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Analisi – ECCO PERCHE’ GRILLO DIFFICILMENTE VINCEREBBE ANCHE A VIESTE.

I perché di un “Vaffa” elettorale e di un "tesoretto" di voti che millanta tanti padri nascosti, ma poca voglia e capacità di metter su una Piazza San Giovanni “Mizz u Fuss”

 

 

 

Ebbene si, l’onda tellurica grillina ha investito anche le nostre latitudini. Il boato elettorale dell’afflato grillino è stato consistente anche all’ombra del Pizzomunno: 1653 voti, pari al 23,8% dei votanti alla Camera (per la quale vota anche la fascia di età compresa tra i 18 e i 25 anni) e 1344 voti, pari al 21,4% al Senato.

Numeri di rilievo indiscutibile, per i quali si impone un’analisi accorta, non fosse altro perchè per il sistema politico locale e per gli osservatori dell’acquitrino viestano gli echi di quei voti hanno dato la stessa sensazione di quando ci si sveglia di soprassalto in piena notte per colpa di un orologiaccio piazzato sul comò, o perché l’ambulanza a sirene spiegate è venuta a caricarsi il vicino di casa. Roba da orlo di una crisi di nervi nelle sonnolente camere da letto della politica viestana, assopite dalla camomilla bersaniana o tramortite dalle sberle rimborsiste berlusconiche.

Come accade sovente in politica, le vittorie avrebbero parecchi padri, le sconfitte restano orfane, figlie di nessuno, come il Monello di Charlie Chaplin. E così il fagottone dei voti grillini pur essendo stato depositato nel fondo buio dell’urna, senza neanche il calore del Bue e dell’Asinello, è oggetto del desiderio di parecchie paternità che vorrebbero decretarne un immaginifico rapporto di filiazione naturale, da spendere al Mercatone Zeta del calendario politico prossimo venturo.

In effetti, per chi avesse avuto voglia di congratularsi per l’ottima performance grillina, al di là di un profilo facebook a timido tasso di identificabilità, e di qualche outing sibilato da rappresentante di lista, non vi è indirizzo, non vi è sede censibile via Google Map alla quale esprimere con la immortale formula di Gianni Agnelli “i sentimenti del più vivo rallegramento per lo straordinario successo conseguito”.

Ed è un vero peccato, poiché a queste latitudini, quel voto rimarrà immacolato e vessillo di un alternativa invisibile solo e fino a quando si riterrà figlio di tutti e di nessuno. E’ facile immaginare, che non appena si tenterà di racchiuderlo in un qualche perimetro di appartenenza, in sostanza non appena si dirà “è figlio di, parente del, nipote du”,  troverà in se stesso e fuori da se stesso, la magica pozione dell’ autodissolvimento, alla stessa velocità  con la quale si è aggregato.

Perché è facile ipotizzare quanto sopra? Non perché si sia tentati verso il “vade retro, rinnovamento!”. Se di rinnovamento si tratterà, saremo i primi a congratularci. Chi scrive, il fenomeno grillino si è sforzato di comprenderlo in tutte le sue espressioni. Particolarmente efficace ho trovato un instant book di Repubblica scaricabile via IBooks e dedicato al fenomeno Grillo che si deglutisce in una notte, ma soprattutto i formidabili comizi di Latina, Siena, Lecce, Torino seguiti sul Allnews Skytg24. L’ho fatto in barba allo scherno ed al saccente snobismo che (prima delle elezioni) il 97,7% dei miei interlocutori gli riservava con toni ridanciani e riduzionisti, intuendone in pieno la potenzialità da maglio perforante di Goldrake contro il mostro di Vega della malapolitica.

E’ su tale base analitica che -a voler essere obiettivi- il successo grillino viestano può vantare solo un’ unica affinità con il successone parlamentare del movimento 5 stelle, ed è quella della croce segretamente apposta sulla scheda. Per il resto, nulla o poco altro, magari il tenore elevato e baritonale di un “vaffa” in stereofonia imprecato contro la sordità di stampo nordcoreano della politica tradizionale.

Le differenze restano abissali, finora. Beppe Grillo, a differenza che dalle nostre parti, nell’assalto alla Bastiglia della politica politicante, piaccia o non piaccia ci ha messo di suo la faccia, ha affrontato i marosi di una esposizione mediatica che lo dipingeva clown, lo fotografava in facial stralunati, lo riproduceva nel suo gridare forsennatamente isterico; ci ha confezionato di suo una accorta visibilità mediatica e telematica oltretutto solidificatasi da anni, mica dall’altroieri; una strategia di visibilità centellinata a immunizzarsi dal melting pot o peggio dall’affratellamento con protagonisti vecchi e anche sedicenti nuovi dell’offerta politica (avete visto Grillo comiziare con Ingroia o con Vendola, per caso?).

Per non parlare poi della consistenza e della penetrabilità a colpo sicuro di alcuni concetti ed obiettivi guida di ottima presa sulla pancia, e perché no, anche nella testa dell’elettore (ridurre i parlamentari, tagliare i vitalizi, i rimborsi, indossare lo Chanel n.5 dell’onestà, “dovremmo essere noi a controllare loro e non loro a controllare noi”, “…ai call center devono andarci a lavorare i figli della Fornero!”, “porterò in Parlamento le madri che sanno tirare su tre figli e non le bambole siliconate”, “nessuno deve rimanere solo”, “perché mi tocca pagare l’Iva sulla fattura ancora non riscossa?”, tanto per citarne alcuni tra i fendenti più efficaci”).

E che dire poi di un senso dello sfruttamento della Rete web, delle nuove tecnologie, dei nuovi tools comunicativi che lo hanno scaraventato due generazioni più in là rispetto ai canoni comunicativi tradizionalmente sperimentati.

Alla base di quel “miracolo” che si è visto la sera del 22 febbraio a Roma in Piazza San Giovanni vi è, senza ombra di dubbio, un nome e cognome, anzi due nomi e cognomi (il suo e di Casaleggio); vi è un metterci la faccia, un giocarsi in prima persona, partendo addirittura dall’handicap della estrazione comica che non è comunque quella dello studioso, finalizzata anche quella in un modus operandi comunicativo efficacissimo (ai comizi di Grillo c’era spazio anche per delle sane risate del tipo “ridere fa bene alla vita”, autentici ricostituenti da depressioni da cartelle Equitalia, da Imu, da Tredicesime ridotte all’osso ecc.); vi è  una sintesi partorita ed identificabile di idee (per quanto discutibili in molte delle loro coniugazioni, come ha dimostrato un’ efficace disamina apparsa sul Sole 24ore di ieri, mercoledì) suffraganti un “Vaffa” pronunciato a viso aperto e a pieni polmoni e seducente fino al midollo del cittadino. Tanto da consegnargli un elettore su quattro in tutta Italia. E nonostante tutto, restano anche per Lui, per Casaleggio e per la pattuglia imponente di parlamentari five stars, le incognite della prova attesa del passaggio “dalla protesta alla proposta”.

Che gli effetti di questa formidabile saga grillina possano riprodursi in vitro alle nostre latitudini, che l’imponenza di Piazza San Giovanni sia clonabile Mizz U Fuss è scommessa dalla quale è difficilissimo farsi tentare, mentre il rischio di un autentico bluff è seducente come un pronostico di vittoria del Real Madrid sull’Atletico Vieste al Santiago Bernabeu. Vedremo.

Carmine AZZARONE