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Cagnano Varano/ Sfigurati con la lupara si segue la pista mafiosa

Il procuratore capo Seccia: "Un agguato garganico". Si indaga sugli eventuali contatti di Pietro e Sante Zimotti con i clan della zona, in particolare con quello egemone dei Li Bergolis. Oggi a Bari la commissione antimafia

 

Li hanno aspettati nel bosco, lì dove sapevano di braccarli, li hanno inseguiti e uccisi a colpi di lupara. Poi sfigurati, con pallettoni al viso, come la mafia usa fare sul Gargano da decenni. Un vero e proprio commando ha sorpreso martedì mattina, nelle campagne fra Cagnano Varano e Carpino, cuore del promontorio foggiano, Pietro e Sante Zimotti, padre e figlio, di 47 e 26 anni.

«Un agguato garganico», lo definisce il procuratore capo di Lucera, Domenico Seccia, che questa mattina terrà una riunione con il pm titolare del fascicolo Elisa Sabusco e i carabinieri del Comando provinciale di Foggia. E l’espressione già inquadra le modalità di un delitto che per molti aspetti ricorda quello dei fratelli Piscopo, uccisi tra Peschici e Vieste, ma anche tutti gli altri, 141 in dieci anni, che hanno insanguinato viuzze e pascoli.

Martedì mattina, i killer li hanno attesi nel “Bosco Quarto”, che si trova poco distante dalla loro azienda agricola ed è zona nota agli inquirenti per essere stata in più occasioni, e in un passato non troppo lontano, rifugio per i latitanti. L’agguato è scattato verso le 10, non appena i Zimotti sono arrivati per raccogliere legna.

Almeno due le armi che hanno sparato, ma il commando che li ha sorpresi potrebbe essere stato molto più nutrito. Hanno fatto fuoco con fucili a canne mozze, “sovrapposti” li definiscono gli esperti, quelli cioè che non lasciano bossoli. Lo stesso tipo di armi utilizzato in numerose esecuzioni, negli ultimi anni. Pietro e Sante hanno tentato di scappare, invano: hanno colpito uno alla schiena, l’altro alla coscia, al torace e infine in pieno volto.

E i cadaveri sono rimasti lì, nascosti dagli alberi, fino a sera quando i carabinieri li hanno trovati: ad avvisarli erano stati i familiari, che non avevano più notizie di loro dal mattino. L’ultima chiamata sul cellulare di Sante, verso le 10.30, era andata a vuoto perché il telefonino risultava non raggiungibile, forse danneggiato dai colpi di doppietta.

Altre armi, ancora armi, una elevata disponibilità nelle mani di tanti, lì sul Gargano, come aveva evidenziato il procuratore Seccia, non più tardi di sabato scorso, durante il vertice antimafia tenutosi a Vico alla presenza del sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano. E oggi, all’indomani dell’ennesima esecuzione, si ricomincia da zero, interrogando persone potenzialmente informate sui fatti, si eseguono perquisizioni, si cercano armi e movente.

I due Zimotti non risultano avere particolari precedenti penali, a eccezione di qualche denuncia per minacce, lesioni e pascolo abusivo. Ma questo non esclude che i due possano aver avuto rapporti con personaggi legati ai due clan mafiosi della zona, quello dei Li Bergolis, in particolare, che nonostante la cattura del capo, continua a essere il più potente nella zona.

Gli inquirenti, che non tralasciano alcuna pista, inclusa quella dei contrasti privati, stanno anche valutando l’ipotesi che avessero interessi nello spaccio di droga sul Gargano, un’attività come sempre molto fiorente e appannaggio dei gruppi criminali. Un business che, manco a dirlo, rientra a pieno titolo tra gli affari dei Li Bergolis, gestiti dai referenti del boss nelle varie zone: ancora in libertà, nonostante la massiccia caccia all’uomo, c’è Angelo Notarangelo, emissario su Vieste, ma anche Giuseppe Pacilli, braccio destro di Franco Li Bergolis, con coperture in tutto il Gargano e in particolare nelle campagne di Monte Sant’Angelo.

E, intanto, l’allarme destato dal nuovo fatto di sangue ha indotto gli inquirenti a convocare un nuovo vertice, proprio a Monte Sant’Angelo. Lunedì prossimo, così com’era già avvenuto il 4 dicembre scorso dopo il ritrovamento dei corpi dei fratelli Piscopo, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano parteciperà a una riunione con il prefetto di Foggia, Antonio Nunziante, i vertici delle forze dell’ordine e i sindaci dei Comuni garganici. Una iniziativa voluta dagli stessi sindaci per definire strategie di supporto alla lotta contro la mafia della zona.