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Vertice in Puglia/ «Lo Stato sostenga la lotta al racket»

«L’appello che, come Regione Puglia, raccolgo dalle associazioni antiusura e antiracket del territorio, lo rivolgo direttamente al ministero degli Interni, alle Prefetture pugliesi e a tutte le autorità competenti affinchè si possa avviare una rete di monitoraggio su tutto quello che sta accadendo sul nostro territorio. Le associazioni chiedono di non abbassare la guardia e di aprire gli occhi perché in questo momento non è ammissibile alcuna distrazione, colpevole distrazione». È il monito del presidente della regione Puglia, Nichi Vendola al termine dell’incontro, svoltosi ieri negli uffici della presidenza della giunta, con alcuni rappresentanti delle associazioni antiracket e antiusura della Puglia, tra cui il coordinatore regionale delle associazioni Renato De Scisciolo e il Presidente dell’associazione di Mesagne Fabio Marini.

«Nelle scorse ore sono stati dati alle fiamme dieci ettari di terreno coltivato a grano nelle campagne di Libera nel brindisino – ha aggiunto Vendola – l’associazione antiracket e antiusura di Vieste sul Gargano, con i propri associati impegnati come testimoni nel processo Medioevo, vive altrettanto una condizione di assedio con episodi di gravissima intimidazione come è accaduto con l’incendio dell’automobile del vicepresidente. Ci sono tanti segnali che dicono che questo è il momento in cui le organizzazioni criminali stanno cercando di capitalizzare gli effetti della crisi economica. Le mafie sono le banche più ricche di liquidità e più capaci di costruire un circuito creditizio naturalmente legato alla natura usuraia della loro attività».

Per Vendola «minimizzare la mafia è sempre un crimine, ma minimizzare le realtà delle organizzazioni mafiose e dei clan nel momento in cui queste organizzazioni rischiano di estendere la propria capacità di controllo del territorio proprio perché c’è la crisi economica, sarebbe veramente un crimine imperdonabile». «Molti imprenditori di un territorio cominciano a ribellarsi – ha sottolineato Vendola – si organizzano per rendere testimonianza nella aule di giustizia e per rompere il muro dell’omertà. Ma a fronte di tutto questo, c’è bisogno che lo Stato dia prove di accompagnamento costante a questa presa di coscienza e a questa testimonianza. Se lo Stato si comporta con un’attenzione scostante, se cioè un giorno accende i riflettori e il giorno dopo li spegne, la sensazione è che chi denuncia si sente abbandonato e questo determina un effetto domino drammatico» .

Dalla spinta al coraggio dunque si potrebbe passare al «rompete le righe generalizzato», un tornare indietro «perchè – secondo Vendola – potrebbe apparire più conveniente pagare il pizzo piuttosto che denunciare la malavita. Noi abbiamo fatto passi avanti, ma se non riusciamo a farne ancora, il rischio è che si possano fare decine di passi indietro e in questo momento è impensabile perché siamo tutti a rischio. La crisi economica – ha ribadito ancora una volta Vendola – è un terreno di protagonismo straordinario delle mafie».