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E la vita di Padre Pio diventa un «Monopoli»

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E’ soltanto di qualche settimana fa l’intemerata di frate Antonio Belpiede, nativo di Cerignola e portavoce pro tempore dei Cappuccini di San Giovanni, che ha avuto per obiettivo il giovane giornalista Andrea Postiglione, autore dell’inchiesta ‘Padre Pio SpA”, andata in onda su Current Tv, l’emittente di Al Gore, premio Nobel per la pace 2007: «un puntuale viaggio nel business che si consuma intorno alla venerazione di San Pio da Pietrelcina», come l’ha ha giudicata un eminente settimanale italiano. «La sua parola è moneta falsa – aveva sentenziato il frate contro il giornalista – Valuteremo se informare Mr. Gore dello stile della sua tv qui in Italia», aveva poi aggiunto frate Belpiede. Il quale, per verità, è stato sempre in prima linea nel rintuzzare i giornalisti che, sin da quando è stata inaugurata, hanno commentato con severe critiche la cripta d’oro in cui dovrebbero trovare posto i resti mortali di San Padre Pio. E in più di qualche occasione il frate si è lasciato scappare: «I giornalisti non hanno capito niente. Noi facciamo come Padre Pio: lode a Dio e aiuto ai poveri».

Avrebbe mai potuto immaginare che quelle sue parole sarebbero state, per così dire, profetiche tanto da essere usate indirettamente come ingredienti per un’altra polemica che si è scatenata in questi giorni intorno a quella che già chiamano la “Las Vegas della Fede”? Tutto è nato dall’iniziativa di un personaggio foggiano, Luis Napolitano, 62 anni, pittore stravagante e sedicente miracolato di Padre Pio. Luis, che fino a qualche lustro fa amava farsi chiamare il “Mister Ok dauno” perché emulando il Mr. OK del Tevere, si tuffava a ogni Capodanno nelle acque – quando ancora c’era l’acqua – nel più nostrano Celone, il torrente foggiano che sfocia nel Candelaro.

Luis, che nel gennaio di due anni fa attuò lo sciopero della fame per protestare contra la decisione di mettere in mostra le spoglie mortali di Padre Pio, non fa mistero di amare la ribalta della cronaca e non si sottrae a interviste e foto: come ha fatto recentemente facendosi fotografare per un settimanale con tanto di cartoncino in cui era raffigurato Padre Pio. Ma non era un souvenir, bensì un gioco modellato sul tipo del “Monopoli” dal titolo “Padre Pio è Mio”.

«Mi hanno dato quel gioco simile al Monopoli alla chiesa di Sant’Anna a Foggia – racconta Luis Napolitano  – sono rimasto disgustato; ma come, la vita di Padre Pio che diventa un giocattolo; la vita di un santo giocata coi dati…Non ci ho visto più dalla rabbia: sono andato a San Giovanni Rotondo per protestare, e lì ho trovato che nella saletta vicino alla chiesa mastodontica con pochi euro si può giocare a estrarre un numero per vincere qualche souvenir: Anche questa ci mancava».

Sarebbe, insomma, quella del Monopoli “santificato” l’ultima trovata dei Frati Cappuccini, che aggiunta all’altra iniziativa che riguarda una specie di pesca di beneficienza coi numerini pescati da un bussolotto proprio in una sala poco lontana dal tempio progettato da Renzo Piano, avrebbe fatto storcere la bocca a tanti fedeli e a diversi commercianti venditori di medagliette e di “ricordini” vari. Insomma, una Las Vegas senza tanta metafora, e proprio all’ombra di un Santuario che richiama milioni di pellegrini che, involontariamente, finiscono per alimentare un business che a molti appare indicibile e sconveniente.

Chi ha permesso tutto ciò? I vertici dell’associazione “Padre Pio l’Uomo della Sofferenza”, che ha sede a Torino e che ha portato in Tribunale diverse volte i Cappuccini per la questione della esposizione della salma di Padre Pio e per altro ancora, hanno diramato una dura presa di posizione ufficiale: «E’ stato pubblicato un articolo dal quale emerge che i frati di San Giovanni Rotondo hanno trasformato la Chiesa consacrata da padre Pio, il primo luglio del 1959, in una casa di gioco d’azzardo, detti frati responsabili del convento non hanno il minimo pudore, a presentare nel periodo delle feste di Natale e capodanno il gioco da tavolo tipo "Monopoli". Si ritiene vergognosa e sacrilega, la scelta di questo giocattolo per far soldi. Il giornalista Giuseppe Saldutto, nella sua qualità di vice presidente dell’Associazione Pro Padre Pio – l’Uomo della Sofferenza, chiede le dimissioni dei responsabili del convento di Santa Maria delle Grazie dai loro incarichi, e in particolare del padre guardiano, padre Maria Carlos Laborde, di padre Gianmaria Digiorgio, economo del convento, del rettore padre Francesco Di Leo, e del responsabile dell’emittente Tele Padre Pio, Stefano Campanella, quale responsabile del gioco prodotto esecutivamente da "TelePadrePio", come si evince dal marchio sulla scatola del giocattolo».

LELLO VECCHIARINO