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Vieste/ Assolto dall’accusa di peculato Giuseppe Poliseno, ex comandante della Polstrada

Poliseno: “Tutti i nodi vengono al pettine – ci sono voluti quindici anni, ma è stata finalmente resa giustizia!”

 

Con sentenza n.2046 emessa dalla Corte d’Appello di Bari il 20 novembre 2009 e depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2009, Giuseppe Poliseno, già comandante della locale Sottosezione di Polizia Stradale, è stato assolto “perché il fatto non sussiste” in merito ad una vicenda accaduta nel lontano gennaio del 1995. A quel tempo l’ispettore Giuseppe Poliseno venne raggiunto da un avviso di garanzia con l’accusa di peculato per presunta appropriazione indebita di gasolio della Pubblica Amministrazione a vantaggio della propria abitazione, situata all’interno della sede della Polizia stradale. L’avvio alle vicenda scaturì da una procedura di incriminazione attivata da colleghi del Poliseno. L’opinione pubblica, come spesso accade in simili frangenti, si divise tra innocentisti, che conoscendo il Poliseno faticavano ad accettare come vera una simile ipotesi e colpevolisti che, sia per motivi personali legittimi sia per il lavoro poco gradito svolto, gioirono di vederlo perseguitato. Il Poliseno indignato per essere stato ingiustamente accusato e malamente ripagato del lungo servizio prestato e, soprattutto, per non provocare ulteriori disagi alla propria famiglia (perché in circostanze simili è previsto almeno un trasferimento a titolo cautelativo) si dimise il giorno immediatamente successivo, collocandosi anticipatamente in pensione, avendone già maturato il diritto. Per quindici lunghissimi anni il Poliseno e la sua famiglia hanno vissuto a Vieste in attesa che si venisse a capo di questa vicenda giudiziaria. Ora, con il secondo grado di appello la tesi accusatoria, è stata smontata portando all’assoluzione del ex comandante.
Cosa dice l’ex comandante Poliseno ora che gli è stata resa giustizia? Da buon cristiano, ha spiegato, perdonerà a quanti gli hanno voluto e detto male, e si gode almeno la soddisfazione di comunicarlo ufficialmente, perché le cattiverie eventualmente diffuse vengano sbugiardate a vergogna di chi le ha prodotte e inducano tutti a riflettere sul male che spesso si fa, anche a volte senza immaginare le conseguenze, solo per il gusto di fare “chiacchiere”.