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La riflessione – NEL GIORNO DI SAN VALENTINO, VIESTE INNAMORATA “PERDUTA”, SCOPRE UN MELANOMA

di Carmine Azzarone e Ninì delli Santi

“ACCADDE TUTTO QUELLA NOTTE”, VARIANTE SUL TEMA “ACCADDE TUTTO IN QUEL GIORNO DI SAN VALENTINO”, FESTA DEGLI INNAMORATI. A QUESTE LATITUDINI “INNAMORATI SOLO DI SE STESSI”! QUANDO UNA SOTTOSPECIE DI MANIFESTAZIONE SPIACCICÒ IN FACCIA ALLA CITTÀ UNA VERITÀ AD ALTO RISCHIO DI AGGETTIVARSI COME NUDA E CRUDA…  (…)

 

 

NELLE VISCERE, E NELL’ORGANISMO, UN TEMPO (ANNI 70’- 80’-90’) ATLETICO E SALUTISTA DI UNA VIESTE SCOPERTASI A VOCAZIONE TURISTICA, VOGLIOSA DI RISCATTARSI DA UN ISOLAMENTO E DA UN AUTARCHIA A MISURA DI ERA GEOLOGICA, È COMPARSO UN MELANOMA…

Incipit Da “La Grande Implosione” di Nini’ delli Santi

(…)…ma che cosa significava da un punto di vista umano? ci pareva che avesse un senso chiaro: assicurare a tutti un livello di “vita decente”. Ma la nozione di “livello di vita” non significava privilegiare valori come la fraternità, l’amicizia o la giustizia. Il viestano che avesse triplicato il “livello medio di vita” sarebbe diventato tre volte più felice? questa corsa alla conquista di una effimera felicità… avrebbe poi elargito effettivamente felicità? possedere tre automobili invece di una avrebbe forse portato a triplicare la propria dose di felicità? (…)

Riflessione

“Accadde tutto in quella notte”, variante sul tema “Accadde tutto in quel giorno di San Valentino”, festa degli innamorati. A queste latitudini “innamorati solo di se stessi”! Quando una sottospecie di manifestazione spiaccicò in faccia alla città una verità ad alto rischio di aggettivarsi come nuda e cruda. Una di quelle che fa male raccontarsi e che in quanto tale è poco incline a farsi addomesticare da compromessi. Diciamocela, allora, questa verità! o quantomeno, tentiamo di proferirla:  nelle viscere, e nell’organismo un tempo (anni 70’- 80’-90’) atletico e salutista di una Vieste scopertasi a vocazione turistica, vogliosa di riscattarsi da un isolamento e da un autarchia a misura di era geologica, è comparso un melanoma, che –come è noto- è il primo indizio di tumore e, peggio ancora, di metastasi tumorale. Di che natura? Di quelli che costringono –come purtroppo costringono drammaticamente un paziente che se ne scopre affetto- ad interrogarsi sui tanti perché e sui tanti percome del modo in cui ha gestito la propria salute, fino alla macabra scoperta. Nel caso di specie, ad interrogarsi su scelte fatte a servizio della città, su esperienze politiche, lavorative, imprenditoriali, su modelli di sviluppo o presunti tali proposti o perseguiti, su rendiconti di intere consiliature, su capacità di mostrarsi all’altezza del compito, su fiducia e sfiducia nel proprio presente e nel proprio futuro, sulle qualità di una molto presunta classe dirigente, su valori autentici ricevuti da pescatori e ortolani già chini di schiena allo spuntar dell’alba. Insomma un travaglio, una manzoniana “Notte dell’Innominato” che si trascina fino ai confini etici segnati dalle considerazioni contenute nel passaggio proposto all’inizio di questa riflessione tratto da La Grande Implosione (tre automobili=il triplo di felicità?) di Ninì delli Santi.
La notte è lunga e le domande tante. Eccone un saggio: per che cosa si è lavorato in quegli anni di sviluppo rampante, proteso fino ai promettenti tentacoli della legge 3? Per far ricchi i già ricchi? Per allargare il club a qualche altro easyrich Ricucci style? O per spalmare scampoli di benessere diffuso a quanta più cittadinanza possibile? O anche per mostrare qualche segno di gratitudine nei confronti di un angolo di mondo che grazie al suo mare, al suo clima, alle sue spiagge, alle sua estati assolate, ti ha consentito di acculturare il portafoglio a misura di investimenti bancari e/o diversificati, di commissione di massimo scoperto, di spread, di tasso fisso o variabile o anche di sottomettere ai rampolli viziati gipponi e fuoristrada, viaggi in Thailandia, o di passeggiare sotto le luminarie del 9 di maggio con una moglie tutta inzolfanata di Just Cavalli?
Ci tortura quel melanoma, e insieme a quello, l’ipotesi metastatica da ascrivergli una volta che a quelle domande si risponde con il massimo della sincerità. Quel neo oscuro è proprio lì a far bella mostra in questo scampolo di 2011. Voglioso di consegnare a chi si assumerà l’ingrato compito di amministrare la città la diagnosi del famoso “uno spettro si aggira” di marxista memoria. Lo spettro di una Vieste che dopo aver nutrito speranze di benssere diffuso a misura di anno solare, si ritrova prigioniera delle proprie angoscie, scaraventata in una resa dei conti senza sconti alimentata da una divisione in atto in se stessa. Ovvero quella che sta sancendo –come dimostrano gli inquietanti indizi di queste settimane- che c’è una parte della città che comincia a guardare all’altra con lo sguardo dell’odio e dell’invidia sociale. Una ricetta gustosa solo per il cieco basso tornaconto di qualche Masaniello dell’ultim’ora. Una mina anti-uomo che, a chiunque ci calpesterà il passo, riserverà come boato la rottura di quel patto sociale alla base di ogni civile e democratica convivenza. Con nessun vincitore e tutti sconfitti.

Explicit Da La Grande Implosione – di Ninì delli Santi

dietro i grandi proclami di Lillino si nascondeva anche una società dei consumi. permetteteci di citare questa sua definizione:

«con la nozione di società dei consumi si può definire non solo una società che ha estesamente diffuso beni strumentali durevoli (televisori, macchine, frigoriferi ecc.), ma anche una società che moltiplica gli incitamenti a consumare: i segnali e i simboli del successo si misurano dal possedere una macchina voluminosa e appariscente, dal numero dei giorni trascorsi in crociera, dalla frequentazione del mercato quindicinale, dal tipo di abbigliamento, dai sofisticati menù giornalieri, dalle promettenti creme di bellezza. il consumo diventa il fine ultimo della vita e dell’attività del sistema economico (…).

(…)come mai i viestani non si sono scandalizzati delle mere illusioni che comportava questa concezione del progresso? molte innovazioni, in effetti, offrivano solo progressi illusorî. concepite essenzialmente per arricchire imprenditori e commercianti, non fornivano niente di importante sul piano umano. carlo de maria, vicino all’edicola, un giorno lo aveva spiegato in un modo limpido e chiaro analizzando uno slogan pubblicitario molto noto:

«un detersivo che lava più bianco del bianco?» osservava come fossimo di fronte a un delicato problema concettuale. «come si poteva andare oltre il bianco per ottenere il “più bianco del bianco”? e, soprattutto, qual è il bianco più bianco del bianco? quale illusione si cela dietro questo assioma del tutto ingannevole?(…)

(…)in modo abbastanza logico, i viestani avevano così interpretato il messaggio nei seguenti termini: dal momento che il culto del progresso bastava a rendere virtuosi, era inutile preoccuparsi di trasmettere valori. a che pro inculcare nei giovani principî antiquati, norme obsolete?(…)

(…) tuttavia, anche alla fine del xx secolo erano ancora presenti residui di valori cristiani, altruistici, caritatevoli. tanino aveva attirato la nostra attenzione su un tema di successo della fine del xx secolo, quello della cosiddetta coscienza planetaria, cioè privilegiare il lontano per dimenticare il vicino. questa manìa, divenuta ben presto patologia, si manifestava sotto molteplici forme. era normale che chi abitava in un grande palazzo non avesse mai rivolto la parola ai coinquilini e non era un caso eccezionale che un dirimpettaio di casa fosse stato trovato morto dopo qualche giorno. Pertanto non c’era da meravigliarsi se, in simbiosi con questa cronica disattenzione nei riguardi del vicino, si sviluppasse una coscienza planetaria, inoculata nelle coscienze dallo schermo del televisore  (…)

Carmine Azzarone
Ninì delli Santi