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Vico del Gargano: Una coalizione contro natura

La prima repubblica, fra il monocolore DC, i governi di pentapartito e l’ultimo canto del cigno CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) ci ha insegnato il valore, il senso, la portata delle coalizioni: si trovava un accordo di coalizione per raggiungere un obiettivo, punto.

 Alla fine dell’esperienza, coalizzata, ognuno riprendeva la sua strada, riconquistava autonomia di azione e, soprattutto di pensiero. Se il tentativo non raggiungeva nessun risultato ci si salutava e ciao. Questa bella pagina di politica sostanziale è rimasta valida sino ad ieri. Oggi, con il ceto politico che passa il convento vichese, questa regola non vale più. L’autonomia e l’azione politica di un partito è schiacciata, sarebbe meglio dire “cancellata” , da una malevole e vuota armata brancaleone formata da corpi estranei e capibastoni, alla vigilia di una tornata elettorale generale. Qualsiasi militante, o possessore di tessera di partito, si preoccuperebbe di rimettere un po’ d’ordine in questa fase, non si accoderebbe supinamente agli ordini, ripristinerebbe quella autonomia d’azione e,soprattutto, taglierebbe ogni cordone ombelicale con un blocco populista, clientelare e affarista della peggiore specie. Si impegnerebbe a restituire, al paese, un’anima e un orizzonte dentro un’area compatibile. Vico del Gargano, anche su questo, fa eccezione: i partiti cosiddetti consolidati continuano a tenere in vita dei simulacri vuoti, continuano a dare voce e sostanza a singolari personaggi autoreferenziali e usciti bastonati dalle urne, la società cosiddetta civile, fra volti impresentabili e nuovo incerto, viene mostrata come in un concorso di cani, con la museruola, con il solo scopo di mettersi al balcone e guardare i guai del paese senza muovere un dito.  Su questa scena “il vecchio leone”, Pierino Amicarelli, può brindare lunga vita.

Michele Angelicchio