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Droga: decapitato il clan dei Frattollino

Un tempo pusher alle dipendenze del clan dei Ciavarrella; oggi , invece, promotore di un nuovo gruppo criminale dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti sul territorio di San Nicandro Garganico. Disposto a tutto, dunque, pur di gestire autonomamente il mercato illecito della droga; disposto anche a pagare alla famiglia Ciavarrella 50mila euro ogni sei mesi – dicono gli inquirenti. Ecco gli accordi iniziali intrapresi da Valentino Frattollino, capo clan dell’omonimo gruppo organizzato, decapitato questa mattina nel corso di un’operazione portata a termine dai carabinieri del Comando Provinciale di Foggia. 33 le persone arrestate (7 ai domiciliari), due sono ancora ricercate. L’indagine è partita il 12 settembre del 2007 con l’omicidio avvenuto proprio nelle campagne di San Nicandro Garganico di Michele Di Monte, l’allevatore di 31 anni, vicino alla famiglia dei Tarantino. Di lì gli inquirenti hanno accertato che il controllo dello spaccio era passato nelle mani di Frattollino, trait d’union proprio tra i Ciavarrella e Tarantino (con questi ultimi legato da lontani vincoli di parentela) due famiglie notoriamente in guerra tra di loro dagli inizi degli anni ottanta. Il clan era dedito, in particolar modo, allo smercio di marijuana, che produceva in proprio, ma anche di cocaina, eroina e metadone. Droga che veniva venduta al dettaglio nei comuni limitrofi come Torremaggiore e Apricena. Nel corso degli otto mesi di indagini ( settembre 2007 – maggio 2008 ) gli investigatori dell’Arma hanno certificato 780 episodi di spaccio e sequestrato 4242 dosi di stupefacenti. La cessione avveniva per strada; i pusher gli assuntori, invece, comunicavano tra di loro telefonicamente. Criptico, anche in questo caso, il linguaggio usato per far riferimento alla droga: "portami la neve", solo uno degli esempi. A sostituire Valentino Frattollino nella gestione del mercato illecito della droga dopo l’arresto nel marzo del 2008, suo fratello Riccardo. Nel corso del blitz, inoltre, è stato disposto anche il sequestro preventivo di beni come abitazioni, magazzini, garage e autovetture, riconducibili direttamente o indirettamente ad alcuni degli indagati per un valore complessivo di oltre 650.000 euro. Patrimonio – dicono gli investigatori – rinvenuto grazie alle intercettazioni telefoniche in cui veniva fatto esplicito riferimento a veicoli e capannoni. Accertamenti dovuti – concludono gli inquirenti – anche perchè molti degli arrestati dichiaravano redditi che spesso non superavano nemmeno i 100 euro mensili.