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A Foggia vince il gioco boom di Gratta e vinci

Nei tabacchini della città a volte bisogna fare a spintoni per acquistare fiammiferi e francobolli. Nessuna improvvisa impennata di piromani e grafomani, ma è soltanto l’effetto dell’occupazione stabile del locale da parte dei giocatori di lotto istantaneo, videopoker e altre macchinette che trasformano in stanziali gli scommettitori che una volta facevano soltanto la fila. E’ una delle facce della corsa al gioco, quella mania che in questi giorni ha visto balzare Foggia in testa alla classifica della spesa pro-capite per Gratta e vinci, ma anche di quella del gioco del lotto.

Inevitabili i commenti amari e sconsolati degli internauti: blog e siti locali si sono trasformati in fustigatori di costumi di una città (e della sua provincia) reduci dalla maglia nera della classifica sulla vivibilità de Il Sole 24 Ore, ma sul podio per il gioco d’azzardo.

Le cifre parlano chiaro: la classifica dell’Agicos sui soldi spesi da ciascun cittadino quest’anno per Gratta e vinci vede al primo posto in Puglia la provincia di Brindisi con 373 euro, seguita da Foggia con 325, Taranto 294.

Non va meglio per il gioco più antico, il lotto: se Lazio e Campania si contendono le prime posizioni con medie di spesa pro-capite di molto superiori ai 118 euro nazionali, Foggia si piazza al 33° posto: la Capitanata ha speso 56 milioni in tutto e 84 euro pro- capite per la smorfia, che non sono davvero pochi se rapportati alla media nazionale.

«Da noi – dice lo psichiatra Mariano Loiacono, che da decenni cura al Centro di medicina sociale il disagio con il suo rivoluzionario metodo senza psicofarmaci – capitano pochi ludopati. Ci arrivano perchè hanno finito i soldi, o perchè accompagnati da un parente disperato, ma loro non si sentono dei malati».

Il medico non nasconde i problemi per avviare una qualsiasi cura: «Non sono consapevoli della loro dipendenza – spiega Loiacono – giocano per combattere il senso di instabilità, che può nascere da una situazione economica difficile, o da un ambiente familiare poco sereno. Di certo sono persone che testimoniano il venir meno delle dinamiche intersociali e interfamiliari, persone che usano il gioco come un modo per affrontare le difficoltà, ma non sono consapevoli del proprio stato e anche per questo sono difficilmente curabili. Di sicuro più difficili da curare dei tossicodipendenti».
Anna Langone