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Vieste/ Ammazzati e bruciati. Ora si cerca il movente

Cronaca del decimo giorno, il più tragico per la famiglia Piscopo.

 

Li ho visti crescere, con Martino ci siamo salutati anche il giorno prima che sparisse con Giovanni. C’è una ferocia, c’è una “spietatezza” in quello che gli hanno fatto,- qualcosa di grosso ci deve essere. Cosa? E chi lo sa, i familiari non riescono proprio a immaginarselo». Scuote la testa un amico di Giovanni e Martino Piscopo nel volgere lo sguardo verso altri due componenti della famiglia Piscopo, Giuseppe e Bartolomeo. Anche i due fratelli degli imprenditori scomparsi 10 giorni fa ed i cui cadaveri bruciati sono stati rinvenuti ieri mattina, sono lì insieme ad alcuni amici, bloccati dai carabinieri sulla statale 89, la strada interna che da Vieste conduce a Peschici. L’unico che fa festa, scondinzola, fa incetta di carezze (ma un cameramen con un panino rifiuta di dargliene un pezzo) è un cane randagio, un pastore tedesco notato accanto all’auto bruciata ed ai cadaveri, poi portato giù dalla Forestale. Il luogo della morte è in contrada «Posta del telegrafo», in agro di Peschici ai confini con quello vietano: la radura si trova praticamente in mezzo tra la litoranea Peschici-Vieste (quella percorsa dalle vittime il giorno della scomparsa) e la strada interna, la statale 89, che copre lo stesso tragitto. Cinque carabinieri della «Cio» (compagnia d’intervento operativo di Bari) e guardie forestali bloccano l’accesso a cronisti, cameramen, fotografi e curiosi al tratturo che porta alla radura della morte, un paio di chilometri più su. Sbarramento che verrà tolto alle 5 di pomeriggio, quando il furgone di una impresa di pompe funebri avrà trasportato i resti dei due cadaveri, ed un’autogru trainato la carcassa dell’«Alfa 156 station wagon», l’auto al cui interno Giuseppe e Martino Piscopo sono stati uccisi a fucilate e pistolettate, per poi dar fuoco a macchina e cadaveri. Un cielo grigio che minaccia pioggia (risparmiandola) fa da scenario alla giornata numero 10 della scomparsa dei due fratelli, la giornata più temuta. Che Giovanni e Martino Piscopo potessero essere morti, ammazzati, lo si era temuto man mano che passavano le ore, i giorni, col telefonino di Martino a squillare prima à vuoto per poi diventare muto. Alle 10 scatta l’allarme, dopo il rinvenimento dell’auto bruciata con due corpi carbonizzati dentro. Ufficialmente i corpi non sono stati identificati, ufficialmente.
Trenta carabinieri della «Cio» e 15 guardie forestali, componenti di un nucleo incaricato esclusivamente delle ricerche, iniziano la battuta alle 6.30: sino a sabato si erano concentrati in Foresta Umbra, battendola palmo a palmo, seguendo sentieri conosciuti solo dai forestali. Ieri mattina l’attenzione si concentra sulla zona ai confini tra Vieste e Peschici: alle 10 notano nella radura la carcassa dell’«Alfa 156 station wagon», vista sfrecciare sulla litoranea in concomitanza con la sparizione dei due imprenditori.
In località «Posta telegrafo» confluiscono le pattuglie dei carabinieri della tenenza viestana, della compagnia di Vico del Gargano, del reparto operativo di Foggia. Arriva il pm Pasquale De Luca della Procura lucerina: gli esperti della «scientifica» e i medici legali fotografano tutta la zona, eseguono rilievi su ciò che resta dei corpi e sull’auto. Sono le 14.45 quando un’auto dei carabinieri accompagna sul luogo del delitto anche il sindaco viestano, Ersilia Nobile.
Quello che molti immaginano e tanti temono lo conferma alle 12.40 il capitano Angelo Pisciotta, comandante della compagnia carabinieri di Vico, bloccato dai cronisti mentre si allontana per qualche minuto dal luogo del duplice omicidio: «nella tarda mattinata odierna, nel
corso delle ricerche per la scomparsa dei fratelli Piscopo, abbiamo rinvenuto la carcassa di un’auto. Sì, è un”Alfa 156 station wagon”, con dentro i resti carbonizzati di due persone. I corpi erano sul sedile posteriore, nella portiera posteriore destra ci sono 4 fori d’arma da fuoco: sul posto abbiamo repertato 7 bossoli di pistola calibro 7.65 ed una cartuccia di fucile». Si saprà dopo dalle prime analisi che almeno 3 pistolettate e il colpo di fucile caricato a pallettoni sono andati a segno.