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Cadaveri di immigrati nelle reti

"I pescatori li ributtano in mare".  Ma non un pescatore di Vieste che ha chiamato la polizia.

 

La storia è questa. Gira da settimane tra i pescatori e le capitanerie di porto, ora viene confermata anche da fonti di polizia. Capita da tempo che i pescatori, in particolare nella zona del Gargano, davanti a Zapponeta e in un alcuni tratti della costa adriatica del Salento, tirino su insieme con le reti da pesca non pesci ma uomini. Stranieri, quasi sempre neri. È sempre accaduto, ma ultimamente il fenomeno si sta verificando sempre più spesso.

Così come sempre più spesso dai pescherecci fanno a gara per disfarsi di quei cadaveri rimasti impigliati nelle reti: tirati su vengono immediatamente ributtati a mare. «Lo fanno spiega una fonte autorevole di polizia giudiziaria per evitare con noi problemi, seccature, danni: dovrebbero essere interrogati, spiegare in che situazione li hanno tirati su, spesso tra l’altro pescano fuori legge, quindi preferiscono far finta di niente. E ributtano i corpi in mare».

La settimana scorsa un pescatore, al largo di Vieste, non ha girato la testa. Ma ha chiamato la polizia. E così, da quel cadavere sconosciuto, è nata un’inchiesta che offre un’ulteriore conferma a questa tesi. «Certamente le carrette che arrivano, soprattutto in questo periodo di maltempo, sono soltanto una parte di quelle che partono. Spesso i ragazzi vengono buttati a mare e per noi è impossibile trovarli.».
Secondo l’analisi degli investigatori, e come conferma anche la Dia (Direzione investigativa antimafia) nella sua ultima relazione semestrale, il traffico di esseri umani rappresenta una delle emergenze criminali pugliesi. La posizione geografica che facilita le rotte unita a un buon radicamento delle mafie straniere sul territorio, fanno della Puglia un porto ideale verso l’Est. Da un punto di vista di geografia criminale, la Puglia è divisa sostanzialmente in tre zone. Quella Nord, e dunque il foggiano e tutta la Capitanata, è in mano a polacchi e bulgari. Gli stranieri arrivano in pullman con la promessa di lavorare nei campi.

Spesso vengono sfruttati e schiavizzati, come hanno dimostrato le indagini della magistratura. Le donne vendute. Ultimamente arrivano anche cittadini extracomunitari, in particolare dai paesi dell’Unione sovietica. Entrano con un permesso turistico oppure con documenti falsi, fenomeno questo un tempo raro e ora invece sempre più diffuso. Una seconda zona è invece il Salento, terra di sbarchi. Il canale è lo stesso utilizzato dagli spacciatori per il traffico di sostanze stupefacenti: il vecchio canale d’Otranto. Il punto di partenza non sono però più le coste dei paesi balcanici ma le 300 isole greche. La rotta è la stessa delle sostanze stupefacenti: si parte dall’Asia (Iraq, Afghanistan, Pakistan) si passa dalla Turchia e si raggiunge la Grecia. A questo punto si parte verso l’Italia.

Sempre meno frequenti i viaggi con i vecchi e veloci gommoni di una volta. Il viaggio si fa a bordo di barche turistiche, in particolare quelle a vela, danno meno nell’occhio. Quest’estate sono stati più di una decina gli sbarchi con natanti turistici intercettati dalla Finanza. Dopo un vertice ad agosto, le forze di polizia hanno intensificato i controlli e gli sbarchi, per lo meno quelli intercettati, si sono diradati.
Non conosce crisi invece il terzo canale di arrivo degli immigrati, quello che riguarda più direttamente Bari. I tir. Sono di lunedì le foto delle gabbie nascoste nel cassone di un camion che arrivava da Patrasso a Bari. Era uno dei tanti. Ogni giorno sono decine e decine i ragazzi che, con l’assenso dei camionisti o abusivamente, si nascondono tra le ruote dei mezzi, nella merce, si arrampicano sotto il camion sperando di farla franca ai controlli.

Non sono avventori, ma dietro questo tipo di trasporto c’è un’organizzazione criminale. Lo ha dimostrato il 7 aprile scorso la Questura di Brindisi nell’operazione Human Carries quando arrestò trenta persone tra iracheni, turchi, greci, bulgari, polacchi, albanesi, pachistani e italiani. L’organizzazione faceva arrivare iracheni dalla Grecia nei porti di Brindisi, Ancona, Bari e Venezia. Da qui i clandestini venivano trasportati a Roma e Milano per poi accompagnarli in località di confine come Ventimiglia e Bolzano. Da qui partivano poi per il Nord Europa: Olanda, Norvegia e Finlandia su tutti.

GIULIANO FOSCHINI

La Repubblica