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Vico e l’invasione delle villette spacciate per case rurali

Una”corsa alla città”. Un ritorno alla seduzione del vecchio palazzotto signorile con merli guelfi e torrette squadrate o circolari, da cui dominare la valle e il mare.

E ciò che sta avvenendo sulle colline di Vico del Gargano, dove più di duecento case rurali, edificate su terreni agricoli, sono diventate ville monofamiliari di gusto eterogeneo. Si va dalle residenze hollywoodiane con lastre di granito e ambienti a vista alle baite del Trentino con tetti spioventi. La città amministrata dal sindaco democratico Luigi Damiani fa parte della rete dei Borghi più belli d’Italia, i piccoli centri che sono il fascino dell’Italia “nascosta”. Ebbene, l’attuale fermento edilizio delle campagne di Vico, che sta deturpando senza rimedio il paesaggio e l’orizzonte garganico che si fonde con il centro storico, non ha caratteri offuscati o celati. Tutto è più che visibile, privo di una pianificazione territoriale mirata a salvare quel territorio italiano, che è stato il miracoloso risultato di secoli di armonica interazione fra l’essere umano e la natura.
Le ville che si mostrano in tutta la loro pretenziosità in località Mannarella o a Coppa della Guardia, verso le direttrici che conducono a Monte Sant’Angelo o ad Ischitella e lungo le quattro discese che portano a San Menaio, sono frutto di un abusivismo raffinato e più osceno, per certi versi, di quello perpetuato a Peschici o sull’istmo di Lesina e Varano. A Vico non c’è nessuna esigenza turistica, nessuna ambizione produttiva. Nessuna urgenza abitativa. Ogni abitante vichese possiede 1,2 appartamenti. A 8000 cittadini corrispondono ben 9000 alloggi. Il terreno agricolo negli ultimi dieci anni, con una perfetta continuità amministrativa che passa per Piero Amicarelli e congiunge Luigi Damiani a Matteo Cannarozzi, è stato sottratto all’agricoltura per divenire luogo di urbanizzazione difforme. E quelle che sono registrate come case rurali, corredate di regolari permessi di costruzione, anche ad uno sguardo svagato appaiono dei cottage dal valore di qualche centinaia di migliaia di euro. L’agricoltura è moribonda, ma i coltivatori diretti a Vico hanno risorse sufficienti per costruire case rurali esplosive. Gli escamotage per realizzare la trasformazione delle case di campagna e dei fabbricati, destinati al lavoro della terra, in lussuose residenze extra urbane a più piani, sono disparati. Le interpretazioni del diritto urbanistico, ampie e labili. Anzitutto, solo i cittadini con qualifica di coltivatore diretto, proprietari di almeno un ettaro di terreno, possono edificare un immobile per riparare il proprio lavoro o gli animali. Come si raggiunge l’ettaro necessario all’edificazione alla presentazione del progetto? Basta esibire un contratto di locazione, stipulato in qualsiasi altro agro. Le particelle, infatti, non devono essere necessariamente contigue. La casa rurale non può superare una superficie abitabile di 200 metri quadri? Niente paura, gli spazi sono suscettibili di variazioni. Tutto quello che è al di sotto del livello stradale non fa cubatura. L’abusivismo legalizzato e conforme ai regolamenti a Vico è tale che si moltiplicano interi piani interrati, si predispongono collinette artificiali, atte a camuffare il reale livello del suolo. Al soggetto che richiede permesso di costruire basta essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale ai sensi dell’art. 12 della Legge O9/05175n. 153. Nella sua richiesta è legittimato in quanto proprietario; soggetto avente titolo (superficiario, enfiteuta, usufruttuario, titolare di servitù prediale, locatario, affittuario agrario, concessionario di terre incolte, beneficiano di provvedimento di occupazioni di urgenza, concessionario di bene demaniale, azienda erogatrice di servizi, titolare di diritto derivante da provvedimento dell’Autorità Giudiziaria o Amministrativa, amministratore di condominio, assegnatario di aree PEEP o PIP); titolare di negozio giuridico, che consenta l’utilizzazione giuridica dell’immobile o gli attribuisca la facoltà di presentare il progetto edilizio e di eseguire i lavori; o di rappresentante legale di persona giuridica.
L’opera più poderosa dell’amministrazione Damiani è la redazione del Pug, che dovrebbe essere mostrato al Consiglio comunale in tempi brevi, ma oggi ha ancora senso regolamentare la griglia urbanistica comunale, quando le lottizzazioni sono ormai state effettuate? Come saranno inquadrate le ville del paesaggio compromesso? Come si legge nel prospetto da presentare allo Sportello Unico per l’Edilizia di Vico del Gargano diretto dall’architetto Elio Aimola, possono essere inventariati sotto il nome di case rurali diverse tipologie di lavori. Prima tipologia: la ristrutturazione edilizia ossia quell’intervento rivolto a trasformare un organismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un complesso edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tale intervento comprende il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nell’ambito dell’intervento di ristrutturazione edilizia è ricompreso anche quello consistente nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.
Seconda: la nuova costruzione, di cui le campagne vichesi abbondano. Terza: la costruzione di un manufatto edilizio fuori terra o interrato oppure l’ampliamento di quello esistente all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali. Si tratta della installazione di manufatti leggeri o anche di prefabbricato e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini. Quarta: la realizzazione di infrastrutture e impianti anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato. Quinta: l’intervento pertinenziale che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come intervento di nuova costruzione, o che comporti la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale. Sesta: la realizzazione di un deposito merci o di materiali. Settima: la realizzazione di impianto di attività produttive all’aperto. Niente di tutto questo è stato tradotto in realtà a Vico. La campagna appare, invece, soltanto invasa da ville sontuose. Nell’ultimo rapporto dell’associazione Italia Nostra “La tutela negata” per quel che concerne la Puglia e in particolare il Gargano si evidenzia che la regione amministrata dall’assessora all’Urbanistica Angela Barbanente dispone di un piano urbanistico territoriale tematico per il paesaggio (Putt/p) del 2000 che non ha posto un argine al malgoverno del territorio, al sovradimensionamento dei piani, al dilagare dell’abusivismo. Nel 2010 è stata adottata la proposta di nuovo piano paesaggistico. L’associazione ambientalista ha attivamente seguito l’iter di formazione e ha contributo alla procedura Vas, ma, si legge nel rapporto, si ritiene insoddisfatta dei risultati raggiunti dal momento che teme che “la democrazia partecipata” di cui sono permeate le norme possa non essere efficace nel contrastare progetti di manomissione del territorio. Come agirà il Pug di Damiani? La vista del mare e del centro storico è ormai ostruita da tetti alpini e colonne corinzie. Con le carte in regola.

Antonella Soccio
L’Attacco