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“No” alla confisca dei beni degli eredi Libergolis

Il patrimonio lasciato da Ciccillo nell’ordine di 5 milioni. Terreni, case, aziende, conti correnti, libretti di risparmio polizze assicurative: la richiesta è stata avanzata dalla Dia nazionale.

 

I giudici dicono «no» alla richiesta della Dia nazionale (direzione investigativa antimafia) e Procura foggiana di confiscare beni per un valore complessivo di 5 milioni di euro agli eredi di Francesco (Ciccillo) Libergolis , l’allevatore di Monte Sant’Angelo, «patriarca» della faida ammazzato a 66 anni la sera del 26 ottobre del 2009 da due killer rimasti ignoti. La Dia nazionale aveva avanzato la richiesta, sostenuta in aula a porte chiuse dal procuratore aggiunto di Foggia davanti ai tre giudici dell’ufficio misure di prevenzione del Tribunale di Foggia, di sequestrare terreni e case di proprietà di Libergolis situati tra Monte, Manfredonia, San Giovanni Rotondo oltre a conti correnti, libretti e polizze assicurative, il tutto per un valore stimato nell’ordine di 5 milioni di euro. Si tratta in parte dei beni che furono già sottoposti a sequestro preventivo nell’estate 2004 nell’ambito del maxi-processo alla mafia garganica (Cìccillo Libergolis fu poi assolto in tutti i gradi di giudizio dalle accuse di omicidio, mafia ed usura) e poi dissequestrati dal Tribunale della libertà; e sui quali si erano anche pronunciati nel dicembre 2006 ‘i giudici dell’ufficio misure di prevenzione, rigettando la richiesta di sequestro e di applicazione della sorveglianza speciale per tre anni. Secondo l’accusa vecchia e nuova, c’è una sproporzione tra i beni acquisiti nel corso degli anni dall’allevatore defunto, e lasciati in eredità a moglie e figlie, e i suoi proventi; sproporzione che si spiega solo col fatto che
quelle proprietà e quei soldi siano provento di attività illecite. La proposta della Dia si basava su
una legge varata nel 2009 che consente la confisca di beni anche nei confronti di eredi di persone «sospettate»: inoltre la confisca si può applicare anche indipendentemente dall’esistenza di una
misura cautelare e/o di una condanna (Libergolis è morto da uomo libero e assolto dalle accuse di mafia e omicidio e usura nel maxi-processo alla mafia garganica). L’avv. Raul Pellegrini, difensore prima del «patriarca della faida» ed ora dei suoi eredi, ha replicato che si può rinnovare la richiesta di confisca di beni sulla base di una nuova legge, ma non certo in mancanza di nuove prove a sostegno dell’accusa. E sulla questione del sequestro dei beni – ha sostenuto illegale davanti all’ufficio misure di prevenzione – c’è già un «giudicato», che ha rigettato la richiesta di confisca, e rispetto a quella sentenza l’accusa non ha portato alcun elemento nuovo. Il maxi-blitz contro la mafia garganica di Dda e carabinieri scattò all’alba del 23 giugno del 2004 con l’emissione di 99 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti garganici accusati a vario titolo di
mafia, omicidi, traffici di droga, armi, rapine, usura: Ciccillo Libergolis inizialmente sfuggì alla cattura, fu arrestato dopo 11 mesi di latitanza il 19 maggio del 2005 in un podere di San
Giovanni Rotondo, e scarcerato 1’8 giugno del 2006 in occasione dell’assoluzione nel processo di primo grado. Una settimana dopo il blitz con gli arresti, scattò un maxi-sequestro preventivo di beni disposto dal gip di Bari sempre su richiesta della Procura antimafia nei confronti dei presunti mafiosi. E tra le proprietà più colpite ci fu proprio quella di Ciccillo Libergolis: 3 case tra Manfredonia e Foggia, terreni nel capoluogo dauno e sul Gargano, due aziende agricole, una palazzina con una dozzina di case a Manfredonia. All’epoca del sequestro l’avv. Pellegrini replicò che il 65 % dei beni era stato acquistato da Ciccillo Libergolis tra il 1975 ed il ’91, in un periodo di gran lunga precedente alla presunta appartenenza di Libergolis alla mafia garganica (fa data dal’99); la difesa rimarcò anche che Libergolis nel corso degli anni aveva incassato circa 700 milioni di vecchie lire quali contributi Cee legati alla sua attività di allevatore, soldi con i quali aveva acquistato quei beni: la tesi fu accolta dal Tribunale del riesame che il primo ottobre 2004 dissequestrò tutti i beni .