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Predoni d’arte a Rodi Garganico rubato lo stemma di Santa Barbara

Ogni giorno che passa si allunga la lista dei monumenti depredati, minuscole tessere della nostra identità storica ed artistica che ci vengono rubate, ma da chi? In primis dalla nostra indifferenza, dall’incuria di chi dovrebbe valorizzare e conservare queste preziosità . Non bisogna andare lontani per trovare casi del genere, il furto della nostra identità è fiorente anche in Capitanata. Ecco un antico arco, un palazzo gentilizio, un albero monumentale scomparire tra la nostra indifferenza. Un esempio, eccolo sotto i nostro occhi: la millenaria chiesa di Santa Barbara a Rodi Garganico: in uno dei luoghi più suggestivi del promontorio restano i ruderi di questa antica proprietà dei Templari e poi commenda dei Cavalieri di Malta. Tra i ruderi della chiesa il vento che viene dal mare pare ci racconti le sue disgrazie: la distruzione e la cementificazione dei giardini di agrumi, magnifiche terrazze sul mare, già di pertinenza dei Cavalieri di Malta; l’asportazione del suo vecchio portale, avvenuta alcuni anni fa; la scomparsa di vetuste iscrizioni; il crollo del tetto e poi dalla facciata della chiesa ed in queste settimane, il furto dello stemma gentilizio di uno dei suoi ultimi Abati Commendatari. Nessuno ha visto nulla.

Nessuno è intervenuto, si sono solo levate poche voci di protesta. Eppure la chiesa sorgeva nei pressi del centro abitato di Rodi Garganico. Intorno alla chiesa è stata creata un’area residenziale turistica; si sarebbe potuto salvare questo antico edificio utilizzandolo per le funzioni domenicali come avviene d’estate per le chiesuole della vicina San Menaio. La chiesa di Santa Barbara non poteva essere costruita in un luogo più bello, nonostante lo sbancamento di alcune collinette, lo sguardo spazia su una piccola baia ed all’orizzonte l’azzurro del mare si fonde con quello del cielo, incorniciando l’arcipelago delle Tremiti.

L’azzurro non è il solo protagonista del paesaggio intorno a Santa Barbara, dei profumati ed estesi agrumeti che un tempo caratterizzavo la contrada, restano poche testimonianze, mentre folti cespugli e canneti degradano oggi verso il mare. La testimonianza più antica della presenza di questa chiesa ci viene fornita verso il mille dal cabreo dell’abbazia di Santa Sofia di Benevento, passerà poi ai Templari ed ai Cavalieri di Malta ed infine, nell’800, in mani private. Verso la fine del secolo scorso inizia lenta, ma inarrestabile, la sua distruzione, che oggi è quasi totale: un piccolo paradiso ricco di arte, storia ed ambiente, che ci è stato rubato. A chi ora la parola per recuperare quel poco che resta? Alle istituzioni, alla politica, ai cittadini? Diciamo un po’ a tutti noi.