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Costi Regione Puglia. Tagli su pensioni e tfr parola ai capigruppo

Domani approda nella conferenza dei capigruppo il pacchetto di proposte sui tagli ai costi della politica messo in piedi dall’ufficio di presidenza.  I ritocchi, che riguarderanno lo Statuto del consiglio regionale, recepiscono in parte le prescrizioni della manovra di agosto del governo (il passaggio dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo) ma danno una radicale sforbiciata anche agli assegni di fine mandato e alle reversibilità. Ad oggi, infatti, è sufficiente un solo mandato consiliare (5 anni) per maturare 1 anno di tfr, la «liquidazione» versata al consigliere regionale. Con la riforma, invece, l’assegno di fine mandato verrebbe maturato come qualsiasi altro lavoratore dipendente nella misura di 1 mese per ciascun anno di consiliatura. Quanto alla pensione, non sarà più parametrata al 90% del reddito ma non potrà superare il 60-65% dopo i tre mandati (15 anni di consiliature), con un contestuale aumento del versamento al fondo previdenziale (dal 22 al 25%) e una stretta sui criteri con i quali vengono staccati gli assegni per i familiari.

Quindi la questione dei numeri. La manovra del governo ha stabilito che, in base alla popolazione pugliese, l’Aula deve essere composta da massimo 50 membri (con un tetto di 10 assessori). In Consiglio, ben prima della manovra, si era trovata l’intesa – con voto unanime in prima lettura – su 60 consiglieri a partire dalla prossima legislatura, con 12 assessori di cui massimo 3 esterni. Bisognerà attendere, dunque, il responso della Corte costituzionale per saperne di più: diverse Regioni hanno presentato ricorso contro il governo per ingerenza nell’autonomia legislativi dei consigli in materia. Nel caso soccomba la tesi del governo, l’Aula pugliese potrebbe limitarsi a portare ai voti per la seconda lettura la riforma a 60; nel caso, invece, vengano riconosciute le prescrizioni della manovra, in Puglia si dovrà ripartire da zero, con la riforma a 50. Due diverse soluzioni cui sono legati i negoziati sulla legge elettorale, sia per la rappresentanza delle sei province (inevitabilmente indebolita con 20 posti in meno) sia per l’accesso delle forze minori (la soglia di sbarramento). I negoziati sono già cominciata ed è probabile la riduzione di uno-due punti della soglia di sbarramento, oggi al 4%. Tutte ipotesi di lavoro che, insieme ai più imminenti interventi sullo status dei consiglieri (pensioni e tfr), investiranno la settima commissione consiliare.

Il clima, in realtà, non è dei migliori. Il Pd è da tempo alle prese con la «rivolta» interna contro il «cesarismo» del governatore Vendola, così come lo spauracchio di elezioni anticipate sta aumentando le resistenze dei consiglieri di prima legislatura, che temono la mancata conferma con i tagli su regole e numeri imposti dalla manovra. «Le fibrillazioni interne al partito di maggioranza trasmettono un ulteriore senso di provvisorietà dell’attività del consiglio regionale», dice il capogruppo Udc S a l vat o r e Neg ro. Donde la pdl, presentata dall’Udc con Ppdt, Mep, I Pugliesi, Psi e Idv che prevede l’elezione diretta del vice-presidente della Regione «con funzioni vicarie in caso di dimissioni volontarie». «Riteniamo utile che il Pd si pronunci su questo ddl – incalza Negro – quello vigente è uno statuto prettamente presidenziale, nato per dare maggiore stabilità ai governi ma che paradossalmente ha finito per vanificare l’attività del Consiglio democraticamente eletto».

BEPI MARTELLOTTA