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Vieste – LA LUNGA STORIA DELL’ACQUA

Un secolo di battaglia con l’Acquedotto Pugliese — Giannangelo La Torre mitragliere — Una guerra non ancora vinta — Cosa resta da fare
Sono trascorsi ben 100 anni da quando Vieste si dotò di una rete idrica alimentata da pozzi appena sufficienti a servire il borgo e una parte ridottissima di abitazioni. Negli anni trenta e quaranta, il paese si estese molto fuori le sue mura. E finalmente vince nel 1938 la sua prima battaglia con l’Acquedotto: non più solo pozzi potabilmente incontrollati, ma un vero serbatoio di 1.100 metri cubi in località Coppitella, che resterà tale e unico fino al 2001.
Per l’occasione, il periodico provinciale Il foglietto titolò in prima pagina: «Le opposizioni hanno riempito le condotte di Vieste di chiacchiere, il Fascismo le ha riempite d’acqua».
Ben presto tale trionfalismo risulterà poco lungimirante.
Nel secondo dopoguerra crebbe, infatti, la consapevolezza civica dei propri diritti, insieme alla ripresa demografica ed edilizia del paese.
Il «problema dei problemi», la crisi idrica, e le altre tre storiche questioni: disoccupazione-emigrazione, salute e porto marittimo, costituiranno ancora per molti decenni le aspirazioni più angoscianti del paese e dei suoi amministratori.
Petizioni, dibattiti, promesse deluse, scioperi, insomma vere battaglie di popolo animarono i viestani degli anni della ricostruzione, tutti protesi con forte spirito di civiltà alla conquista di diritti essenziali che finanche la giovane Repubblica sembrava continuasse a disattendere, ignorando una città mite, bella, laboriosa, che pur aveva donato fiori di gioventù alla Patria, al mare cruento e alla emigrazione dolorosa. Sono anni di generoso impegno dei viestani e dei loro amministratori, con alla testa l’indomabile Faro di Vieste. Nel frattempo, nel 1951, a Vieste arrivano i primi antibiotici antitifo: l’impegno dei pochi medici d’allora riesce a tenere sotto controllo le epidemie infettive, spesso insorte per la mancanza d’acqua nelle abitazioni ed anche per la insalubrità della stessa.
Nel 1960 l’Amministrazione, con sindaco Giannangelo Latorre, convince l’Acquedotto Pugliese all’acquisto e gestione del pozzo di Mandrione, primo attingimento conforme ai nuovi parametri di potabilità dell’Organizzazione Mondiale dell Sanità, e ancora nel 1970 viene inaugurato l’impianto di dissalazione sempre a Mandrione.
Ma nonostante la buona distribuzione della rete idrica e della sua portata, restò difficile portare l’acqua a tutti: molti proprietari di case in locazione, afflitti dall’equo canone e dal blocco dei fitti, non intesero allacciarsi: ci volle tutto il coraggio dell’allora sindaco Ludovico Ragno che con una centinaia di ordinanze impose il diritto all’acqua per tutti.
Nell’agosto 1983, seconda Amministrazione Ragno, l’abitato di Vieste, nel frattempo esploso con interi nuovi quartieri e con l’ondata turistica, venne finalmente alimentato dall’acquedotto del Fortore.
Gli anni dell’esplosione turistica sono stati difficili: ogni estate un dramma. Vieste centro terminale delle reti nord e sud dell’acquedotto ha vissuto per giorni disagi indescrivibili per  residenti ed ospiti, con grave perdita della sua immagine.
Nasce così la determinazione che la crisi idrica non si può rincorrere storicamente ma può essere debellata solo con soluzioni di «sistema».
Nel dicembre 1994, infatti, il Commissario di Governo della Puglia, prefetto Catenacci, (che nel frattempo aveva approvato e finanziato il nostro progetto di condotta fognaria sottomarina), sottoposto alla pressione costante e quotidiana dell’Amministrazione, convoca un tavolo tecnico permanente per la definitiva soluzione idrica di Vieste e del Gargano. Partecipano al tavolo la Regione, il Genio Civile, Vieste Comune capofila e Acquedotto Pugliese.
Parte il primo protocollo di intesa programmata. Il Consiglio Comunale, repentinamente, nel marzo 1995, delibera la costruzione del più grande serbatoio idrico della Puglia individuandolo nella ex cava di San Luca. Il progetto si classifica al primo posto nella graduatoria dei fondi europei POP Puglia 1997/1999, misura acqua. Costo complessivo 11 miliardi di lire, 10 a carico dei suddetti fondi, 700 milioni a carico del bilancio comunale.
Il serbatoio avrà una capacità di oltre 12.000 metri cubi d’acqua e una portata di 150 litri al secondo a fronte della precedente di soli 70 litri. Potrebbe, dunque, soddisfare l’utenza massima per oltre una settimana senza attingere (in caso di criticità) una goccia di acqua degli adduttori principali. Contestualmente vengono realizzate due grandi condotte idriche, che partendo dal serbatoio si diramano sulla statale 89, lato Peschici e lato Mattinata, per alimentare i rami di rete di distribuzione verso il centro storico, le zone maggiormente urbanizzate, e verso le zone a est comprese fra il cimitero e la Scialara.
Questo poderoso intervento, tuttavia, non ci garantisce ancora la piena sicurezza, se non si porteranno a termine gli altri interventi di complemento previsti nel protocollo di intesa programmata. Chi può garantire, infatti, che l’acqua non manchi nei periodi di crisi se il serbatoio non viene tenuto pieno e a regime?
E siamo arrivati ai giorni nostri.
L’Acquedotto Pugliese, in verità, ha realizzato in questi ultimi anni solo altri pochi punti del protocollo di intesa programmata. Ha portato a termine nei primi mesi di quest’anno due importanti interventi:
1 — la sostituzione nel tratto Cagnano—Carpino della condotta primaria del Gargano nord (realizzata nel 1939), che da giugno scorso ha comportato l’attingimento dei due Comuni dal vecchio vettore e non più dalla condotta del Fortore, con l’importante risultato che da Ischitella a Vieste viaggerà una portata di lt/s 290 a cui vanno aggiunti i pozzi di Romondato (Carpino) con lt/s 25. Tali apporti fanno prevedere per la nostra città un’ estate serena (con molta probabilità);
2 — sostituzione di un tratto di 1400 metri di condotta, completamente corrosa con perdite copiose, nel tratto Macchia-Mandrione dove si sono recuperati altri 4/5 litri/secondo.
Restano ora altri tre obiettivi strategici:
1 — vigilanza sugli attacchi abusivi, a cui deve collaborare anche il nostro Comune finora assente, benché più volte sollecitato; turno notturno dei meccanici-fontanieri sugli impianti di sollevamento di «Ingarano» Sannicandro e «Monte Granata» (Manfredonia) risultando poco efficace il sistema di telecontrollo;
2 — la costruzione sulla condotta Gargano nord di un serbatoio intermedio di linea di 5/10.000 mc su Romondato (Carpino) o su Coppa della Guardia in Foresta Umbra, come riserva idrica della zona costiera da utilizzare nei giorni di criticità;
3. la sostituzione completa della condotta del Gargano nord, a tratti iniziata (come abbiamo visto) ma con tempi troppo lenti.
Questa ultima condotta è costruita in «eternit». I terremoti, i guasti, e gli attacchi abusivi ne hanno fatto un colabrodo, con conseguenze che possono incidere sulla salute degli abitanti. Evitiamo gli allarmismi, ma sollecitiamo l’estrema e urgente necessità che tale completamento venga realizzato presto, presto, presto!
Se portiamo a termine queste opere avremo vinto la battaglia di un secolo per una città più civile e accogliente e daremo senso all’impegno di quegli amministratori del passato che ci hanno creduto e di quei dipendenti dell’ AQP che hanno collaborato con spirito di sacrificio e competenza, fuori dagli orari di lavoro e senza gratifiche economiche, a migliorare il sistema e a superare le tante giornate di emergenza.
E’ giusto ricordarli, almeno quelli più recenti: il geometra Franco Lucatelli, tecnico stimatissimo dell’AQP, ispiratore e sostenitore presso l’ente del nostro nuovo serbatoio; Renzo Danese, che ha vigilato egregiamente sulla nostra salute con il suo coscienzioso controllo della qualità idrica; l’insostituibile Franchino Mastromatteo, pronto ed instancabile ad affrontare anche le crisi più difficili, con i colleghi Pino Olivieri, Lillino Rosiello, Giulio Notarangelo e Donato Latino.
A tutti grazie, e soprattutto a te caro Giannangelo Latorre, che un già lontano giorno fosti chiamato dal Prefetto per dar conto della tua temeraria sfrontatezza istituzionale, quando ancora una volta inascoltato ed esasperato dinanzi alla ennesima crisi d’acqua, trasmettesti a lui e all’acquedotto il famoso telegramma: «Se i fili del telegrafo fossero di piombo avrei inviato non esortazioni ma pallottole per seppellire la vostra indifferenza».
Domenico Spina Diana