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Gargano/ La preistoria tradita

Viaggio tra le pitture rupestri e reperti abbandonati. Tra vandali, ladri e incuria così rischia la distruzione il tesoro di grotta Paglicci. Urge la messa in sicurezza.

Il Gargano è un mondo. È infinito nella sua foresta, nelle doline e nei laghi. È infinito nelle leggende, nelle facce, nelle spiagge, nelle tradizioni. Le contiene tutte, ma non ne fa vedere nessuna. Diventa così complicato mettersi sulle tracce di un passato millenario che ha le sue radici nel Paleolitico, e che come un filo teso ha attraversato tutto il tempo. Fino ad oggi. Fra questi alberi e questa sabbia hanno vissuto i Dauni e i Romani. E si sono succeduti Normanni, e poi Svevi,
Angioini e Aragonesi, Borbonici. E arrivata l’Unità d’ltalia e la guerra. Ma passeggiando per la Foresta Umbra, che mi pare sterminata nei suoi 400 ettari, tra faggi altissimi che fanno ombra e in un silenzio surreale, in cui sono sola, mentre penso che potrebbe succedere qualsiasi cosa, non ho paura. Dentro gli occhi ho delle giornate lunghe e piene di luoghi. C’è stato il lago di Varano, che è diviso soltanto da una striscia di terra dal mare. Da una parte c’è l’acqua dolce e dall’altra quella salata dell’Adriatico. A dividerle un lembo di terra, formato dai detriti portati dalle correnti marine e dai venti dopo l’anno Mille, che si fa sottile, poi si allarga. C’è stato Vico del Gargano, con le sue splendide mura e quel vicolo del bacio, tanto stretto da obbligare gli innamorati a sfiorarsi nel passaggio, che a San Valentino fa battere i cuori. C’è stata Vieste, che si allunga come dita dentro il mare, e racconta una dolce storia d’amore. È quella del giovane pescatore Pizzomunno che, per il dolore d’aver perso la sua amata Cristalda, si trasformò in pietra. Resta ancora oggi dove il lutto lo sorprese, ai bordi di una spiaggia del colore dell’ambra, come un faraglione alto 25 metri. La storia vuole che ogni cento anni il sortilegio si sciolga, e Pizzomunno e Cristalda possano tornare ad amarsi fino all’alba. Nessuno, però, ha saputo dirmi quanti giorni sono passati dall’ultimo incontro degli innamorati, né quanti ne mancano al momento in cui si potranno ritrovare di nuovo. Poi in questa terra selvaggia e sterminata, che si estende per 121.000 ettari e che servirebbero mesi, e non giorni, per conoscerla e per raccontarla – è iniziata la mia ricerca di quella Puglia antica, e dimenticata, che tanto mi è cara. Allora sono andata a San Giovanni Rotondo, fra i fedeli di Padre Pio. Sono andata in un proliferare di alberghi e di ristoranti che inneggiano al Santo, fra statue e rosari, per cercare Castel Pirgiano i cui abitanti, insieme a quelli di Sant’Egidio e Le Perni, contribuirono alla fondazione della città. Ho camminato fra promontori che sembrano infiniti, e sono ripidi e meravigliosi. Ho camminato fino a cercare l’inizio di tutto. Quella Grotta Paglicci che è a pochi chilometri da Rignano Garganico e risale al Paleolitico. È fatta di graffiti, pitture parietali, due cavalli rossi. Impronte di mani. In quarant’anni, l’Università di Siena ha ritrovato qui 45mila reperti e due sepolture. A guardare il tempo da queste prospettive, tutto sembra polvere. Eppure la grotta che ha mezzo milione di anni e vanta le uniche pitture rupestri scoperte fino ad oggi in Italia, negli ultimi anni è stata vittima di una doppia sofferenza. Il 10 luglio 2006 dei vandali l’hanno miseramente devastata, e nel 2008- una parete esterna ha rischiato la caduta. Il vero dolore, però, è lo stato in cui versa adesso: sbarrata da una porta blindata, circondata da un muro di cemento dentro cui è stato fatto un buco non si sa se da vandali o da ladri, con gli scavi che sono bloccati da cinque anni e il Museo Paglicci, chiuso nel marzo 2010 con la promessa di una rapida e migliore riapertura, ancora inaccessibile. Ad oggi, i lavori sono fermi. E sono fermi anche quelli del museo multimediale che avrebbe dovuto permettere d’integrare, con video e computer, il viaggio nella Grotta e nei vicini dolmen. La grotta, comunque, è ancora proprietà di un privato. Le trattative con il Comune di Rignano Gargano e il ministero per i Beni culturali non sono andate a buon fine, e l’esproprio non è mai stato portato a termine. Non c’è da sorprendersi, quindi, che la situazione Sia di estrema emergenza. «Oggi – mette in guardia Vincenzo Pazienza, presidente del Centro Studi Paglicci – raggiungerla può essere pericoloso. Per arrivare bisogna passare sotto una parete esterna pericolante. La messa in sicurezza è urgente». Prima si accedeva con un ponteggio costruito dall’Università di Siena, ma è stato rubato nel 2006. Quasi sei anni fa. E allora non ci sono davvero parole per descrivere la rabbia, la tristezza, l’orrore che si prova guardando lo stato di abbandono di questo sito archeologico, importantissimo a livello internazionale sia per le sue pitture che per le sue stratificazioni. E a, nulla vale, quando sto per andare via, cercare di pensare alla bellezza delle isole Tremiti. A nulla vale, guardare il mare. Perché anche se davanti ho quel paradiso che è il Parco nazionale del Gargano, i miei occhi sono sempre a Paglicci e alla sua grotta abbandonata. I miei pensieri sono sempre a quella terra dimenticata.

Flavia Piccinni