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Don Salvatore Miscio dalla parrocchia Buon Pastore di Vieste al set di Nanni Moretti

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A colloquio con il sacerdote di Manfredonia scelto da Nanni Moretti per il suo ultimo film. Dove interpreta se stesso…
20110419_don_salvatore_miscio.jpgA pochi giorni dall’uscita ufficiale del nuovo film di Nanni Moretti, Habemus Papam, l’Attacco incontra uno dei suoi attori, tra l’altro conosciuto già per le sue rubriche settimanali dedicate ai giovani nelle pagine di questa testata. L’attore straordinario, per diverse motivazioni, è Don Salvatore Miscio, che ha interpretato il ruolo di uno sconosciuto sacerdote intento a celebrare Messa in una piccola chiesetta romana. Una scena in realtà della durata di poco meno di 30 secondi, ma che, come molti hanno scritto su alcune testate nazionali, diventa cruciale per il protagonista. Una scena che introduce il film nella parte finale, che alla morettiana maniera resta sempre un enigma aperto. La particolarità, che non tutti gli spettatori che dallo scorso venerdì hanno potuto cogliere guardando il film nelle sale italiane, è che l’attore di quei 30 secondi, che interpreta il ruolo di un sacerdote, lo è anche nella realtà.

Don Salvatore, come mai un sacerdote in un set cinematografico? Si è abituati a vedere sacerdoti in tv, talkshow, dibattiti, ma mai in un film

Si, in realtà è strano, ma il tutto è nato davvero per caso. Devo confessare che sin da piccolo ho sempre avuto la passione di comprendere come venisse girato un film, vivere l’emozione di stare dietro una telecamera. Sono un appassionato di cinematografia. Un giorno ero a Roma con un caro amico, Filippo Antonelli, che ho conosciuto in un convegno. Filippo era il fotografo di scena del film “The Passion” di Mel Gibson e ha svolto lo stesso ruolo nel film di Moretti. Mi ha portato sul set, e sono stato li in silenzio senza parlare o dir nulla. Dopo qualche settimana mi ha comunicato che Nanni Moretti cercava un sacerdote vero per una parte nel rimasto colpito quel giorno da me, dal modo con cui ero stato li in silenzio a guardare il tutto. Non credevo nemmeno che si fosse accorto di me.

Le è stato difficile inserirsi in un contesto nuovo, da lei sconosciuto, quale quello della cinematografia?

No, inizialmente ero molto sereno, si trattava di un’altra scena, dovevo semplicemente recitare la distribuzione dell’eucaristia durante una celebrazione, senza dir nulla. Nel corso del tempo ha cambiato idea, inserendo quella parte da voler affidare sempre ad un sacerdote vero, e li ho avuto più timori, ma la persona di Moretti dà molta serenità e familiarità.

Può raccontarci come ha vissuto, anche i momenti informali con il regista? Che idea si è fatto della sua personalità?

Nanni Moretti è un uomo di grande spessore culturale, e lo si vede immediatamente, dopo i primi minuti di colloquio. E nello stesso tempo è un uomo semplicissimo, fuori dalle formalità, dagli schemi rigidi di un protagonista, ama i rapporti umani diretti. Come ogni vero uomo di cultura ama ascoltare, comprendere cosa c’è nell’altro. Non so se in lui ci sia un movimento di fede, ma sono rimasto stupito dell’attenzione con cui mi ascoltava, e del rispetto che dava al mio argomentare. Nel concreto mi ha chiesto, un giorno nella sacrestia della Chiesa dove abbiamo girato la scena, di commentargli dei brani, presentargli alcuni testi che fossero a tema. Eravamo io e lui soli, e la Bibbia al centro del tavolo. Dopo un oretta ha scelto il brano del fariseo e del pubblicano al tempio che risalta la contrapposizione tra un orgoglioso carrierista dalla fede falsamente costruita, ed un umile, fragile peccatore, per alcuni versi frustrato, dalla fede semplice e vera. Mi ha colpito, ed anche questo segno di grande onestà intellettuale, la libertà che mi ha dato nelle parole, non ha voluto correggere nulla, lasciandomi parlare a braccio davanti alla telecamera, sottolineando che lui non era esperto della cosa ed aveva solo da ascoltare ed imparare.

Don Salvatore il film rimarca fortemente l’umanità del ministro di Dio; da sacerdote si rivede nella parte? Cosa ne pensa, crede sia veritiera come descrizione?

E’ un giusto punto di vista su un aspetto della situazione, spesso taciuto per vari motivi, per lo meno per cariche cosi importanti. L’uomo di fede è uomo, con le sue grandi fragilità, con le sue ferite, con il suo passato, che riappare tutto ogni volta che c’è da prendere una scelta, c’è un rimettersi in gioco. Non siamo superuomini. Nel film appare chiaramente che il motivo è nel rapporto con la madre non andato al meglio, che ha lasciato un vuoto affettivo ed un’insicurezza. L’ordinazione non ci libera dal passato, le nostre ferite sono li, siamo prima uomini poi sacerdoti, ma la fede aiuta a rileggere le ferite e dare forza, rileggerle in una chiave di occasione per maturare, più che tentazione di fallimento. Forse questo manca al film, l’elemento di soluzione, il dato fede che subentra in un ministro della Chiesa. Forse qui si collocano alcune critiche, ma in ogni caso non era una prerogativa di Moretti dare risposte, c’era solo il provocare una sorta di riflessione su un aspetto. Anche se nel mio intervento si esprime il forte bisogno di fede, e di un intervento prettamente divino sulla questione, non ho fatto un approccio antropologico al Vangelo.

È risaputa la sua grande passione al personaggio, alla musica, ed al pensiero di De Andrè. Crede ci siano delle similitudini nel modo di vedere la fede?

Si, devo dire che ho fatto io stesso diverse letture trasversali. De Andrè aveva un approccio alla fede molto antropologico, lasciando rimarcare molto il processo che l’uomo ha prima di aderire alla fede, o meglio che dovrebbe avere non chiudendosi in risposte pre-confezionate. De Andrè mostrava, con molta libertà, e senza vergogna, anzi come segno di vanto e punto di partenza per una discussione e crescita, una umanità meravigliosamente nuda. L’approccio è simile a quello dato da DeAndrè.

Ci sono aneddoti simpatici che ricordi di questa esperienza?

Si, un paio. Ricordo che appena terminata la scena di registrazione, scendendo dall’altare, una delle comparse li presenti, un’anziana signora, mi dice” ma sa che lei parla proprio bene del Vangelo, con grande passione. Ha mai pensato di fare il prete davvero?”, ed io le ho risposto “ mia cara signora le garantisco che mai avevo pensato di fare l’attore, sono già prete”. L’altro episodio si è verificato all’anteprima del film a Roma, giovedì scorso. Andato lì mi sono preoccupato di indossare un abito più elegante da sacerdote, di quelli che si indossano nelle occasioni, pensando di sfigurare tra i grandi del cinema italiano, ma mi sono immediatamente reso conto che Moretti ha quasi impiantato nei suoi incontri uno stile fortemente informale, familiare, fuori da tutti gli schemi. Risultato che ero l’unico vestito elegante, e Moretti teneva a presentarmi a tutti.


CHI E’

Don Salvatore Miscio un sacerdote moderno, con la passione per l’arte e la musica e una laurea in teologia. Nella sua tesi, “il punto di vista di Dio”, si ripercorre il pensiero di De Andrè.

Don Salvatore Miscio è un sacerdote dell’Arcidiocesi di Manfredonia- Vieste-San Giovanni Rotondo, di 34 anni, ed ordinato 5 anni fa. Nel suo percorso di crescita verso il sacerdozio un ruolo dominate ha avuto l’arte e la musica, da sempre compagne di viaggio di don Salvo (come si fa chiamare da molti). Nella sua laurea in Teologia, conseguita presso la Facoltà Teologica Pugliese in Molfetta ha presentato una tesi dal titolo “il punto di vista di Dio”, ripercorrendo il pensiero e la musica di Fabrizio De Andrè. Successivamente ha conseguito la licenza di specializzazione, presso la stessa Facoltà, in Antropologia Teologica, con una tesi sui percorsi di formazione indirizzati ai giovani. Nei suoi 5 anni di ministero ha svolto il ruolo di viceparroco a Vieste, e poi rettore del Seminario di Manfredonia, dove è tutt’ora, in contemporanea al compito di responsabile del Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile, mano lunga del Vescovo Castoro, come del Vescovo D’Ambrosio, del contatto con i giovani, il dialogo, attraverso iniziative ed eventi vari, tra cui da ultimo lo stesso grande Patto della Città di Manfredonia, di cui è ideatore e firmatario con il professor Illiceto e l’Assessore Cascavilla. Collabora con l’Attacco per la rubrica settimanale del Martedì, con un portale web di san Giovanni Rotondo per una rubrica domenica sul Vangelo, con Tele Padre Pio per la realizzazione di diverse trasmissioni televisive dedicate ai temi giovanili.

Massimiliano Arena
L’Attacco