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Bordo punge la mafia che vuole il turismo, Manzionna invece “non ci crede proprio”

L’imprenditore viestano esclude che l’omicidio sia un messaggio al loro settore.

 

“Non abbiamo nessuna paura, perché non credo proprio fosse un messaggio a noi operatori del turismo”. E’ la risposta secca di Luigi Manzionna, pioniere del turismo a Vieste e memoria storica del settore, alle voci che si rincorrono sul possibile movente che avrebbe portato al duplice omicidio dei fratelli Piscopo, ossia ad una sorta di avvertimento firmato dalla mafia agli operatori turistici. “Non credo proprio — ha risposto a l’Attacco l’imprenditore, proprietario di sette
strutture, tra alberghi e villaggi, con trecento dipendenti, nonché ex-presidente del ‘Consorzio operatori turistici pugliesi — non credo affatto che si tratti di un messaggio a noi imprenditori del turismo. Non riesco a spiegarmi cosa possa essere successo perchè conoscevo bene i due e l’epilogo della storia ci ha lasciato tutti assolutamente increduli”. Manzionna esclude che sia un messaggio rivolto all’imprenditoria turistica, così come aveva invece dichiarato il componente della Commissione bicamerale Antimafia Michele Bordo, anche perché “è vero che i Piscopo erano imprenditori turistici ma spaziavano tra turismo e agricoltura” alludendo, forse, al fatto che non fossero proprietario di chissà quali beni. Tesi confermata dai fatti, perché la lo struttura è un villaggio turistico medio, ma a lavorarci sono 8 fratelli, quindi i guadagni dei Piscopo, come è emerso anche dalle indagini non sono così sterminati, tutt’altro. “Noi brancoliamo nel buio – ha proseguito Manzionna — e tra di noi ne parliamo continuamente, ma ormai veramente c’è poco altro da dire fin quando gli inquirenti non troveranno altre tracce utili”. Manzionna non crede affatto alla pista dell’avvertimento all’intero settore imprenditoriale del turismo: “No, anche io ho subito degli avvertimenti. Bungalow e macchine bruciate — ha raccontato l’imprenditore — ma sono episodi che risalgono a venti anni fa e poi qui parliamo di omicidio, mafia, mentre gli episodi che le ho raccontato riguardavano questioni di guardiania” . E’ vero però che la botta si è sentita:
“Certo questo episodio, cinicamente parlando, non ci fa una buona pubblicità, ma come categoria non ci sentiamo attaccati, semplicemente non ci capacitiamo ancora di cosa possa essere successo, proprio ai Piscopo, che erano persone così oneste”. Le piste che nelle ultime ore i magistrati stanno seguendo di più sono quelle legate alla famiglia Notarangelo. Sul luogo del delitto, all’interno dell’auto sono state ritrovate un paio di manette e dello scotch da imballaggio. Questo, secondo gli inquirenti, dimostrerebbe che i due siano stati interrogati e forse anche torturati. Modalità mafiose, confermate sia dalle fasi che hanno portato alla cattura dei due, sia dall’esecuzione. Anche questo ha portato gli inquirenti sulla pista Notarangelo. Angelo Notarangelo, fino al 22 settembre scorso era un latitante. Prima di essere arrestato, aveva trovato ospitalità nel territorio viestano per sfuggire alla cattura. Una delle ipotesi che stanno seguendo gli inquirenti è quella legata ad un’eventuale richiesta di ospitalità da parte di Notarangelo ai fratelli Piscopo. Al rifiuto dei due, forse, i Notarangelo non avrebbero reagito bene. Questa potrebbe essere un movente che, nella cultura mafiosa, potrebbe aver portato al duplice omicidio. “Non lo so — ha chiuso Manzionna – conoscendo i due, non riesco a spiegarmi assolutamente cosa possa essere successo. Se possano aver visto qualcosa che non dovevano vedere”. Le parole sono finite. Anche per tutti i viestani, compreso l’arcivescovo di Manfredonia-Vieste- San Giovanni Rotondo, Michele Castoro “E’ il momento del silenzio e della solidarietà”. Intanto la famiglia Piscopo spera ancora che le analisi del Dna dimostrino che i corpi non siano quelli dì Giovanni e Martino.

Luca Preziusi
L’Attacco