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Peschici/ Il sindaco resta ai domiciliari

Decisione del Tribunale della Libertà, cade però l’accusa di associazione per delinquere.

 

Cade l’accusa di associazione per delinquere, ma restano comunque agli arresti domiciliari per singole ipotesi di reato i principali indagati – tra cui sindaco, assessore e consigliere
comunale – del blitz «Clessidra». Furono arrestati dai carabinieri lo scorso 3 dicembre nell’inchiesta della Procura lucerina su presunti appalti pilotati al Comune di Peschici per favorire imprenditori e amministratori, che portò all’emissione di 23 ordinanze di custodia cautelare (11 in carcere, 12 ai domiciliari) da parte del gip del Tribunale di Lucera: gli indagati si dicono innocenti. Il Tribunale della libertà di Bari ha esaminato nei giorno scorsi il ricorso di alcuni dei principali indagati,
inizialmente finiti in carcere in occasione del blitz e che una settimana dopo erano stati posti ai domiciliari dallo stesso gip Filomena Mari, firmatario dei provvedimenti restrittivi. I difensori (il collegio difensivo è composto dagli avv. Michele Curtotti, Gianluca Ursitti, Paolo D’Ambrosio, Domenica Afferrante, Giovanni Maggiano, Fasanella) chiedevano ai giudici del riesame la rimessione in libertà del sindaco Domenico Vecera; dell’assessore Michele Vecera ; del consigliere comunale Giovanni Corso; del responsabile del terzo settore tecnico del Comune Massimo D’Adduzio; degli imprenditori Rocco Caputo di Peschici e Francesco Del Buono di Foggia. Il Tribunale della libertà, pur accogliendo il ricorso difensivo limitatamente ad alcuni capi d’imputazione, per il resto ha ritenuto che sussistano ancora esigenze cautelari e rigettato la richiesta difensiva di revoca degli arresti domiciliari. I giudici del riesame hanno ritenuto che non ci siano elementi per ipotizzare il più grave reato di associazione per delinquere contestato dalla Procura e dal gip a 8 indagati; hanno ritenuto regolare la gara d’appalto indetta dal Comune di Peschici vinta dalla impresa foggiano «D.B» di Del Buono e relativa alla sistemazione delle strade danneggiate dall’incendio del luglio 2007 che causò la morte di 3 persone e l’evacuazione di 4mila tra turisti e peschiciani (venuta meno quindi l’accusa di turbativa d’asta), ma ritenuto sussistenti sempre in relazione a questo appalto le accuse di truffa su presunti subappalti fatti dalla «D.B.» e quella di corruzione, perchè sarebbe stato assunto personale indicato da alcuni amministratori; hanno escluso l’accusa di corruzione per l’architetto D’Adduzio in relazione ad un appalto per lavori di sistemazione della viabilità. Ma per il resto delle accuse (gli indagati rispondono a vario titolo di associazione per delinquere, turbativa d’asta, truffa, falso, corruzione) i giudici hanno confermato il quadro probatorio.
Nei prossimi giorni saranno depositatele motivazioni della decisione del Tribunale della libertà, importanti soprattutto su uno dei punti centrali dell’accusa: l’esistenza di un comitato d’affari composto da alcuni amministratori e imprenditori che decideva gli appalti al Comune peschiciano. Tesi contestata da indagati e loro difensori ed accolta dal Tribunale della libertà. Per pm e gip «il numero degli episodi criminosi accertati è sintomatico dell’esistenza di una vera e propria associazione per delinquere finalizzata al commissione di una serie indeterminata ed eterogenea di delitti contro la pubblica amministrazione, che condiziona pesantemente l’azione amministrativa del Comune in un settore decisivo ai fini del raggiungimento di quei livelli di efficacia della gestione pubblica che dovrebbe caratterizzarla». Secondo l’ipotesi accusatoria il settore tecnico comunale (importante perchè ha competenza su tutta una serie di servizi) è «asservito agli interessi di natura esclusivamente privata di un ristretto quanto pericoloso gruppo di persone, che ne riescono a controllare l’azione secondo logiche clientelari e lottizzatorie».