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Ultimo Natale per le buste di plastica: dal primo gennaio 2011 scatta il divieto

Dal primo gennaio sarà proibito usare, per la spesa, sacchetti non biodegradabili.

 

Ogni anno, sono prodotte oltre 260 mila tonnellate di sacchetti di plastica, con un consumo di petrolio pari a quello di 160 mila automobili. Sacchetti che molto spesso non vengono smaltiti correttamente, con gravi danni per l’ambiente. E’ una scelta moderna, in linea con la sensibilità dei cittadini che saranno ben contenti di contribuire col proprio comportamento a una maggiore attenzione all’ambiente. Le buste di plastica stanno già registrando un evidente calo nella diffusione e nell’uso; molte catene della grande distribuzione hanno iniziato a farne a meno già da mesi, distribuendo sacchetti in bio-plastica o mettendo in vendita borse di stoffa o tela, che possono essere utilizzate sempre. Ma anche i comuni  stanno facendo la loro parte. Circa 150 amministrazioni locali, con Torino in testa, hanno già vietato l’uso dei sacchetti di plastica e hanno promosso campagne di sensibilizzazione per scoraggiare l’uso delle buste tradizionali a favore di quelle alternative. Ma c’è di più, perché secondo un sondaggio di Legambiente, effettuato in 80 città del nostro Paese, gli italiani sono molto favorevoli a portare la spesa nei sacchi di tela o nelle sportine di stoffa. In fondo, oltre ad avere un minor impatto ambientale, sono anche molto comode, perché più grandi e resistenti, soprattutto nei casi in cui si trasportano lattine di metallo e barattoli di vetro. Le sanzioni previste dai  Comuni  serviranno senza alcun dubbio a incentivare gli utilizzi di questi contenitori a ridotto impatto ambientale: le autorità hanno infatti stabilito una multa tra i 25 e i 250 euro per tutti gli esercizi commerciali che non si doteranno dei sacchetti ecologici.
Quanti si comportano secondo le regole?
Quante volte si vedono delle degnissime persone che si dichiarano fedeli amici dell’ecologia, ma poi nelle vita quotidiana si comportano in maniera esattamente contraria a quanto dicono di essere.
 Come riconoscere i sacchetti biodegradabili?  – Un aiuto dalle norme UNI 13432
All’interno del triangolo (simbolo del riciclo) riportato sulla busta, non deve comparire il numero superiore a 06 (es. il numero 07 indica che la busta non è riciclabile).
Con la norma tecnica armonizzata del 2002 (EN 13432), l’Europa ha chiarito che il sacchetto è a norma se oltre alla biodegradabilità è certo che si degradi in un processo di compostaggio entro 12 settimane e per una quota almeno del 90%.
 Gli italiani, sono tra i primi consumatori di sacchetti di plastica in Europa, con un utilizzo medio annuale pro capite di circa 300 buste, per un totale di circa 25 miliardi di pezzi.
La motivazione principale di tale divieto è l’inquinamento: per smaltire una singola busta di plastica, all’ambiente occorrono in media 2 secoli e per produrne 200mila tonnellate devono essere bruciate circa 430mila tonnellate di petrolio.
Nemmeno il riciclo può essere d’aiuto visto che in termini economici riciclare 1 tonnellata di sacchetti costa sui 4.000 dollari, ovvero 100 volte più che produrli.
I sacchetti di plastica creano enormi danni all’ecosistema. Sopravvivono nell’ambiente fino a 1.000 anni e  causano ogni anno la morte di 100mila mammiferi marini (nello stomaco dei capodogli spiaggiati a Lesina vi erano delle buste di plastica).
Nel mondo se ne consumano più di 1.000 miliardi l’anno, in Europa cento miliardi (pari a circa 12 milioni di barili di petrolio), venti miliardi solo nel nostro Paese.
In pratica ogni italiano, neonati compresi, usa più di 300 sacchetti di plastica l’anno, equivalenti a 8 chili di CO2 a testa.
Paesi come Irlanda, Svizzera, Spagna, Belgio, Olanda e Germania li hanno fortemente tassati, riducendone il consumo anche del 90 per cento. In altri, tra cui Francia e California, sono stati vietati.
Franco Di Cosmo

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