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Vieste/ Ricercato da 9 mesi per narcotraffico ma l’accusa comincia a scricchiolare

La Cassazione annulla il provvedimento di cattura di Angelo Notarangelo e ordina ai giudici di riesaminare la posizione dell’indagato che resta irreperibile. La Cassazione accoglie il ricorso della difesa e annulla con rinvio l’ordinanza di custodia cautelare firmata il 22 febbraio scorso dal gip di Trento nei confronti del viestano Angelo Notarangelo , 33 anni, coinvolto in un blitz antidroga coordinato dalla direzione distrettuale antimafia di Trento, latitante dal giorno della maxi-operazione antidroga che portò all’emissione di 72 provvedimenti di cattura tra Nord Italia, Calabria e Gargano. Il viestano soprannominato «u’ cintaridd» resta ancora un ricercato per la Giustizia (è il numero due dei «wanted» foggiani); però se la Suprema Corte dovesse aver accolto in toto la tesi difensiva dell’avv. Carlo Mari – e questo lo si saprà quando nei prossimi giorni verranno depositate le motivazioni della decisione – questo potrebbe anche portare alla revoca del provvedimento di cattura nei confronti del garganico. Al momento la Cassazione ha ordinato al Tribunale della libertà di Trento, che in marzo respinse il ricorso difensivo, di riesaminare la posizione di Notarangelo. Nel frattempo però l’inchiesta è stata trasmessa per competenza alla Dda di Trento ai colleghi di Milano. «Una volta lette le motivazioni della Cassazione» commenta l’avv. Mari «presenterò al gip del Tribunale di Milano istanza di revoca del provvedimento restrittivo».
L’inchiesta sul narcotraffico ruota su un’organizzazione radicata in Lombardia e capeggiata da un marocchino, che si sarebbe rifornita di tonnellate di hashish in Marocco via Spagna; di cocaina dall’Olanda, di eroina dai paese balcanici. A Notarangelo si contesta, sulla scorta di intercettazioni telefoniche nei confronti del marocchino, di essersi recato a Milano il 22 maggio del 2008 per acquistare dal presunto narcotrafficante 2 chili e mezzo di cocaina e hashish in cambio di una ingente somma, «riuscendo solo parzialmente a concludere la transazione», stando alla tesi accusatoria. L’avv. Mari nel ricorso al Tribunale della libertà di Trento prima (dove aveva anche eccepito l’incompetenza dei giudici a pronunciarsi sulla vicenda dovendo spettare alla magistratura milanese visto che era li radicato il presunto clan, tesi allora rigettata ma poi fatta propria dalla Dda) e in Cassazione dopo ha sostenuto che Notarangelo per stessa ammissione dell’accusa non conosceva il marocchino, il che rappresenta già una crepa nell’accusa di traffico di droga. Ma il difensore, citando telefonate intercettate tra il marocchino e un foggiano residente a Milano che avrebbe fatto da intermediario per l’acquisto della droga da parte di Notarangelo, ha rimarcato l’ira dello straniero nei confronti del mediatore dopo il presunto incontro con il viestano. Questo perchè – argomenta la difesa – col presunto cliente presentato dal mediatore per l’acquisto della droga in cambio di 300mila euro, in realtà non si sarebbe mai parlato della fornitura di stupefacente perchè Notarangelo non aveva le intenzioni e la possibilità di condurre in porto l’affare. In definitiva – ha sostenuto l’avv. Mari – non ci si trova nemmeno davanti ad un tentativo di acquisto di droga, perchè la trattativa (ammesso e non concesso che ci sia stata) non si è mai nemmeno avviata.