Novità dagli studi dei ricercatori scientifici.
E’ tornata a riunirsi ieri a Rodi Garganico la Rete contro le trivellazioni e la ricerca di petrolio in Adriatico, per discutere dei nuovi provvedimenti del governo e per presentare un’istanza con precise richieste al ministro dell’ambiente Clini e a quello dello sviluppo economico Passera. All’incontro nella sala consiliare del municipio di Rodi, presieduto dal presidente del consiglio regionale pugliese, Onofrio Introna, e coordinato dal responsabile del comitato ‘No triv’ Raffaele Vigilante, erano attesi i sindaci delle città interessate di Puglia, Molise e Abruzzo. Diversi i punti contenuti nel documento firmato nel corso dell’incontro e diretto ai due ministeri: dalle royalties pagate al governo italiano dalle multinazionali petrolifere per la ricerca e lo sfruttamento sia terrestre che marittimo (per le quali si chiede l’innalzamento dal 4 all’80%, così da allinearsi agli Stati membri dell’UE), alla richiesta che venga ripristinata la distanza delle 12 miglia dalla costa come in precedenza del decreto liberalizzazioni."E’ assolutamente necessario", spiega il coordinatore della Rete, Raffaele Vigilante, "vietare le trivellazioni terrestri e marine in presenza di aree protette terrestri e marine o che la distanza dalle stesse sia di almeno di 20 miglia, escluse le isole. Chiediamo inoltre di istituire un tavolo tecnico con Croazia, Albania, Montenegro e Grecia per fare un percorso comune in tutto l’Adriatico attraverso cui vietare le prospezioni geosismiche e farsi portavoce presso la UE per votare una legge che regolamenti le stesse a livello europeo". Ma nel documento firmato ieri, di cui si farà portavoce presso i ministeri lo stesso Introna, si sottolinea anche come i ricercatori scientifici stiano dimostrando il nesso esistente tra lo spiaggiamento di cetacei, come avvenuto negli ultimi anni sulle coste del Gargano, del Salento e della Grecia, e le prospezioni geosisrniche effettuate con la tecnica dell’airgun, le quali danneggerebbero in maniera irreversibile l’udito dei cetacei facendo perdere loro l’orientamento. Una conferma sul punto pare giungere dallo stesso ministero dell’ambiente. "Nel 2009 sette capodogli morirono spiaggiati sulle coste del Gargano e a fine novembre del 2011 altri cinque cetacei furono ritrovati davanti alle coste di Corfù e Crotone", ha ricordato l’onorevole IdV Pierfelice Zazzera. "Finalmente il Ministero per l’ ambiente, rispondendo ad una mia interrogazione presentata il 20 dicembre 2011 ammette che gli spiaggiamenti di cetacei avvenuti in Puglia e Calabria possono essere stati causati dall’uso di sonar militari e di airguns utilizzati nelle prospezioni geosismiche per la ricerca di petrolio. Il Ministero riguardo al caso del Gargano smentisce che siano morti per i sacchetti di plastica così come riferito in un primo momento e scrive invece che i rilievi tossicologici e le prove biologiche indicano un’alterazione delle funzioni nervose adeziologia esogena che, per quanto minime possono aver alterato il senso di orientamento e della percezione e sempre il ministero aggiunge nella risposta che le prospezioni presenti in Adriatico possono eventualmente essere tenuti in considerazione come potenziale fattore di disturbo e/o di alterazione del comportamento di questi animali avendone impedito l’uscita o forse favorito l’ingresso. A novembre2011 tre navi per conto della Northern Petroleurn effettuarono prospezioni geosismiche mediante l’uso di airguns nel basso Adriatico. La Puglia ha manifestato in modo chiaro e netto il proprio dissenso alle autorizzazioni per la ricerca di petrolio in mare Adriatico", prosegue Zazzera. "E’ evidente chela Northern Petroleum non avrebbe rispettato quanto previsto dalla legge che autorizza le società petrolifere a fare prospezioni geosismiche mediante l’utilizzo degli airguns imponendo però rigorose misure di tutela per la popolazione marina e in modo particolare per i cetacei, esposti a fenomeni di disorientamento acustico. Non si può accettare la distruzione di un bene così importante come l’ambiente e il suo ecosistema marino. Chiedo pertanto al ministro per l’ambiente, Corrado Clini, di sospendere tutte le autorizzazioni previste per la ricerca di petrolio in Adriatico, considerato che sono venuti meno i criteri indispensabili a garantire il rispetto dell’ ecosistema ambientale mettendo a rischio la sostenibilità del nostro territorio". Un tema ben noto al ricercatore ed ambientalista Gianfranco Pazienza, trai presenti all’incontro di ieri a Rodi Garganico. "I danni all’ ecosistema sono un argomento che in ambito scientifico abbiamo molto approfondito in seguito ai fatti del 2009. Ma è solo uno dei tanti aspetti di questa vicenda. Questo territorio, intendendo l’intera Puglia, ha espresso una scelta molto chiara di quello che dev’essere l’uso del suo mare. Una scelta che va nella direzione del turismo e della pesca, rispetto alla quale le prospezioni petrolifere sono la soluzione meno coerente. Non ci si cura né dei capodogli né tanto meno delle persone, perseverando a percorrere una strada, quella del petrolio, che molto probabilmente tra 20 anni non sarà più percorribile. E’ una concezione di base che va ribaltata. Non possiamo dimostrare coi numeri che la direzione giusta è tutt’ altra, ma abbiamo una idea chiara di quel che si dovrebbe fare di questo territorio". Mentre Teresa Rauzino, altra anima della Rete, commenta: "Quanto denunciato da Zazzera nella sua interrogazione parlamentare è a noi noto da tempo. La tecnica di ispezione denominata "airgun" ha un elevato impatto negativo sulle specie acquatiche e consiste nell’uso di navi attrezzate che generano potenti onde sonore in mare con lo sparo di aria compressa. E’ così, grazie ai segnali riflessi, che si acquisiscono dati sulle formazioni geologiche sotterranee. I miseri ritorni economici non ripagano i sacrifici della popolazione e ambientali, soprattutto se vengono pregiudicati aspetti paesaggistici unici e risorse ambientali fondamentali, da valorizzare nelle attività turistiche. Tutto questo per estrarre petrolio di qualità scadente, com’è quello presente nei fondali dell’Adriatico. Allora cos’è che attrae le compagnie? Sicuramente l’esiguità delle royalties. Infine, un dato incontrovertibile: in tutti i posti del mondo caratterizzati dalla presenza di infrastrutture petrolifere, la qualità della vita diminuisce. È essenziale considerare, nei singoli casi, il contesto socio-economico-paesaggistico in cui il sito petrolifero verrà ad inserirsi. Nel nostro caso, la costa garganica e le Tremiti fanno parte del Parco Nazionale e della Riserva naturale. Bisogna aggiungere altro?".
Lucia Piemontese
L’Attacco