899 da Michelangelo de Grazia in “Memorie storiche di Rodi Garganico”, si sa che dal grasso della balena si ricavarono 400 staia di olio e 100 dal cervello.
A questa storia si accompagna un’altra, di carattere "miracoloso". Due ossa del cetaceo furono donate dai rodiani al convento-santuario di Maria Santissima di Stignano (nei pressi di San Marco in Lamis) come ex voto per ringraziare dello scampato pericolo.
Queste ossa attirarono, fino a qualche decennio fa, la curiosità della gente per via dei loro effetti curativi, perché si pensava che bastasse toccarle e subito si guariva. Si trattava di una costola e di una vertebra. Ora queste ossa, come ci ricorda Lello Vecchiarino sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, dopo molti spostamenti e un restauro, si trovano all’ingresso del Convento.
Ritornando ai nostri sette capodogli, io credo che salvarli era praticamente impossibile, ma almeno potevano togliere subito le carcasse dalla spiaggia, per evitare di arrivare alle condizioni in cui si trovano ora…
FRANCESCA D’AVOLIO
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Ormai è più di una settimana che, in televisione e sui quotidiani, non si fa altro che parlare dei capodogli spiaggiati sulle coste del Gargano. Ebbene sì, proprio sulle coste di Foce Varano, la settimana scorsa, con esattezza il 10 dicembre si sono spiaggiati sette capodogli, ma ancora non si sa il vero motivo per cui queste balene sono finite sulle nostre coste.
Molte sono le ipotesi che tutti noi ci siamo posti: avranno perso l’orientamento per un vuoto di memoria? E’ stato il clima o l’inquinamento o è stato l’uomo? Beh, se la verità è quest’ultima, ed io spero che non lo sia, possiamo dire che la loro morte è un reato. Ci sono molti articoli di giornali e anche molta gente che chiedono di aprire un’inchiesta su questo mistero, visto che ancora nessuna Procura ha avviato le indagini. Infatti molti articoli di giornali hanno come titolo: “Si indaghi sulla strage dei Moby Dick” o “Sia fatta luce sulla strage dei Moby Dick!”.
Ed io sono d’accordo con questi titoli… perché come si apre un’inchiesta su un uomo morto, si deve aprire un’inchiesta su questi poveri capodogli.
Molti si chiedono il perché quei Moby Dick si sono avvicinati alla costa sapendo di andare incontro alla loro morte, nessuno sa ancora come siano morte queste povere bestie, tutte e sette giovanissime, e per saperlo dobbiamo aspettare i risultati dei "campioni" mandati ad analizzare in cinque centri di ricerca universitari.
Ma in realtà questa non è la prima volta che i capodogli si spiaggiano sulle coste dell’Adriatico.
Infatti alcuni secoli fa, nel 1774, proprio nel mio paese (Rodi Garganico) si arenò un capodoglio di 25 metri di lunghezza e 13 metri di larghezza, infatti ci vollero duecento “travagliatori” : per tirarlo fuori dall’acqua. Tutti pensarono che fosse un “mostro” marino, infatti una volta raccolti tutti i resti i rodiani portarono le ossa a Stignano per ringraziare la Madonna per averli aiutati e messi in salvo da quel “mostro”. Questi resti furono lasciati in custodia al santuario di Stignano dove un frate cappuccino Se ne occupò Padre Gerardo Di Lorenzo. Molte erano le persone che, pensando che quelle ossa fossero sacre, andavano in quel santuario per strofinarsi le ossa sulle parti malate del proprio corpo.
Padre Gerardo se ne occupò con amore e amava raccontare la leggenda e farsi fotografare con le ossa di questo capodoglio che si era spiaggiato a Rodi.
Voglio concludere con una domanda che ho letto in un articolo di Lello Vecchiarino e che mi ha colpito molto: “Padre Gerardo poteva mai pensare che, quasi tre secoli dopo, ben altri sette “mostri marini” avrebbero scelto il mare garganico per finire la loro corsa?” Beh, questo sì … è un vero e proprio mistero…
MICHELA SINIGAGLIESE

I PUNTI DI VISTA SUL MANCATO SALVATAGGIO
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Dai primi rilevamenti è emerso un dato molto importante e fondamentale: i capodogli, al momento dello spiaggiamento. erano sani e quindi non è stata la Natura ad ucciderli.
Credo che sia arrivata l’ora di sapere cosa li abbia uccisi. Non ho avuto modo di visitare la spiaggia, ma ho seguito con passione tutti i telegiornali che mostravano la lenta agonia di questi animali così grandi, ma che in quei momenti sembravano così fragili e indifesi…
Vedere quelle immagini mi ha profondamente toccato. Non mi sarei mai immaginata che animali così forti e maestosi potessero morire in maniera così brutale. Spero che davvero sia fatta luce su questa vicenda, perché non è giusto che per colpe di eventi non naturali debbano morire animali che non centrano nulla …
MARIA LAURA SCIARRA

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Quando venni a sapere dello spiaggiamento dei capodogli, decisi di andare con i miei amici per guardare dal vivo quei poveri cetacei. Erano arenati lì già da qualche giorno e cominciavano ad emanare dei cattivi odori per colpa della decomposizione delle carcasse.
Vedere quelle povere bestie morte lì sulla spiaggia mi fece uno strano effetto. Non capita tutti i giorni di vedere questi enormi mammiferi in agonia su una spiaggia. Quando sono tornato a casa, tramite Internet ho cercato nuove immagini e sono rimasto senza parole, perché era davvero brutto vedere quegli animali che soffrivano e non poter far nulla. Io spero che la magistratura apra una inchiesta per chiarire il perché della morte di questi capodogli. Non è nemmeno possibile pensare come questi fragili animali possano ingiustamente morire. E’ giusto che si faccia chiarezza.
MARTELLA DAVIDE
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Secondo me, almeno uno o due dei sette capodogli si potevano salvare perché uno è riuscito a vivere fino a domenica. Se lo Stato o qualche altro Ente aveva intenzione di salvarli, si dovevano mobilitare subito. Invece li hanno lasciati lì, in attesa che morissero.
Secondo me lo spiaggiamento dipende da qualche strumento ad ultrasuoni immerso nei fondali per fare degli studi, in grado però di confondere l’orientamento dei capodogli.
LUCA ROMAGNOLO
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Il mio punto di vista su questa vicenda è che se sono stati gli "umani" a uccidere i capodogli, essi devono essere condannati. Comunque, se sono morti a causa di esercitazioni militari, qualcuno dovrà prendere decisioni importanti e condannare gli artefici del crimine. Per qualsiasi causa i capodogli siano morti, è stato un grande peccato e mi dispiace molto per loro. Erano giovani e dovevano vivere! Peccato!!!
MICHELE STEFANIA