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Schiavismo a Vieste?

Gli stranieri lavorano e i viestani no. E’ una generalizzazione ma con un fondo di verità. Sulla questione si è aperto un dibattito. L’indebitamento è forte e si fa sentire su un mercato turistico incapace di destagionalizzarsi.

 

La lettera dell’esponente di Sel Nicola D’Altila, lanciata dalla pagina web di OndaRadio, sta facendo il giro di tutti i salotti politici e imprenditoriali di Vieste. Il suo atto di accusa verso
quella “parte malata dell’imprenditoria locale che preferisce lo straniero (il più delle volte rumeno), perché si può sfruttare per un’infinità di ore e si può pagare ai limiti dello zero”, suscita polemiche. “Spesso sento dire — scriveva D’Altilia lunedì scorso — che gli stranieri ci rubano il lavoro. Sento
un forte rancore nei loro confronti Questo sentimento negativo nasce dal fatto che loro lavorano, mentre i viestani stanno a casa senza alcuna occupazione. Purtroppo ciò è vero. La colpa di
questa situazione, però, non è della manodopera straniera ma è dell’imprenditoria locale, o meglio di parte di essa. Questa. Ebbene si, abbiamo veri e propri casi di schiavismo. Ad un rumeno
si fa fare in una giornata il lavoro che un tempo facevano tre viestani. Per cui, senza alcuna fantasia, possiamo immaginare che per ogni rumeno che lavori a Vieste vi sono ben tre viestani disoccupati.
Non oso immaginare quanti stranieri vivono e lavorano a Vieste, poiché quel numero moltiplicato
per tre mi darebbe contezza di quanta disoccupazione è causata da quella parte marcia di imprenditoria viestana dedita allo schiavismo”. Aldo Ragni sul numero di ieri, in merito alla questione sollevata da D’Al- tilia, ha accennato ad un evoluzione del fenomeno migratori a Vieste. “La crisi sta incidendo anche sulle scelte di queste persone che molto spesso preferiscono andare altrove oppure lasciare la città. L’offerta di lavoro si è ridotta notevolmente e anche la domanda degli stranieri si è ridimensionata rispetto a qualche anno fa”, il capogruppo del Pd in comune. Ma non solo. Le comunità di rumeni e albanesi sono ben presenti nel comune garganico, hanno molti anni alle spalle vissuti lontano da casa e vivono in pianta stabile soprattutto nel centro storico. Così come sta accadendo in tutta Italia, anche a Vieste, paese caratterizzato da un spopolamento delle nuove generazioni, chi è rimasto a fare figli sono proprio gli stranieri. Le comunità dell’Est Europa sono descritte da alcuni profondi conoscitori della zona, come ormai ben consapevoli della propria importanza per l’economia cittadina e quindi anche dei propri diritti. La richiesta di condizioni lavorative migliori rispetto al passato aumenta a anche se casi di schiavismo, per usare il termine di D ‘Altilia — commenta un nostro interlocutore viestano — esistono, ovvio”. La crisi dell’occupazione c’è, e la ragione è la crisi dell’unico vero indotto economico esistente, quello turistico. Nel corso degli anni le banche hanno erogato mutui ad alberghi e altre attività per non meno di 300 milioni di euro, per una media di i milione per ogni impresa. “L’indebitamento è quindi forte — come dice un addetto ai lavori —, e si fa sentire ancora di più a causa della crisi economica che si è abbattuta su un mercato turistico. Come quello viestano, che non è stato capace di destagionalizzarsi. Anzi. Ormai la stagione turistica si chiude con la prima settimana di settembre, e questo è inconcepibile”. Inevitabili quindi gli effetti devastanti sui livelli occupazionali. Di crisi parla anche Paolo Rosiello, storico albergatore di Vieste. “Casi di sfruttamento lavorativo ce ne sono ma da qui a parlare di schiavismo come fa Nicola D’Altilia, ce ne passa. Lo invito a rivolgersi all’ispettorato del lavoro per denunciare fatti ben precisi. Io penso che in una fase come questa si debba parlare in modo positivo, fare proposte per far fronte
ad una crisi economica molto forte e non lasciarsi andare a considerazioni dal sapore elettoralistico”. Le difficoltà di cassa dovute ai deboli con le banche sono tipiche anche del settore edile, il secondo per importanza. Le vittime della morsa creditizia sono anche tra quei lavoratori che hanno protestato davanti al comune nei giorni scorsi: ex muratori e carpentieri che hanno scelto di aprire una propria impresa ma che oggi sono in piena crisi.
Gli stranieri lavorano e i viestani no . E una generalizzazione ma con un fondo di verità, perché è reale l’insofferenza che la gente del luogo vive osservando rumeni e albanesi al posto loro nelle cucine o nei magazzini degli hotel piuttosto che nei cantieri edili. E la guerra tra i poveri verso la quale lo Stivale si sta dirigendo con passo spedito da molti anni a questa parte.

FRANCESCO BELLIZZI
L’Attacco